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1/52 - Incontro

Creato il 29 marzo 2014 da Draghidottone @Draghidottone
La prima volta che ho incontrato Zack è stato nel quartiere Coppedè. In via... Tanaro, mi pare, o forse era via Brenta. Sì, via Brenta, dietro al consolato del Sudafrica proprio. Stavo facendo delle foto “artistiche” per un articolo, foto del quartiere e cose così.Era notte, speravo di non avere nessuno tra le palle, e invece...Quando ho visto quei due in mezzo alla strada ho capito subito che qualcosa non andava. L’avreste capito anche voi, con davanti un negrone di due metri, fosforescente, che tiene per il collo un signore di mezza età. Sì, sì, fosforescente. C’era una luminosità giallastra che avvolgeva il tizio di colore... Cristo, mi sento un idiota a chiamarlo così. Oh, era proprio nero, quello! Nero come... Ecco, come quel colore che all’Ikea ti spacciano per “Marrone-nero”. Nero, proprio.Non so che mi ha detto la testa... Mi è venuto spontaneo, ho fatto un passo avanti gridando un “Ehi!” che deve essere uscito parecchio tremolante, ora che ci penso.L’uomo (che non era un uomo, ma l’avrei scoperto solo dopo) s’è girato e mi ha inchiodato dov’ero con uno sguardo che levati proprio. Due occhi enormi, cattivi, gialli. Senza iride, senza pupilla. Due buchi luminosi. Non so come ho fatto a non pisciarmi addosso.Però è stato solo un attimo.Zack (cioè, l’uomo di mezza età, io ancora non lo sapevo che si chiamava Zack) ha approfittato della distrazione e gli ha mollato un calcio sul ginocchio, che ha fatto un crack brutto proprio. Il nero ha mollato la presa sul collo di Zack, voleva saltargli addosso ma lui lo ha colpito con un pugno in faccia e un calcio sulle costole. Aveva un tirapugni che sembrava brillare al buio, pure quello. Poi l’ho visto infilarsi una mano sotto il trench e tirare fuori un pezzo di legno appuntito.“Oh! Che cazzo fai?!” ho gridato, suonando sempre poco convinto.Ma lui non m’ha cagato di striscio, si è buttato sul nero, lo ha steso a terra e lo ha trafitto con quell’affare, in mezzo al petto proprio!Neanche il tempo di mettermi le mani nei capelli che il corpo dell’uomo... *puff*! Sparito.Zack era lì in piedi che si asciugava il sudore dalla fronte con la manica del trench, e una lucciola fluttuava nell’aria a qualche metro di distanza.Poi, come se niente fosse, ha rimesso il paletto nella tasca del trench, si è tolto il tirapugni e è venuto verso di me.Ecco, lì me la sono fatta sotto proprio.Però lui mi passa accanto e niente, gira solo la testa e mi fa “Grazie. Buonanotte.” E tira dritto.E allora io gli ho detto “Eh no, aspetta un attimo!” gli sono corso dietro e l’ho raggiunto, e mi sono messo davanti a lui con un aria che secondo me doveva essere quella dell’uomo vissuto. Guardandolo meglio, sotto la luce tremolante di un lampione, mi sono accorto che non era così vecchio come sembrava. I capelli lunghi e la barba incolta, più grigi che neri, lo invecchiavano. Fisicamente Zack è robusto, ed è più alto di me di dieci centimetri buoni. Farà almeno uno e novanta. Comunque l’ho guardato fisso negli occhi. “Senti ci’, non so chi sei, ma ti ho appena visto pugnalare un negro fosforescente che poi è scomparso nel nulla!”“Non era un negro” dice lui.“Oh senti, piantiamola con ‘ste cazzate dell’uomo di colore! Quello era nero proprio!”“Non intendevo quello. Intendo dire che non era un uomo.”Ecco, lì credo di aver fatto la mia prima figura di merda con Zack. Ma lui lì per lì non sembrava che ci avesse fatto caso. Piuttosto ha allungato l’occhio verso la mia tracolla e, senza dire una parola, ci ha infilato le mani.“Oh!”Ha tirato fuori la mia copia stropicciata di Metro e si è messo a leggere l’articolo in prima pagina: “Nyamwasa in visita diplomatica a Roma”.Zack mi ha praticamente sbattuto il giornale in mano ed è tornato sui suoi passi, guardandosi intorno e cercando qualcosa. “Senti, mi vuoi dire che cazzo succede? Cristo, ti denuncio per omicidio!”“Quello non era un uomo, te l’ho detto. Era un Adze.”“Un che?”“Un vampiro africano. L’anima di uno stregone incarnata... Lasciamo perdere. Una cosa pericolosa, comunque.”“E ora è morto?”“No. Il suo corpo si sta rigenerando, ora. Per ucciderlo bisogna trovare il feticcio che l’ha evocato. Un talismano d’osso, d’avorio, o un pugnale. Roba del genere.”“Mi prendi per il culo.”“Come credi. Ora te ne vai?”“No, finché non mi dici che vuoi fare. Questa potrebbe essere una storia da paura!” Mi scruta da capo a piedi. “Sei un giornalista?”