129. i say 'i sto cca'
Creato il 13 novembre 2014 da Mavi
Mamma ma tu sei contenta di essere napoletana? Oppure avresti voluto vivere in un'altra città più pulita? Simona, dall'alto dei suoi sette anni, mi guarda con aria di sfida, mentre percorriamo un marciapiede sporco vicino casa. L'orgoglio partenopeo mi ha fatto rispondere: - Certo, è la mia città, ci sono tante cose che non vanno, che non mi fanno stare bene, però è la mia, la nostra città, e dobbiamo fare il possibile per migliorarla. - Ma non ero poi tanto sicura di quello che dicevo. Questo sentimento che mi unisce a Napoli, forse solo perché è la mia città natale, questo senso di appartenenza che mi inorgoglisce, ma sempre più spesso mi umilia, mi offende, è viscerale. È come un amore non corrisposto, per cui dai tutto, superi assenze ed insoddisfazioni al grido di 'io ti salverò', ma per il quale spesso finisci per incazzarti, pensi che sia tutta energia sprecata, ogni gesto d'amore sarà ignorato e la delusione sarà sempre più insopportabile. Allora che si fa? Si getta la spugna? Ci si allontana dalla fonte di dolore e si prova a dimenticare, ad ignorare. Ma questo può valere nei rapporti interpersonali, ma se la fonte di dolore è una città, deturpata, violentata da una malavita organizzata ottusa e assassina, da un'amministrazione incapace e complice, allora il discorso cambia. Cambia perché non si tratta più di una questione personale, perché in gioco c'è la dignità di un'intera città, c'è la salute delle mie figlie, e di tutti i figli di Napoli, c'è il rispetto dei diritti umani che non può e non deve dipendere dalle coordinate geografiche. Mi verrebbe da rispondere a mia figlia: -No, non sono contenta di essere nata qui, non sono contenta perché assisto quotidianamente all'imbruttimento di una città che avrebbe potuto essere tra le più belle al mondo, una città con un meraviglioso golfo, ed una benefica posizione geografica, magnanima, ma anche traditrice, che accoglie a braccia aperte chiunque, anche chi da Napoli ha solo preso. I segni lasciati dalla storia, vecchi fasti e brutali saccheggi, caratterizzano le mille contraddizioni di questa città. Edifici storici, vengono aggrediti da abusi orrendi, spazi pubblici occupati in modo illegittimo, ville comunali abbandonate, strade alberate, trascurate, diventano percorsi ad ostacoli, rischiosi per automobilisti e pedoni, manutenzione quasi assente o addirittura controproducente. Come l'intervento di questi giorni sugli alberi quasi secolari del quartiere Vomero. Ho imparato solo ieri cosa volesse dire 'capitozzatura' (comunque prima del correttore automatico che me lo sta sottolineando in rosso), e non mi è piaciuto. Quando ho letto quello che stava accadendo ai platani di via Scarlatti, ne ho parlato con alcuni colleghi, ho mostrato loro alcune foto, ma non sembravano interessati. 'Con tutti i problemi che ha Napoli, cosa importa a noi come vengono potati gli alberi?', così mi è stato risposto da qualcuno. E invece no, importa, e sapete perché? Perché l'azione aggressiva svolta ieri nei confronti degli alberi del Vomero, è solo una delle tante espressioni del degrado della città. È emblematica dell'incultura dilagante, del pressappochismo, dell'arroganza. La verità è che ci stiamo abituando al brutto. Stiamo tollerando troppo. A chi verrebbe di lasciare delle pedate su di un pavimento pulito? Ci si guarderebbe bene dal farlo, darebbe fastidio anche alla vista. Ma sul pavimento sporco e trascurato non si bada a nulla, anzi, ci si sente quasi invogliati a contribuire, a partecipare alla rovina del pavimento. Questo sta accadendo qui. La città è sporca e nessuno più protesta, chiudono librerie e cinema storici per lasciare il posto a friggitorie di ogni tipo, e noi? Ci stiamo rassegnando. E così non va, non deve andare. Non si può dire 'ci sono problemi più importanti' perché così diventiamo brutti anche noi, privi di ideali e di speranze, privi di ambizioni. Io non voglio rassegnarmi, voglio poter fare qualcosa, voglio poter dire la mia e sono stanca di difendere i miei concittadini inerti e qualunquisti. Voglio che nella mia città ci siano più spazi per i bambini, che al posto del mausoleo inutile posto davanti al mio palazzo, una sottostazione elettrica in disuso da decenni, oramai ricettacolo di spazzatura, ci fosse una struttura più gradevole alla vista, più pulita, soprattutto utile, o semplicemente un'aiuola con qualche gioco per bambini. Fanculo tutti quelli che non hanno ricambiato il mio amore, tutti quelli che mi hanno delusa, ma Napoli no, Napoli non si abbandona, perché per un napoletano, sapete com'è? Non mi toccate genitori e figli che divento una leonessa ... e la mia città è genitrice e al tempo stesso figlia.
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