13 maggio: rivoluzione femminile e attualità di Maria

Creato il 12 maggio 2010 da Dallomoantonella

 

La rivoluzione femminile e con essa il nuovo mondo è iniziato con Maria, ma ce lo si è dimenticato e non se ne parla adeguatamente. Il mondo è troppo maschile per accorgersi delle donne, e le donne sono troppo sciocche per prendersene carico; o sanno solo piangere lacrime posticce ed occuparsi di cose leggere, o sanno solo rivendicare l’uguaglianza con il maschio finendo per ignorare la propria preziosa diversità. Fortunatamente c’è sempre chi non si schiera con la massa informe, chi ragiona con la propria testa e sente con il proprio cuore quale debba essere il proprio ruolo nella storia.

 Maria è semplicemente una di queste donne, la prima e l’unica concepita senza peccato che vuol dire concepita non dalla stirpe di Eva ma nuovamente come nuova progenie, destinata ad una nuova categoria di uomini; non piange lacrime vere per sé, piange perché vive l’essere madre come nessun essere femminile l’ha vissuto né mai lo vivrà; le danno tra le braccia Gesù, per noi in quel momento solo un uomo morto innocente, per lei il suo unico figlio santo e benedetto ormai cadavere, straziato e sanguinolento di piaghe; per noi solo un disgraziato andato a morire, per lei il figlio di Dio che la rese gravida senza avere conosciuto uomo, e questo provando persino sollievo nel vederlo finalmente morto, assente al dolore; non ci sono parole che “questa” madre, pensata per partorire un essere speciale, possa pronunciare davanti a suo figlio, morto crocefisso; non esistono. La nascita di questo bambino è talmente diversa da qualunque altra nascita al mondo che dopo la maternità di Maria l’atto di partorire diventerà qualcosa di beneaugurato e di sacrale. Lo era anche prima con l’Antico testamento, lo sarebbe stato con il Corano anche senza Gesù, ma con il Vangelo, testo centrale della nuova scrittura che di fatto rivoluziona la storia, la vita assume un significato speciale, diverso, diventa la dichiarazione ripetuta dell’alleanza di Dio con la donna, non più soltanto con il popolo ebreo, non già genericamente con gli uomini che si sa capiscono meglio le cose del mondo, ma con l’essere femminile di cui Maria è espressione eccelsa, quell’essere femminile uscito dal paradiso terrestre senza gloria e speranza, senza futuro e consolazione; la maternità diventa l’atto di nascere secondo la luce dello spirito e non più secondo il semplice atto fisico riproduttivo e per fare questo Dio ha avuto solo bisogno di un piccolo essere insignificante che gli sapesse dire : “Sì, eccomi, sono la tua chiesa in terra, fa di me la tua volontà di salvezza, opera attraverso di me il nostro ritorno nel tuo santo Paradiso”.

 Tale è la meraviglia di veder nascere un proprio figlio, che per lo stupore non si pensa che questa creatura sta nascendo solo per morire, perché un giorno morirà; tale è la gioia della vita rinnovata che irrompe nella creazione che non si pensa che questo figlio è destinato al dolore, come chiunque al mondo, o meglio, non come chiunque, ma come a Gesù è toccato in sorte. Non ci sono pensieri che possano essere pensati da essere umano capaci di immaginare il dolore della vergine nel vedere suo figlio morto; solo si cerca di comprenderlo. Questo dolore è e rimane talmente smisurato che il popolo ebreo lo nega, il popolo musulmano se lo risparmia ed il popolo cristiano impiega più di mille anni a comprenderlo, e dopo che riesce ad accettarlo, continua comunque a non comprenderlo nella sua totalità. E tale è il miracolo di una vita che nasce, che questa vita spesso non trova accoglienza. Il mondo sembra non voglia miracoli, non sappia che farsene dei miracoli.

