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Creato il 14 luglio 2015 da Malvino
Il quesito posto ai greci col referendum del 5 luglio era il seguente: «Deve essere accettato il progetto di accordo presentato da Commissione europea, Bce e Fmi nell’Eurogruppo del 25 giugno 2015, composto da due parti che costituiscono la loro proposta?». Dobbiamo dare per scontato che chi si è recato alle urne abbia letto i due documenti che costituivano il progetto di accordo? Ne avrà avuto il tempo, visto che il referendum è stato indetto solo pochi giorni prima del voto? In altri termini, i greci sapevano con esattezza a cosa stessero dicendo sì o no? Non lo sapremo mai, ovviamente, ma unidea possiamo ricavarla a posteriori, per la delusione che accompagna chi in Grecia e fuori dalla Grecia voleva vincesse il no. Se, infatti, l’accordo che Tsipras ha sottoscritto ieri è meno pesante di quello che ha rifiutato il 25 giugno, la delusione avrebbe senso solo a ipotizzare che chi è stato soddisfatto dellesito del referendum non fosse a conoscenza di cosa fosse scritto in quei due documenti. Cè da chiedersi, dunque, a cosa abbia detto no. Per meglio dire, cè da chiedersi a cosa gli sia stato fatto credere dicesse no, e poi se il farglielo credere sia stato intenzionale o meno. Per risolvere la questione non c’è che da riandare ai giorni che hanno preceduto il referendum per rileggere le dichiarazioni di chi parteggiava per il no. Rileggendole, si capisce il perché della delusione: nulla di ciò che avrebbe dovuto far forti le ragioni della Grecia con la vittoria del no ha trovato modo di realizzarsi nel modo che si riteneva dovesse esser ovvio. Si dirà che è proprio la vittoria del no ad aver irrigidito l’Eurogruppo del 12 luglio nella richiesta di condizioni che sono in tanti, fra quanti parteggiavano per il no, a ritenere pesanti almeno quanto quelle del 25 giugno. Bene, non era prevedibile? Voglio dire: chi ha deciso di indire il referendum non doveva mettere in conto questa reazione? Si badi bene: qui non ho alcuna intenzione di dare un giudizio di merito sull’intera vicenda, voglio limitarmi a considerare perché sia stato indetto il referendum, quale significato avesse realmente e quale invece gli si è voluto dare, e quali risultati pratici abbia avuto. Se mi astengo dall’esprimere la mia opinione sull’intera vicenda, è per una ragione estremamente semplice: non le do molto peso, perché è della stessa natura che ha spinto tanti a parteggiare per il no, ma di segno diametralmente opposto. Io, ad esempio, ritengo che nel momento di contrarre un debito si debba avere ben chiaro che per onorarlo si debba essere disposti anche a morire di fame. Poi ritengo che, nel momento di entrare a far parte di una comunità che si è data alcune regole, quelle regole vadano rispettate, sennò si possa trarre la sola conclusione di non farne più parte. Più in generale, ritengo che la Grecia non avrebbe mai dovuto entrare nell’Eurozona o uscirne già da tempo. Per parametri che avrebbero imposto analoghe misure anche per altri paesi? Non mi interessa, d’altronde qui stiamo parlando della Grecia, ma in ogni caso, sì, sarebbe stato meglio se analoghe misure si fossero prese anche per altri paesi, se avessero posto gli stessi problemi posti dalla Grecia. Di fatto, almeno fino ad ora, questi problemi si sono posti solo per la Grecia, e a mio modesto avviso questo doveva bastare a dichiararla fuori dall’Eurozona. Sarebbe stato un problema anche per i paesi che ne fanno parte? Peggio per loro, se non in grado di far fronte ad una decisione che era imposta dalle regole che si erano dati. Come vedete, si tratta di ragioni che non tengono in alcun conto la logica che guida verso il compromesso per motivi di opportunità. Insomma, sono le ragioni di uno che non può pretendere di avere alcuna voce in capitolo nella costruzione di un’Europa come quella che abbiamo. Ecco, credo che sarebbe bello se allo stesso modo la pensassero anche quelli che ritengono impensabile una Grecia fuori dall’Europa o una Grecia in default, e pensano che questo debba essere evitato ad ogni costo, anche a fronte delle resistenze della Grecia ad uniformarsi alle richieste che le vengono dagli organismi che a torto o a ragione sono deputati a dettare una linea comune: sarebbe bello se anche loro ammettessero di non poter pretendere di avere voce in capitolo, e si limitassero a considerare le questioni di metodo. Su queste, soprattutto per come si sono messe le cose, credo si possa concordare: Tsipras ha ingannato il suo popolo, il referendum si è dimostrato ancora una volta uno strumento inutile e dannoso. Giorni, settimane, mesi a parlare della Grecia come culla della democrazia, dimenticando che nella stessa culla vi è cresciuta pure la demagogia. 

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