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Nell’affermazione che i padri abbiano ipotecato il futuro dei figli v’è l’eco della fatale sentenza che risuona della tragedia greca e nella Bibbia, e tuttavia chi lo afferma sembra voler segnalare qualcosa di inaudito, come fossimo dinnanzi al sovvertimento di una legge che fino a ieri era inviolabile. In realtà, i figli pagano sempre le colpe dei padri, da sempre, né siamo di fronte ad una sconvolgente novità nel constatare che «oggi è peggio di ieri», nel prevedere che «domani sarà peggio di oggi», che questo sia dovuto a errori che da una generazione ricadono su quella che la segue: è l’ineluttabile della catena ereditaria, e pretendere che individualmente o collettivamente il lascito debba essere sempre in positivo, più che ingenuo, è stupido. Fino a quando sarà consentito entrare in possesso di un bene senza altro merito che essere figlio di chi lo ha conquistato – e c’è da ritenere sarà consentito ancora per molto altro tempo – si dovrà accettarne il rovescio, mentre il discutere se di generazione in generazione quel bene sia stato accresciuto o dilapidato non ha altro senso che far storia. Sarà per questo che marxismo e liberalismo hanno contatto in un solo punto, nella critica dell’asse ereditario, e che in quel punto tentano l’uscita dalla storia.