La trama è per altro molto incline agli appetiti culturali di Miike, soprattutto per i risvolti sociali e personali del potere e della violenza. 13 assassini è infatti una storia di vendetta, una missione suicida dove pochi si oppongono a molti, offrendo la propria vita, a riscatto dei soprusi e delle angherie di un’aristocrazia aliena e senza senso. Sullo stesso tema impossibile non citare la storia dei 47 Rōnin, oppure, rimanendo in ambito cinematografico, “I sette samurai” di Kurosawa (1954) e il remake western “I magnifici sette” (1960).
Il film riesce a portare alla luce gli insensati meccanismi del potere, che sviliscono il valore della vita, e costringono all’estremo sacrificio coloro i quali non si piegano alle arbitrarie vessazioni di Naritsugu, tipico personaggio miikiano, intrappolato in un labirinto interiore di sadismo, ossessioni sessuali e deliri di onnipotenza, che si contrappone a Shimada Shinzaemon, un samurai come tanti, ma con degli ideali e un coraggio come nessuno.
13 uomini, una missione: massacro totale. Mai teaser fu più sintetico e vero.
Samurai Miike, missione compiuta.
«Durante le riprese, la violenza significa amore e armonia. Durante le riprese dei miei film, nessuno si è ferito gravemente. La cosa curiosa è che più l’amore è grande, più aumenta la violenza. Ultimamente ho il dubbio che proprio dall’amore nasca la violenza. In altre parole, sono la stessa cosa.»
(T.M.)