1500 vs 2013: epoche lontane ma simili

Creato il 03 settembre 2013 da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

Posted by: Giulia Staggini

Trattati e programmi TV, nel 1500 come nel 2013, ci forniscono linee guida per superare crisi sociali, politiche ed economiche

Mettere in forno a 180° ”, “Mai parlare con il boccone in bocca”, “Per cerimonie diurne indossare abiti dai colori chiari”. Circa mezzo millennio dopo, la società italiana ha ancora bisogno degli stessi consigli e delle medesime indicazioni. Il 1500 è sì il secolo della letteratura epica con Ariosto che nel 1516 pubblica la prima edizione dell’”Orlando Furioso”, è sì il periodo durante il quale si sviluppano teorie sulla lingua, come i saggi di Bembo, ma è anche, e soprattutto, l’epoca letteraria della trattatistica. Durante tutto il XVI secolo vengono pubblicati volumi dedicati alla cucina, libri di buona condotta, manuali del perfetto cortigiano o del perfetto principe. Oggi, 500 anni dopo, è cambiato ben poco. Si continua a parlare della perfetta forma istituzionale, la cucina è più che mai inflazionata e si torna all’uso delle vecchie e buone maniere. Se la sostanza non muta, la forma sì: il posto del trattato è stato preso dalla televisione.

1513: Machiavelli compone “Il Principe”, un’operetta breve, il cui scopo non è quello di indicare un principe moralmente perfetto, quanto piuttosto trovare soluzioni politiche che permettano all’Italia di divenire uno Stato forte. 2013: I talk show di qualsiasi rete, trattano ancora della miglior forma istituzionale e delle alleanze della politica interna affinché l’Italia si rafforzi e diventi competitiva a livello internazionale. Il pensiero machiavelliano consisteva nell’affermare una netta divisione tra qualità etiche e “virtù” politica, oggi invece si discute di entrambe; d’altronde come lo stesso fiorentino ammetteva, la natura dell’uomo è malvagia e naturalmente incline a soddisfare soltanto i propri interessi.

1558: Giovanni della Casa pubblica un trattato, il cui titolo è sicuramente più rinomato dell’autore,  “Il Galateo”. Nel trattato un vecchio uomo, non letterato ma ricco di esperienza, insegna ad un giovane il codice delle buone maniere, in modo che possa ambientarsi perfettamente nella società esterna. 2013: Su “Real time” il programma “Cortesie per gli ospiti”, partendo dalle regole del galateo, ci mostra come apparecchiare una tavola, come presentarsi ai propri ospiti, come disporre le posate sul tavolo. La Rai risponde con “Lezioni di Bon Ton”, trasmissione televisiva che, oltre ad occuparsi del galateo a tavola, si preoccupa di buone maniere in qualsiasi situazione, dall’abbigliamento alle cerimonie. Forse la televisione vuole sopperire alle mancanze dei genitori, spesso in difficoltà nell’educazione dei propri figli?

1570: Bartolomeo Scappi anticipa ogni Benedetta Parodi o Antonella Clerici che si voglia, pubblicando l”Opera”, un vero e proprio trattato e al contempo summa della cucina rinascimentale. Oltre a ricette, Scappi scrive anche di metodi di preparazione e accompagna le sue indicazioni da illustrazioni che esemplifichino i propri concetti. Non saranno cuochi personali del Papa, come lo era Bartolomeo per Pio V, ma anche gli chef di oggi si mettono a disposizione del popolo e rivelano i loro segreti in cucina. Qui l’elenco di trasmissioni televisive sarebbe troppo lungo da riportare, comunque tutti i programmi sono accomunati dal fil rouge del grande successo riscontrato. Del resto, è noto che l’Italia è il Paese del buon cibo e dell’arte di mangiare.

Ma che si parli di cibo, di buone maniere o di politica, che si scrivano trattati o si ideino trasmissioni televisive, quello che è fondamentale sottolineare è il perchè di tutto ciò.

Nel 1500 la situazione dell’Europa vigeva nella più totale confusione. Era stata appena scoperta l’America che ampliava orizzonti economici e sociali, nel 1517 Lutero, pubblicando le sue 95 tesi rivoluzionava il mondo religioso, Roma veniva saccheggiata dai lanzichenecchi e la politica europea era costellata da continue guerre, seguite da trattati di pace alquanto precari. In una società in piena crisi, in cui le basi anziché essere stabili tremavano sotto i piedi degli uomini e delle donne del 1500, non vigeva alcuna regola che potesse dirigere la vita quotidiana e c’era quindi l’esigenza, da parte dei letterati, di proporre linee guida in grado di poter instradare verso una collettività migliore.

La situazione instabile di oggi è come quella del 1500, con la differenza che non abbiamo né un Lutero né i lanzichenecchi, ma una crisi economica globale che persiste ormai da quattro anni, guerre sparse nel mondo, di cui però l’Europa e gli USA in primis fanno finta di  non accorgersene fino a quando non vengono usate armi chimiche e, per quanto riguarda l’Italia, una situazione di politica interna che, piuttosto che essere definita precaria, dovrebbe essere considerata disastrosa, in considerazione del fatto che quasi tutti gli italiani (non c’è bisogno di dati statistici, basta ascoltare in fila alla cassa di un supermercato i discorsi della gente) non sono soddisfatti dei propri rappresentanti politici e individuano in loro i maggiori responsabili del proprio peggioramento economico.

Giambattista Vico parlava di “corsi e ricorsi storici” e, forse, più che essere tornati agli anni ’60, come si ipotizza ultimamente, siamo tornati ancor più indietro come Benigni e Troisi in “Non ci resta che piangere”, titolo esauriente.


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