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1964, alle origini della mafia del Gargano

Creato il 16 gennaio 2012 da Crono @Amaraterramia
1964, alle origini della mafia del Gargano da LA STAMPA, Sabato 11 Gennaio 1964
Un fosco dramma di vendette famigliari
L'uccisione vicino a Foggia di un pastorello di dodici anni - Respinto dalla Suprema Corte il ricorso dei tre assassini; uno di essi nel frattempo è stato ucciso a forbiciate in carcere.
Foggia, venerdì sera. La maledizione sembra essersi abbattuta inesorabile sulla famiglia di Cagnano Varano, in provincia di Foggia, composta da Giuseppe Tarantino e dai suoi numerosi figli: non si è ancora spenta l'eco del processo che si celebra dinanzi alla Corte d'Assise di Viterbo contro otto detenuti calabresi che uccisero a forbiciate nel laboratorio di sartoria del carcere di Santa Maria in Gradi il giovane Antonio Tarantino, ed ecco che la Cassazione ha dovuto prendere In esame proprio quella tragica vicenda, che costò al giovanotto la condanna a 12 anni, elevata poi a 14 dai giudici di secondo grado di Bari. Dei quattro fratelli Tarantino, i quali furono rinviati a giudizio per aver ucciso, il 20 aprile 1958, il pastorello dodicenne Michele Ciaravella, solo tre, Antonio, Giuseppe e Sebastiano, presentarono ricorso per Cassazione; ed ora, il Supremo collegio ha respinto le tesi di Sebastiano e Giuseppe Tarantino, mentre ha annullato il verdetto per quanto riguarda Antonio, ucciso dai compagni di detenzione dopo la sentenza della Corte d'Assise d'Appello. Il 20 aprile 1958, a Cagnano Varano, due gravi episodi di violenza esplosero tra i componenti le famiglie degli agricoltori Giuseppe Tarantino e Angelo Ciaravella, abitanti in masserie contigue e divisi da molti anni da un odio profondo, soprattutto da quando uno dei numerosi tigli di Giuseppe Tarantino, Sebastiano, aveva aggredito a colpi di scure il capo della famiglia Ciaravella, per il presunto furto di un capretto. Alle otto di quel mattino, Luigi Tarantino, di 16 anni, mentre era a guardia di un gregge di pecore, a breve distanza dalle case abitate dai due gruppi familiari, fu ferito a colpi di scure dal diciassettenne Domenico Ciaravella. <<Sono stato aggredito da Domenico Ciaravella, spalleggiato dal padre e da qualche fratello>>, dichiarò il giovanetto ai carabinieri. <<Non è vero quanto ha affermato Luigi Tarantino>> — replicarono i Ciaravella — <<egli aveva tentato di impossessarsi di un nostro capretto e Domenico gli ha impedito di compiere l'impresa e l'ha rimproverato>>. Nella stessa giornata, il dodicenne Michele Ciaravella, che aveva assistito senza muovere un dito all'aggressione del mattino, pagava con la vita le responsabilità del fratello maggiore: venne trucidato. L'unica persona in grado di narrare come si svolse il feroce assassinio fu la sorella, Angelina Ciaravella: <<Verso le 12,30 ho portato il pasto quotidiano a mio fratello che attendeva al gregge. Poi mi sono allontanata per tornare a casa, ma, dopo circa trecento metri, ho udito gridare. Mi sono voltata ed ho visto mio fratello, il quale, scavalcando un muretto, mi veniva incontro a braccia aperte, invocando aiuto. Io mi sono affrettata nella sua direzione, ma un avallamento del terreno me lo ha fatto scomparire alla vista. Poi ho udito un colpo d'arma da fuoco e camminando ancora, ho visto Michele al suolo e tre persone che si dileguavano. Si trattava di Sebastiano, Giuseppe ed Antonio Tarantino: i primi due erano armati di fucile>>. In casi del genere, in certi ambienti dell'Italia meridionale è il più giovane della famiglia che si accolla la maggiore responsabilità del fatto, e così anche in questo caso: tre giorni dopo, si presentò al Pretore di Rodi Garganico il diciassettenne Angelo Tarantino, il quale confessò dì essere l'unico responsabile della morte di Michele Ciaravella: <<Ero stato informato dai miei fratelli — disse il ragazzo - che i Ciaravella avevano assassinato Luigi. Sono accorso immediatamente la dove mio fratello sarebbe stato ucciso e non vi ho trovato altri che Michele Ciaravella contro il quale ho riversalo tutta la mia ira, vibrando alcuni colpi.
I suoi genitori non mancarono di confermare le sue asserzioni, avvalorando il sospetti che Ancelo Tarantino si fosse assunto preordinatamente la responsabilità della morte del pastorello. Ma il Giudice istruttore non credette, se non in parte, ad Angelo Tarantino e rinviò al giudizio della Corte d'Assise di Foggia anche Sebastiano, Giuseppe ed Antonio Tarantino. Domenico Ciaravella, invece, dovette rispondere di lesioni gravissime. Il 30 dicembre 1959, la Corte d'Assise di Foggia condannò Antonio, Sebastiano e Giuseppe Tarantino a 12 anni di carcere ciascuno. Angelo Tarantino, minorenne, ad otto anni, tutti per omicidio volontario, e Domenico Ciaravella, pure minorenne, a tre anni di reclusione. <<Angelo Tarantino non prese parte al delitto>> — dissero però i giudici di secondo grado, i quali lo assolsero per non aver commesso il fatto — <<non occorrono lunghe dissertazioni per dimostrare le ragioni che indussero Angelo Tarantino ad offrirsi in olocausto alla giustizia al posto dei fratelli più anziani: il desiderio, certamente alimentato dai familiari se non addirittura ispirato da costoro, di salvare tre dei fratelli più validi da onerose responsabilità, la sicurezza di beneficiare del trattamento più favorevole che la legge penale e la prassi giudiziaria riservano ai minori degli anni 18, la probabilità di ottenere particolari attenuazioni di pena por le sue condizioni fisiche minorate e per la benevolenza che di solito si accorda a chi confessa. La profonda immoralità ed antisocialità di simile atteggiamento — continua la sentenza — furono facilmente dimenticate da tutti i congiunti, legati ad una mentalità culturale degna del clan preistorico dalle loro consuetudini di vita, condotta fra l'agricoltura e la pastorizia in una località isolata del Gargano, così come del resto sono state trascurate a cuor leggero, in nome delia vendetta familiare, le più elementari norme etiche e religiose nell'ideare la spedizione punitiva che ha avuto la sua vittima in Michele Ciaravella. Ma i giudici baresi non si limitarono ad assolvere Angelo Tarantino, perché elevarono di due anni la pena inflitta agli altri tre fratelli. La sentenza di primo grado fu confermata solo per quanto riguardava Domenico Ciaravella. I tre fratelli Tarantino, condannati a 14 anni, proposero ricorso per Cassazione, ma, mentre erano in attesa della discussione dei ricorsi, uno di essi, Antonio, fu trucidato a forbiciate da otto compagni di detenzione ; il processo a carico dei quali riprenderà il 24 prossimo. Sicché, alla Suprema Corte non è rimasto che annullare per morte del reo la condanna di Antonio Tarantino e confermare 11 precedente verdetto per Sebastiano e Giuseppe.
Guido Guidi


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