13 luglio 2011 (AD OLTRANZA)

Creato il 13 luglio 2011 da Soniaserravalli

AD OLTRANZA

In Egitto le proteste proseguono in tutto il Paese da venerdì scorso, ad oltranza. Piazza Tahrir si è estesa alle piazze di Alessandria, di Suez e delle altre principali città, occupate da manifestanti pacifici, ad oltranza, giorno e notte (vedere post precedente).

Vorrei condividere con voi un comodo “vademecum” della Rivoluzione Egiziana con i passi fondamentali dall’inizio ad oggi: http://www.internazionale.it/tag/egitto-africaemedioriente.

E una frase di una lettrice/partecipante, unita a una foto, che di nuovo mi intenerisce, come se il mestiere di blogger donna non potesse che essere fatto col cuore, accanto ad un’informazione cristallina. E’ Clara C., direttamente dall’Egitto, e con questa foto ci scrive: “Questa rivoluzione è un giovane dipinto su un marciapiede come una mano sotto le coperte.”

Nei giorni passati da là scriveva: “Mi sento fortunata nell’imparare ed assimilare dai giovani egiziani. Peccato che i media italiani non passino certi concetti fondamentali e puri. Essi farebbero bene anche ai nostri buoni propositi di cambiare qualcosa, affinchè non rimangano solo buoni propositi, appunto.” Sta sentendo quello che sentivo io stando tra Dahab e il Cairo, quello che qui in Italia (ora lo so) non si può neanche minimamente avvertire. Una rivoluzione vissuta da fuori è solo una parola ed evoca, ben che vada, solo paura, quando non l’indifferenza totale. Da dentro una rivoluzione è una condensazione piena di vita e di corrente,  un mistero pratico e ardito che non si può sapere se non vivendolo.

Ovunque il popolo chiede rispetto per i propositi della rivoluzione, e un processo all’ex Presidente Mubarak ancora protetto nell’ospedale di Sharm El Sheikh. Si chiede che i colpevoli paghino per le uccisioni di innocenti civili lavoratori dirante la rivoluzione (864 martiri), rispetto e giustizia sociale per tutti, ad oltranza. Ho di nuovo amici che lasciano il Sinai per unirsi alle manifestazioni esattamente come ai primi di febbraio. Gli egiziani non si stancano, non si lasciano sedurre dall’idea del loro letto al posto del marciapiede o di un pasto pronto al posto del digiuno o del pane distribuito in strada. Non hanno paura del lavoro e dei soldi che perdono (a proposito: salario minimo nazionale aumentato ieri del 59%, da circa 50 euro al mese a circa 87 euro al mese…). Non si fanno richiamare a casa dalle comode abitudini, dal tetto, da un’inerzia che sarebbe fittizia, temporanea, mendace. Non credono alle bugie ed espongono cartelli che dicono in due lingue: “Non siamo stupidi”. Loro si fanno sentire ad oltranza.

Giovani parlano dal palco di Tahrir mettendo in chiaro che non si faranno soggiogare da nessuna minaccia proveniente dall’alto, dopo che il discorso del Primo Ministro Sharaf l’altra sera ha lasciato tutti delusi (promesse, quando ci si aspettava le sue dimissioni). Dicono che abbia ricordato loro il secondo (deludentissimo) discorso di Mubarak, quando le folle hanno alzato le scarpe al cielo in segno di spregio. Comitati popolari si prendono cura degli ingressi alla piazza e hanno espresso il timore di scontri dopo il discorso di Mohsen al-Fangary, Vice Ministro della Difesa e portavoce per la sentenza del Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF), in cui egli ha minacciato di prendere misure contro le proteste che possono disturbare l’ordine pubblico (e questa volta, visto che ho imparato la musica, lo dico prima che accada: attenti agli agitatori assoldati, giornalisti, attenti a raccontare subito, come ogni volta, che è stata “la gente”). Questo è contro la rivoluzione e contro ciò che chiedeva il popolo, ripetono gli egiziani in piazza, ad oltranza.

E’ così che l’Egitto ti entra nelle vene, se ci passi durante la sua rivoluzione; così che ti fa vedere il mondo dall’altra parte e così che, prima ancora che tu possa rendertene conto, ti conquista: ad oltranza.



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