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Venticinque anni fa, poco prima delle 7 di sera del 9 novembre 1989, il portavoce del Partito comunista della Repubblica democratica tedesca, Guenter Schabowski, durante una conferenza stampa convocata poco prima, annunciava ai giornalisti della stampa internazionale a Berlino Est che i cittadini della Germania orientale avrebbero potuto recarsi all'estero senza più bisogno di permessi speciali. Poco tempo prima le autorità della Ddr avevano annunciato un provvedimento simile, anche in risposta alle manifestazioni popolari sempre più imponenti che da Lipsia a Dresda alla stessa Berlino, chiedevano riforme e libertà di movimento, ma la cosa era rimasta lettera morta.
Il corrispondente dell'agenzia Ansa da Berlino, Riccardo Ehrman, lo fece notare piuttosto seccamente e chiese se questa volta le nuove disposizioni sarebbero entrate in vigore da subito. Ma Schabowski non aveva istruzioni precise e, non aveva avuto il tempo di leggere con attenzione le carte che gli erano state passate e di prepararsi una risposta. Così, colto di sorpresa, rispose con un certo imbarazzo: “Sofort. Da subito”.
In pochi minuti la notizia fece il giro del mondo, ripresa da tutte le emittenti internazionali, compresa la televisione della Germania ovest, regolarmente seguita nella Ddr. I cittadini di Berlino est cominciarono allora ad affluire check-point. Nelle ore successive, quando anche la televisione di stato della Germania est manderà in onda le dichiarazioni di Schabowsky, diventeranno decine di migliaia: una folla sempre più imponente che chiedeva di poter finalmente andare liberamente all'ovest, come era stato annunciato.
Le guardie di frontiera - i “Vopos”- rimasero disorientate e chiesero inutilmente istruzioni, ma la situazione rimaneva confusa. Prima venne detto loro di lasciar passare solo le persone in possesso del passaporto. Poi di respingerle al momento in cui sarebbero tornate per rientrare a casa. Col passare del tempo la folla aumentò, così come le file di Trabant in attesa di andare all'ovest. La tensione crebbe e la situazione rischiò di sfuggire di mano. Gli agenti della “Volkspolizei” non sapendo bene cosa fare e cercavano di tenere calma la folla che si sentiva sempre più presa in giro per l'ennesima volta.
Alle 22.30, l'ufficiale responsabile del varco sulla Bornholmerstrasse, Harald Jaeger, dopo essersi consultato con i suoi sottoposti, decise che non si poteva più attendere oltre e ordinò di aprire le sbarre. Di lì a poco lo stesso avverrà in tutti gli altri check-point. La frontiera più chiusa d'Europa si apriva: dopo 28 anni il “muro di Berlino” non esisteva più abbattuto sull'onda delle pressione popolare, ma anche di scelte politiche prese non solo in Germania.
Per oltre un quarto di secolo, anche se fisicamente non ne faceva parte, il “Muro di Berlino”, che separava la parte occidentale della città, appartenente alla Germania Ovest (la Repubblica federale tedesca, legata agli Stati Uniti), da quella orientale, capitale della Germania Est, la Repubblica democratica tedesca, la Ddr, strettamente legata ll'Unione Sovietica, era stato il simbolo e la rappresentazione più cruda della “cortina di ferro” che dal Baltico all'Adriatico tagliava l'Europa in due entità appartenenti a due sistemi politici, ideologici ed economici in conflitto fra di loro (la “guerra fredda”).
Questo Speciale, grazie a materiali sonori tratti dall'archivio di Radio Radicale e ad altre registrazioni dell'epoca, vuole ricordare quel formidabile 1989 e con esso l'iniziativa politica dei Radicali che, prima che cadesse il muro di Berlino e prima che si aprisse la “cortina di ferro”, in quello stesso anno andarono a Budapest a tenere il 35° congresso del loro partito diventato “transnazionale” e che, mentre da anni lottavano per l'affermazione della democrazia e dei diritti umani nell'Europa dell'est, denunciavano il rischio che le democrazie liberali dell'Occidente diventassero democrazie “reali”, autoritarie e burocratiche, così come nei Paesi dell'est il socialismo era divenuto “socialismo reale”.
Ascolta lo Speciale sul sito di Radio Radicale
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