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17 sai no fūkei (Cycling Chronicles)

Creato il 02 novembre 2011 da Makoto @makotoster
 *** Flashback ***17 sai no fūkei (Cycling Chronicles) 17 sai no fūkei– shōnen wa nani wo mita no ka (17歳の風景-少年は何を見たか, Cycling Chronicles.: Landscapes The BoySaw). Regia: Wakamatsu Kōji; sceneggiatura: Yamada Takayuki, Shima Toshiki, Deguchi Izuru; montaggio: Itabe Hiroaki; musica: Tomokawa Kazuki; interpreti: Emoto Tasuku, Seki Etsuko, Kobayashi Kaori; produzione: Obinata Takahito, Shima Toshiki per Shima Films; durata: 89'; uscita nelle sale giapponesi: 31 ottobre 2004.Link: Mark Schilling (Japan Times)PIA: Commenti:  3/5   All'uscita delle sale: 60/100Punteggio★★★

Con una fotografia affascinanteche alterna il paesaggio in campi lunghi e lunghissimi, al personaggio coltonei dettagli, nei primi piani silenziosi e tormentati, Wakamatsu proponel'ambivalente senso del viaggio tipico del road movie: concreto nel continuospostamento del personaggio lungo un vasto spazio, attraverso le sue tappe e lesue debite avversità, quanto spirituale ed interiore, di espiazione e profondasofferenza personale. Infatti, protagonista è un ragazzo di diciassette annisempre a cavallo della sua bicicletta, la cui soggettività è restituitaattraverso una relazione empatica della macchina da presa che lo pedina, loprecede, scorre in fluenti carrellate lungo le strade di un ambiente desolato einvernale; ne interpreta il ruolo di silenzioso spettatore o lo sguardointerrogativo di fronte al mondo, come nella scena d'apertura in cui si rivolgeal monte Fuji, emblema di una coscienza superiore. 

In contrapposizione, lacittà è una metropoli sterminata di palazzi, la società una folla uniforme eanonima che procede in una medesima direzione, contrastata dalla camminatacontrocorrente del giovane. I ragazzi che leggono la cronaca interpretanoquella follia e quel malessere dei tempi commentando gli articoli relativi alcrescente numero di omicidi compiuti dagli adolescenti. A tali parole sisovrappongono le immagini del protagonista che intraprende il suo viaggio: unapresentazione indiretta e fortemente connotativa del giovane in fuga dallacittà, dalle convenzioni, dal disagio e soprattutto dall'assassinio dellamadre, il quale risulta motore narrativo ed elemento visivo che ossessiona lasua mente con rapidi inserti che si fanno più espliciti delle stesse parole. Idialoghi infatti sono assenti: il silenzio e il suo ermetismo sonocorrispettivo della stessa disperazione. Valorizzati sono i suoni del suo fiatoaffaticato, della natura minacciosa, del vento e delle onde, fino all'urloliberatorio sul quale si chiude, in un frame stop, la pellicola. Sono i rarimonologhi del giovane, frutto di una voce interiore, restituita ancheattraverso le didascalie nell'incipit. Oppure, in uno dei suoi incontri, illungo monologo dell'anziano che apre ad ampie riflessioni sulla giovinezza,sulla guerra, sulla morte. Lo sguardo critico del regista spazia fra gliestremi poli di una concezione che contempla e confronta la visioneindividualistica e quella nazionalista, collettiva, il presente e la storia e,nell'immediato, le generazioni.
L'erranza e il senso di smarrimento sono isintomi di un nichilismo non estraneo a Wakamatsu, incarnati dalla figura delgiovane, nella dilatazione delle sue azioni ripetitive che dissolvono unasull'altra fino al gesto di ribellione finale: la simbolica rinuncia alla fugacon il lancio della bicicletta dalla cima di una scogliera. Complementare è lasfiducia e l'amarezza dell'anziano tanto estraneo al presente, quantovisivamente isolato rispetto al protagonista, teso a constatare uncontemporaneo pessimismo in cui i valori e i riferimenti tendono a dissolversinella chiusura non definitiva e ambigua: distaccata ma simultaneamenteintimista. [Davide Morello]

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