 Non è affatto superfluo sottolineare che il ruolo di Maria è qualcosa di unico nella storia come lo è stato Gesù; non si tratta solo di una donna che diventa madre come migliaia di donne al mondo lo diventano quotidianamente, ma si tratta di una donna che con la sua maternità cambia il destino degli uomini, lo riscatta, lo rivoluziona, lo trasforma attraverso la propria volontà e capacità di adesione a un progetto dalla portata immensa. Essere madre per la vergine ha significato fare una cosa ordinaria fuori dell’ordinario; in questa maternità c’è stata la forza di una rivoluzione che non conosce arresto, l’intelligenza di un pensiero che continua ad affascinare, la dedizione totale di un essere per la sua famiglia, la tenacia del buon operaio attaccato fino allo stremo al suo lavoro, la capacità di sacrificio di un essere pronto a tutto, la forza guerresca di un soldato votato al martirio, c’è stato insomma tutto quello che una donna di oggi non crede e non cerca minimamente di potere fare andando al lavoro ed occupandosi di mille altre attività oltre quelle di essere madre e moglie. Non basterebbero mille più mille donne per fare Maria ma è bastata Maria per fare la chiesa, per fare molti di noi. Questo non per sminuire l’emancipazione femminile che è stata una doverosa conquista laica straordinaria e benedetta, ma per dare la giusta dimensione alla maternità delle maternità che ingiustamente è stata usata da una certa propaganda solo per trasmettere il falso messaggio del ruolo esclusivo che spetterebbe all’essere femminile, come per dare il giusto significato alla stessa volontà di emancipazione delle donne; per Gesù le donne già ai suoi tempi avrebbero dovuto emanciparsi; la madre di Gesù, se fosse presente in carne ed ossa nella realtà odierna in modo visibile ed ordinario, potrebbe dire a tutte le donne di fare quello che pensano sia giusto per loro stesse e non direbbe loro “Fate le madri e solo le madri perché questo è il vostro ruolo”; semmai potrebbe suggerire il pensiero “Mettete la vostra maternità in tutto quello che scegliete di fare perché questo vi distingue e vi fa essere ciò che siete”.

 Ai funerali ognuno piange e si sfoga e a volte si dicono le cose più assurde sotto la morsa del dolore; la madonna non ha parole da dirci, da lasciarci, solo il suo silenzio senza tempo. Il silenzio della madonna è da annoverare accanto al silenzio di Dio che interrogato sembra non avere fiato per rispondere. Prima bambina senza essere stata figlia, poi madre senza essere stata amante, poi sposa senza essere stata moglie, adesso orfana senza di nuovo essere stata figlia; è la più indifesa delle donne al mondo, la più tormentata, la più distrutta, la più incompresa, la più sola, eppure non piange per sé, piange per suo figlio che ha veduto soffrire senza potere fare nulla, lei che avrebbe voluto prendere le vergate al suo posto; piange per gli altri, che non hanno capito chi era Gesù e che ora dovranno capirlo da soli. Dopo avere pianto per lui che ha dovuto assistere nell’ora della sua distruzione fisica, dopo avere pianto per gli altri, rimasti soli sulla scena del mondo, piange finalmente per sé che deve, se pur momentaneamente, separarsi dalla sua ragione di vita. Tutto il dolore immaginabile ed anche quello inimmaginabile è negli occhi, nel cuore, nello spirito di Maria.

 Ecco lo Spirito santo, questo sì autentico, questo sì perfetto, questo sì divino, questo sì consolatore; solo realtà speciali possono generare uomini speciali. Nessuna donna al mondo sarà mai potente quanto lo è stata la Vergine, la Madre di tutte le madri, la Benedetta, la nuova Eva del mondo, eppure non aveva nessun regno se non la propria quotidianità. Non è di cose prestigiose che il mondo ha bisogno; se solo si investisse quello che si spreca per il superfluo in cose necessarie, non ci sarebbe povertà, forse non ci sarebbero malattie incurabili che ancora temiamo, non ci sarebbe disoccupazione; questo è un discorso comunistico o comunitario o ecumenico  che dir si voglia,   che l’istituzione religiosa può migliorare al suo interno con maggiore convinzione,  può trasmettere allo stato laico, del quale lo stato laico non si è preso a cuore con la dovuta serietà nonostante tutti i vari comunismi e socialismi conosciuti.

brano tratto da Il mondo salvato  edito da Davide Zedda Editore


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