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(1963) i conti dietro il teleschermo

Creato il 08 aprile 2011 da Memories
È il "costo fisso" delle trasmissioni televisive: vale sia per un minuto d'intervallo che per un minuto di Caterina Valente. Ecco perchè trasmettere programmi scadenti significa un grosso spreco. (1963) I CONTI DIETRO IL TELESCHERMO

Proviamo a fare insieme un piccolo gioco di fantasia. Immaginiamo di poter superare lo sbarramento di uscieri e di guardie giurate che protegge l'ingresso del centro televisivo romano di via Teulada; quindi di riuscire a raggiungere uno studio, di piazzarci davanti a una telecamera in funzione e di metterci a far boccacce, per sessanta secondi, dinanzi agli occhi di dieci milioni di telespettatori. Boccacce, smorfie e nient'altro. Ebbene: la nostra curiosa esibizione, da un punto di vista strettamente economico, ha su per giù lo stesso costo di quella del più acclamato cantante. Un nostro minuto di trasmissione costerebbe, infatti, all'amministrazione della TV a un dipresso quanto un minuto di spettacolo di Caterina Valente.

Impossibile? Vediamo di dimostrarlo. Il lettore ci segua nei nostri calcoli, tratti dai documenti ufficiali dell'ente statale e, più precisamente, dall'ultimo bilancio. Esclusi i compensi artistici e i diritti d'autore versati alla Società italiana autori ed editori (SIAE), la televisione affronta ogni anno delle spese pari a 29 miliardi e 161 milioni. Si tratta di spese fisse.

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Antonio Perria
("QUATTROSOLDI" - luglio 1963)

(1963) I CONTI DIETRO IL TELESCHERMO

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