Magazine Avventura / Azione
Regia: Danny Boyle
La vera, incredibile storia di Aron Ralston (James Franco), un alpinista americano, in questo caso superficiale, intrappolato in un canyon dello Utah.
Danny Boyle è regista dalle indubbie capacità, che alterna grosse produzioni a film dal budget medio-basso.
Se si esclude il trionfo di The Millionaire (8 Oscar) il regista inglese ha messo a segno i suoi colpi migliori quando si è cimentato con produzioni "minori" come 28 giorni dopo (2002) e l'ormai film di culto Trainspotting (1996), mentre quando ha avuto a disposizione budget importanti è andato incontro a flop clamorosi come nel caso di The Beach (2000).
Forse è questo il motivo che lo ha spinto a rinunciare alle mega offerte hollywoodiane piovutegli addoso dopo il successo planetario di The Millionaire, per girare questo 127 Ore.
Nel raccontare questa storia, Boyle sfida se stesso, cercando di portare sullo schermo l’assenza di movimento.
Ci riesce usando l'escamotage del flashback e delle allucinazioni di cui è vittima il protagonista.
Ci riesce grazie ad alcuni virtuosismi, alla fotografia, al montaggio pop e soprattutto grazie ad alcune trovate come quella che simula la presenza della mdp all'interno degli oggetti.
Il regista inglese porta il suo protagonista nelle viscere della terra per dimostrare al pubblico che dall'assenza di movimento fisico può scaturire un furioso dinamismo mentale, così mentre il corpo è inchiodato la mente partorisce pensieri e viene violentata da stati allucinatori.
Se durante la visione si tiene ben presente che siamo dinanzi ad una storia realmente accaduta, alcune scene potrebbero risultare insostenibili.
Metafora sul rapporto uomo-natura e chiaro messaggio, in salsa americana, della rinascita spirituale dopo la sofferenza fisica.
Fastidiosamente infarcito di pubblicità, per niente occulta.
Presentato in anteprima durante l'ultimo Torino Film Festival.
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