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In fondo al corridoio

Creato il 30 aprile 2015 da Theobsidianmirror
In fondo al corridoioSiamo in dirittura d’arrivo, amici miei. Questo è l’ultimo della lunga serie di post dedicata ai corridoi sussurranti e, tra qualche ora, tutto finirà in archivio. La gigantesca immagine che vedete qua in alto lascerà il posto all’header tradizionale e sarà quello il segnale che sancirà il ritorno alla normalità. Una normalità relativa, come vi spiegherò tra qualche giorno alla riapertura del blog. Ma ora che il mese di aprile è giunto al termine, lasciatemi provare a tirare qualche somma.
Come già accennato nell’introduzione, nessuno dei film che compongono la saga di “Whispering Corridors” è un horror nel senso stretto del termine. Forse è “Wishing Stairs” l’unico a calcare un po’ la mano in certe scene (anche se in fondo, secondo me, è interessante soprattutto per l’aver sfruttato efficacemente nella trama il concetto di legge del contrappasso) così come, in misura minore, “A Blood Pledge”. Se nei rapporti tra le protagoniste il confine tra amicizia e amore è sempre molto labile, e allo stesso tempo nulla di “sconveniente” viene mai mostrato, ci sono due eccezioni da rilevare: la prima è “A Blood Pledge”, dove in retrospettiva è evidente che le due protagoniste sono legate solo da affetto fraterno, ma soprattutto “Memento Mori”, che difatti è l'episodio con le atmosfere più morbose, dove l'amore saffico si palesa in diverse situazioni e soprattutto nella famosa scena del bacio in classe (la cui immagine ho inserito a corredo della recensione del film). Questo tema pesa molto nell'economia del film, anzi si può dire che è la sua vera impronta. Si dice che, del cast di attori presenti sul set, solo le interpreti di Hyo-shin e Shi-eun fossero al corrente di come si sarebbe svolta quella scena, e le reazioni delle altre ragazze sarebbero non finzione scenica ma vera sorpresa e disgusto, cosa che ci dà la cifra di come allora (e probabilmente anche adesso) si reagiva di fronte all’omosessualità.
Insomma l'horror fa capolino, ma non è il vero fulcro di film ove prevalgono piuttosto il dramma e il mistero, ove la ricerca di risposte è sì indagine dei fatti accaduti, ma soprattutto indagine psico-emotiva.
Nessuno di essi è un horror in senso stretto ma, a prescindere dai contenuti così a lungo descritti in questi trenta giorni appena trascorsi, è proprio horror il termine tecnico con il quale questi cinque film sono accreditati ed etichettati. Ed è lo stesso termine che ho usato nel primo post, definendo il primo capitolo come “un film che avrebbe cambiato per sempre gli equilibri dell'horror”, ricordate? È vero che scrissi subito dopo che “parlare di horror in questo contesto è sostanzialmente riduttivo se non del tutto errato”, ma anche vero che subito dopo pubblicai due post su “I corridoi della paura”, giusto per mettere in chiaro che non si sarebbe parlato di pizza e fichi.
La speranza che covavo dentro di me, e che da allora avrebbe sempre più preso i contorni di una sfida, era di portare a leggere articoli dichiaratamente horror lettori che normalmente rifuggono l’horror. Portarli a leggere ma, soprattutto, suscitare in loro dell'interesse e a fare in modo che sorgessero in loro delle domande.
L’horror è infatti una di quelle cose che si amano o che si odiano: un  po’ come accade alla musica metal, alla religione, al comunismo, alla Juventus, alle ragazze bionde o agli amministratori di condominio. In ogni campo c’è sempre qualcosa che ci respinge, dal quale tendiamo ad allontanarci, senza tante storie, per partito preso.
Tante volte, dicendo che amo l’horror, sono stato guardato con sospetto. Alcune persone sono convinte che chi guarda l’horror, o legge l’horror, non sia in grado di apprezzare nient’altro. Ti piace l’horror? Allora di sicuro sei un folle maniaco omicida che adora fare il bagno nel sangue come Erzsébet Báthory, si tiene in casa una tarantola come animale domestico, maltratta cani e gatti e, non contento, mangia i bambini a colazione. Non è esattamente così, ve lo assicuro. Il bagno lo faccio nella schiuma profumata, amo gli animali (un po’ meno ragni e bambini) e il fatto che sono in grado di apprezzare anche altro credo, in questi quattro anni di blogging, di essere riuscito vagamente anche a dimostrarlo. E allora perché dico di amare l’horror? Cercare di dare una risposta a questa domanda era appunto lo scopo che mi ero prefissato all’inizio di aprile. Volevo condividere con i miei impavidi lettori la mia convinzione che anche una serie definita horror può offrire dei contenuti sui quali vale la pena soffermarsi un attimo a riflettere e discutere. Se ci sono riuscito? Non posso esserne sicuro, ma spero proprio di sì. E se lo spero non è certo per i tanti commenti e i segnali di apprezzamento ricevuti che, in fondo, potrebbero anche dipendere dalla stima che una parte di voi ha per me e per questo blog. Spero di esserci riuscito per via una sensazione che non so descrivere, e che forse dipende da un mix tra il numero di condivisioni che avete fatto nei social, dal numero totale di visite registrate (questo mese ho sfiorato per un pelo la soglia dei diecimila contatti), dal fatto che ho visto alcune facce nuove commentare qua sopra, e forse dalle tante adesioni ricevute alla mia proposta di chiudere questo progetto con un bel “K-Horror Day” (i dettagli in fondo al post).