“Sì. Più o meno.”“Lavori per Metro?”“No, no. Tecnicamente...”“Ho capito, sei a spasso. Ascolta, sul tuo giornale c’era scritto che in un albergo da queste parti è alloggiato Kayumba Nyamwasa...”“Chi?”“Santo Dio ma il giornale lo leggi anche o lo porti solo nella borsa?”“Vaffanculo.”“Nyamwasa è l’ex capo di stato maggiore del Rwanda.”“E quindi?”“E quindi qui a due passi c’è il consolato del Sudafrica. E, se avessi letto quel fogliaccio che porti in borsa, sapresti che qualche settimana fa dei sudafricani armati, a volto coperto e con addestramento militare hanno attentato alla vita di Nyamwasa.”“E perché?”“Ma che ne so?! Ti sembro un politico?”“Mi sembri matto.”“Io ora entro al Consolato. Sono sicuro che qualcuno, là dentro, tiene il feticcio. Tu vattene.”“Te piacerebbe. Io ti sto appiccicato proprio, nonno.”“Va bene. Se ci riesci.” È partito a passo spedito verso la cancellata sul retro del consolato... E l’ha attraversata, ritrovandosi dall’altra parte. La bestemmia è uscita da sola.“Guarda che ho preso lezioni di parkour!” Corro, salto, mi aggrappo alla cancellata, la scavalco e atterro nel giardino. Lui era lì che tastava il muro dell’edificio e guarda in alto.Il muro del consolato ha i mattoni bianchi e rossi di quelli grezzi. Ci sono tre piani ognuno con balconcino, colonnine, porticati. È facile da scalare. Zack si arrampicava come un professionista, e io dietro. Un po’ meno professionista, con una fottuta paura di cadere. Per fortuna lui si è fermato davanti alla finestra chiusa al primo piano.“E’ qui dentro.”“Se entri e non mi apri, grido.”“Odio i giornalisti.”Zack ha attraversato i vetri, come con la cancellata. Stavolta ero vicino, ho visto il suo corpo circondarsi di luce, quando stava per passare. Poi è entrato. E mi ha aperto.Era una camera da letto, matrimoniale. Grande.Davanti al letto grande ce n’era uno più piccolo. Un bambino ci dormiva. Nel matrimoniale c’era un uomo che, da sotto le coperte, sembrava corpulento. Mezzo calvo. Non ho capito l’età, a me ‘sti negri mi sembrano tutti uguali... Oh, giuro, non sono razzista! È che non distinguo proprio i lineamenti! Deve essere una questione di abitudine.A fianco a lui, la moglie. Incinta.“Merda” ha sibilato Zack.“Oh, non vorrai mica...” mi ha tappato la bocca con una mano.Ha frugato  nel cassetto del comodino, a colpo sicuro. Ha tirato fuori una scatolina cubica e se l’è messa in tasca. Ed è rimasto lì fermo, impalato, a fissare la famigliola addormentata.“Hai una macchina?”“Sì, una Punto... Perché?”“Hai parcheggiato qui vicino?”“Sì!”“Quando avrò finito sarò stanco. Portami in un posto, e poi parliamo della tua storia.”E senza dire niente ha premuto l’indice sula fronte dell’uomo. Quello ha spalancato gli occhi di colpo, completamente bianchi. Zack ha cominciato a sudare, come un maratoneta proprio.Poi ha tolto il dito, e l’uomo ha chiuso gli occhi.Ce ne siamo andati in silenzio, uscendo dalla finestra. E gli ho dato una mano a scavalcare la cancellata, perché a fare il trucco figo del passarci attraverso non ce la faceva più.L’ho caricato in macchina e ho seguito le sue indicazioni.“Che gli hai fatto?” gli ho chiesto mentre guidavo.“Non potevo ammazzarlo. Ha moglie e figli. È un bastardo, ma pazienza. Quindi ho cancellato la sua memoria del feticcio. Del vampiro che ha evocato, della formula che ha usato. Forse tra una settimana tenterà ancora di ammazzare quell’altro, ma almeno non userà la magia. E allora che se la vedano da soli.”“Ma tu... Chi sei veramente?”“Mi chiamo Zaccaria.”“Io sono Daniele.”“Faccio una vita complicata, non ti conviene immischiarti. Ah, a proposito... Non puoi scrivere niente di quello che hai visto.”“E se lo facessi?”“Prima ti prenderebbero per matto, perché non hai prove. Poi io verrei a trovarti.”Lui ha abbozzato un sorriso, ma io ho sentito un brivido lungo la schiena, proprio. L’ho lasciato in una viuzza tra Largo Argentina e Piazza del Gesù. “Farà una vita complicata, ma non se la passa mica male”, mi sono detto. Solo dopo ho scoperto che gran cazzata che era.“Allora... Ciao.”“Addio.” Mentre mi salutava con un cenno della testa ha tirato fuori le chiavi, e poi è sparito dentro un portoncino.
E io sono rimasto lì come un fesso, ché avevo pure bucato la ZTL._________________________________________________Se, leggendo questo post, avete la sensazione di esservi persi qualcosa... Beh, è il caso di recuperare il post di ieri!

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