Dal '61 al '62 gli impiegati dello Stato sono aumentati da 1.248.363 a 1.360.723: se va avanti con questo ritmo, tra un paio di generazioni tutti gli italiani abili al lavoro saranno alle dipendenze dell'aministrazione statale.
Lo Stato non ha finora saputo rimettere ordine nella sua organizzazione. Ha tentato la riforma della burocrazia e ha finito col fare soltanto una riforma per la burocrazia. Le cose sono rimaste come stavano e gli stipendi sono aumentati. Fu così nel 1956, quando la legge-delega e le successive leggi delegate lasciarono inefficiente e pletorico l'apparato degli uffici e degli impiegati, ma la spesa crebbe di 420 miliardi l'anno in un colpo solo. Gli statali ebbero tutto quello che reclamavano; lo Stato non ebbe niente; agl'italiani fu data la consolazione di apprendere che il "prodotto netto" della pubblica amministrazione era aumentato di 420 miliardi. Questa posta del reddito nazionale si misura infatti in base agli stipendi pagati: se lo Stato li raddoppia, l'Italia - per uno scherzo statistico - diventa più ricca. [...]I ministeri sono dunque una conigliera. La capacità di riproduzione degli uffici supera di oltre dieci volte il tasso d'incremento della popolazione. Questa cresce in ragione dell'8,6 per mille l'anno e la burocrazia aumenta del 90 per mille, tre volte di più dei cinesi. Applicando, come fanno gli statistici, il metodo dell'estrapolazione per i prossimi decenni, ne consegue - sembra un sofisma assurdo, ma non lo è poi tanto - che fra un paio di generazioni tutti gl'italiani abili al lavoro saranno statali e che cinquant'anni più tardi, cioè fra un secolo, bisognerà reclutare nei ministeri anche gl'infanti, i vecchi e gl'invalidi per colmare i ruoli. [...]Come mai lo Stato si è ingolfato in una simile pletora di personale malgrado gli ordini tassativi di limitare i concorsi? La spiegazione, anche questa volta, sta nelle "leggine", mediante le quali sono stati "sistemati a ruolo", per motivi di dubbia socialità, gruppi numerosissimi di giornalieri, avventizi, cottimisti, straordinari e soprannumerari. [...]La seconda sorpresa si è avuta quando si sono andati a "precettare" i compensi speciali, gli assegni, le indennità e tutti gli altri "premi in deroga" che i singoli ministeri o direzioni o divisioni o uffici si attribuiscono. In deroga a che cosa? Semplicemente alla legge, [...] che stabilì il divieto di "qualsiasi concessione di compensi al personale che non abbia effettivamente reso prestazioni eccedenti gli obblighi normali di orario e di servizio inerenti al grado e al posto ricoperto" e limitò altresì l'ammontare di questi compensi ai fondi stanziati in bilancio per straordinario.Non crediamo che esista nella legislazione italiana una norma più irrisa di questa. Altre leggi o semplici decreti hanno creato un'innumerevole varietà di emolumenti accessori e, facendo dell'illegalità titolo, li hanno chiamati "premi in deroga". [...]
Cesare Zappulli
("QUATTOSOLDI" - maggio 1963)
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