Lo Speciale Whispering Corridors è finito, come dicevamo. Sorprendentemente abbiamo scoperto una saga con più alti che bassi, i cui picchi a mio parere sono senz’altro “Memento Mori” e “Voice” ma in cui, in tutta onestà, non posso identificare capitoli del tutto non riusciti. Se qualche ovvietà di troppo compare nella trama e nel suo svolgimento, questo viene compensato da un approfondimento mai banale di temi e personaggi, mentre dal punto di vista tecnico-estetico si nota una crescita pressoché costante, tanto che, arrivati alla fine, ci si ricorda appena dell’essenzialità di “Whispering Corridors”.
Il cinema in Corea del Sud può vantare anche altri buoni esempi di horror e, nell’attesa di riparlarne ancora, in un futuro ancora non stabilito, vi ringrazio per il calore che mi avete trasmesso con le vostre visite e i vostri commenti. Lo Speciale Whispering Corridors è finito ma la festa continua altrove e, senza altro indugio, vi invito a leggere i post che alcuni colleghi blogger specializzati in “cose di cinema” hanno preparato oggi  sull’argomento. Oggi è il K-Horror Day, signore e signori!
Un ennesimo grazie a loro, quindi, per aver aderito a quest’ultima iniziativa per supportare lo speciale di Obsidian Mirror e aiutarlo a chiudersi degnamente.
In fondo al corridoioSono ben due i blogger che oggi hanno optato per offrire la loro personale interpretazione di "Whispering Corridors" (Park Ki-hyung, 1998), il primo capitolo della saga di cui ormai dovreste conoscere tutto a menadito. Ma anche se siete ormai degli esperti, vi invito lo stesso a fare loro una visita. È sempre interessante conoscere l’opinione di qualcun altro, no? Si tratta di Alfonso del blog Non c’è paragone e Marco “Cannibal Kid” del blog Pensieri CannibaliDel ghost-movie “Sorum” (Jong-chan Yun, 2001) ci parla invece la specialista horror Mari di Mari’s Red Room: il film da lei scelto racconta la storia di un giovane tassista che si trasferisce in un vecchio appartamento fatiscente che fu sito di una tragedia brutale avvenuta trent'anni prima. L’inossidabile Ford del blog White Russian ci presenta “A Tale Of Two Sisters” (Kim Ji-Woon, 2003), la storia di due sorelle che, dopo aver trascorso un lungo periodo in un istituto per malattie mentali a seguito della morte della madre, fanno ritorno a casa, dove ad attenderle, oltre al padre e alla nuova compagna c'è anche una presenza inquietante di cui solo loro due sembrano accorgersi. Un super classico è invece la scelta dell’irrefrenabile Arwen Lynch del blog La fabbrica dei sogni: si tratta di “Three...Extremes” (Fruit Chan, Takashi Miike, Chan-wook Park, 2004), un film composto da tre episodi girati da alcuni tra i più grandi nomi del moderno cinema orientale. Il buon Jean Jacques di Recensioni Ribelli ci porta nel mondo di “The Host” (Bong Joon-ho, 2006), vero record di incassi in Corea del Sud per il regista di Snowpiercer e per la sua creatura geneticamente modificata, che sbuca dalle acque del fiume e fa strage di poveri passanti. La simpaticissima Lisa Costa del blog In Central Perk si butta invece sulla rivisitazione di un classico della letteratura per bambini, vale a dire la versione coreana di “Hansel & Gretel” (Yim Pil-sung, 2007): un giovane uomo, smarritosi nel bosco, dopo lungo peregrinare trova una bella casa con un camino bello caldo, cibo, bevande e una famiglia con tre bambini adorabili. Troppo perfetto per essere vero? La graffiante Erica del Bollalmanacco si getta senza alcuna esitazione su “Thirst” (Park Chan-wook, 2009), una storia a sfondo vampirico, molto liberamente ispirata al romanzo “Teresa Raquin” di Émile Zola. Il blog Delicatamente Perfido della brava Ester Moidil presenta invece “I Saw the Devil” (Kim Jee-woon, 2010): durante una notte nevosa una donna attende nella sua auto l'arrivo del carro attrezzi, ma giunge un uomo dall'aria sospetta, a bordo di un pulmino, che le domanda se ha bisogno di aiuto. Beatrix Kiddo sveste invece i panni della sposa di Tarantino per proporci su Cinquecento Film Insieme la sua opinione su “The Terror Live” (Kim Byung-woo, 2013), la storia di un conduttore radiofonico che riceve la telefonata di un singolare ascoltatore. L’inarrestabile Alessandra di Director’s Cult chiude in bellezza con “Mourning Grave” (Oh In-chun, 2014), una commovente storia di fantasmi ambientata tra i corridoi scolastici. Non vi ricorda proprio nulla?
In fondo al corridoio

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