Magazine Media e Comunicazione

1954-2014 / Carelli: «Web e social network non uccideranno la tv» (Il Tempo)

Creato il 29 dicembre 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano
1954-2014 / Carelli: «Web e social network non uccideranno la tv» (Il Tempo)«La tv sta sopravvivendo ad internet. La sopravvivenza della tv io l’ho sempre teorizzata, sin dal Duemila, quando cominciava a diffondersi la rete e Mediaset lanciava il primo sito di informazione online, il TgCom». La televisione compie sessant’anni ma più che il passato ciò che preme è il futuro. Emilio Carelli, vicepresidente di Confindustria Radio-tv, fondatore di Sky Tg24, pioniere del telegiornale della tv commerciale di Silvio Berlusconi - il Tg5 di Enrico Mentana (oggi alla guida del Tg La7) - in questa intervista spiega perché la cattiva maestra non verrà assassinata dal web. «Con la banda larga – dice Carelli - internet diventa sempre più un veicolo di prodotti audiovideo e quindi il discorso va su chi fa i contenuti. Oggi chi realizza i contenuti sono i grandi broadcaster. Fino ad ora internet ha trasmesso contenuti realizzati dalla televisione. Io penso che la tv si dovrà dare una mossa, certo, perché in questo momento sono in corso alcune battaglie come la questione del diritto d’autore. La tv vive di copyright: gli autori, quelli che producono, i film, i programmi, le notizie, con costi elevati e tutto questo spesso viene fagocitato dalla rete che non vuole pagare questi diritti. È chiaro che in futuro la proprietà intellettuale sarà penalizzata e bisognerà troverà una soluzione. E poi c’è il problema fiscale, la impopolare web tax, ma è pur vero che i broadcaster in tutto il mondo sono soggetti a un tipo di tassazione molto elevata, mentre i grandi protagonisti del web hanno trovato una sorta di escamotage, in regola, per quanto riguarda la trasmissione di internet».
Vicepresidente Carelli, esiste un problema di linguaggi?«Sì, perché la fruizione internettiana è più veloce, avviene sullo smartphone, sul tablet e sta portando a una nuova dimensione del linguaggio tv. Guardiamo i canali all news, sono più rapidi. La sfida vera sarà di trovare un punto d’incontro tra il mondo della televisione e tutti i nuovi protagonisti di internet».
Web & Tv come Romeo e Giulietta?«Trovare un punto di incontro non vuol dire una battaglia l’un contro l’altro armati, perché se fosse questo il rischio sarebbe che i nuovi soggetti, che si stanno arricchendo tantissimo, pensiamo a Facebook, nel giro di qualche anno potrebbero acquistare le televisioni che per la crisi finanziaria hanno difficoltà a sostenere i costi. La sfida vera è creare un unico mercato. Anche perché sempre di più la tv con gli on demand, gli apparecchi smartphone, è simile a internet, e internet con i video e i prodotti audiovisivi è sempre più simile alla televisione».
Il web è l’ultima rivoluzione: le altre sono state la nascita della Rai e la televisione commerciale?«La tv ha rappresentato una rivoluzione per l’Italia, ha insegnato agli italiani la lingua. La tv ha creato degli appuntamenti fissi durante la settimana, il giovedì sera e il sabato sera, con gli italiani che stavano in casa per vedere Mike Bongiorno e "Il Musichiere" di Riva. Con il telegiornale poi ha cominciato a diffondere l’essere informati anche se per tanti anni le notizie erano di Palazzo perché c’era un solo tg».
Lei ha vissuto la rivoluzione della tv commerciale di Silvio Berlusconi. Come la ricorda?«Come una sfida che nessuno si immaginava di vincere. Il monopolio della Rai era così forte che nessuno pensava saremmo riusciti a scalfirlo. Dal 1980 al 1990, tra mille peripezie, legislative, giudiziarie, eccetera, si è capito invece che la tv commerciale poteva vincere. Mi ricordo entrai a Canale 5 il 1° dicembre 1980 e nasceva proprio in quei giorni la rete, come unione di tante tv locali in ogni regione che trasmettevano alla stessa ora, lo stesso film con la stessa pubblicità. Ho vissuto in prima persona la prima trasmissione via satellite dagli Usa, gli Oscar da Los Angeles, commentati da Mike Bongiorno. Gli anni dagli Ottanta ai Novanta segnano la vittoria della tv commerciale».
È di quel periodo la rivolta dei Puffi?«Qualche pretore oscurò Canale 5, Italia 1 e Rete 4 in alcuni regioni e Berlusconi ebbe l’idea di mandare dei giornalisti nelle piazze a raccogliere le voci della gente. Si creò spontaneamente un movimento, soprattutto a Torino e a Roma, che si radunava e chiedeva di riaccendere i canali. I bambini volevano i Puffi, gli adulti Dallas. Qui bisognerebbe fare una considerazione di tipo culturale: la tv commerciale ha ringiovanito il linguaggio, il modo di raccontare, fare notizia e intrattenimento. Ma dal punto di vista culturale alcune volte ha puntato a momenti di superficialità e di volgarità e ha trasmesso un eccessivo senso del consumismo».
Intervista di Massimiliano Lenziper "Il Tempo"

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :