Poi è stata la volta di Francisco e Patrick, un giornalista venezuelano sposato a una giapponese conosciuta nella mia Bologna, e un gentilissimo signore di Hong Kong che non negava mai un sorriso a nessuno.
Oggi ho visto per l'ultima volta anche il bizzarro missionario americano Michael e Stefania, con cui ho scambiato solo poche parole.
La giornata si è conclusa in Teramachi, dopo un pranzo di gruppo, una puntatina in sala giochi, una fetta di torta e un paio di sessioni di purikura (le cabine per fototessere kawaii), con l'ultimo abbraccio a Lin e Ai Yun, compagne di tante gite, escursioni e chiacchiere, visite a templi, mangiate e bevute, e come me estimatrici di Tony Leung e Andy Lau. Così diverse, la prima timida e sempre attenta a misurare le parole, la seconda esuberante e decisa (a volte troppo decisa), si sono trovate qui tre mesi fa e sono diventate inseparabili.
Infine è stata la volta di Gianna, vicina di casa e di banco in questi tre mesi, durante i quali abbiamo esplorato in lungo e in largo Kyoto (e non solo), riso dell'inglese del padrone di casa, e in definitiva abbiamo fatto fruttare al meglio il nostro tempo giapponese, non senza perderci di tanto in tanto, anche se non sempre disastrosamente come a Osaka.
Dopo essermi chiusa la porta alle spalle, dando fine così all'ultimo giorno di scuola, ho sentito distintamente la mancanza di tutti loro, o meglio la certezza che mi mancheranno. Nonostante tutto, sono sicura che di ognuno mi rimarranno impresse nella mente le cose belle, e che il resto sfumerà a poco a poco fino a lasciarmi addosso una nostalgia dolce, una voglia di ritrovarci un giorno a ricordare le lezioni all'Arc e Kim che, se fosse una ragazza, vorrebbe fare la doccia con le amiche.
Domani riparto per l'Italia e forse per questo l'addio a Kyoto degli altri mi sembra più vivo, come se fosse un po' anche il mio. Io poi però torno e ho meno paura di prima, perché per fortuna non tutti se ne vanno, e so che stavolta, al mio arrivo, avrò dei volti amici a cui sorridere.