1992
Serie tv in 10 puntate
Italia, 2015
“Ci sono persone che non credono niente fin dalla nascita. Ciò non
toglie che tali persone agiscano, facciano qualcosa della loro vita, si
occupino di qualcosa, producano qualcosa. Altre persone invece hanno il vizio
di credere: i doveri si concretizzano davanti al loro occhi in ideali da
realizzare. Se un bel giorno costoro non credono più- magari piano piano, attraverso una serie
successiva, logica o magari anche illogica, di disillusioni - ecco che
riscoprono quel “nulla” che per altri è stato sempre, invece, così naturale.”
(Pier Paolo Pasolini, Petrolio,
appunto 84)
Se è vero, come ammonisce Umberto Eco, che
mentire riguardo al futuro produce la
storia, si può tranquillamente affermare che “
1992” - produzione
Sky recentemente andata in onda - ha colto nel
segno.
Come suggerisce il titolo, difatti, tutto si svolge nel
periodo in cui
Mani Pulite, la
vicenda giudiziaria altresì nota come
Tangentopoli,
era destinata a scoperchiare il vaso di Pandora dal quale è uscito fuori ogni
sorta d’olezzo stantio appartenente alla Prima Repubblica. La menzogna cui
facevamo cenno in apertura - ipotesi interpretativa ben individuata, isolata e
prontamente scartata nella serie televisiva diretta da Giuseppe Gagliardi - sta
nel porre le inchieste giudiziarie condotte da Di Pietro nell’ultima decade del
‘900 come sostanziale punto si svolta. Se infatti la Seconda Repubblica s’è
fatta con gli scarti della prima,
Mani
Pulite è finita nel vicolo cieco della novità mediatica , da un lato
portando la consapevolezza delle masse a sintetizzarsi nella povertà dialettica
del
sono-tutti-ladri, dall’altro non
incidendo sullo pseudo-rinnovamento della classe politica protagonista d’una
non meno triste storia odierna.
“
1992” s’inserisce, quindi, col giusto distacco all’interno
dei meccanismi prima descritti attraverso molteplici elementi: alcuni, anche se
non privi d’imperfezioni, identificabili nella matrice estetica, dove i reparti
di regia e fotografia, non sempre incisivi, accompagnano una messa in scena
invece abilissima nel dare tonalità
retrò
ai non troppo distanti anni ’90, specie grazie al contributo scenografico
ed alle scelte legate alla colonna sonora; altri, invece, identificabili nelle
prime fasi della scrittura che, se da un lato anch’essa non è esente da
sbavature, soprattutto in alcuni sviluppi dei singoli caratteri, ha invece il
pregio di utilizzare personaggi chiave per completare un affresco lucido e
dettagliato di ciò che si sta raccontando - il Di Pietro illuso ed affamato di
cambiamento; la ragazza che vende il proprio corpo per far carriera in
televisione; il pubblicitario che più di tutti riassume e rispecchia i
connotati marci, amorali e contraddittori che caratterizzano lo Stato -. Tutto
questo funziona, al di là delle innegabili imperfezioni, dal momento in cui non
sono i personaggi a muovere il contesto ma è il contesto a muovere i
personaggi, rendendo “
1992” un prodotto televisivo ancor più innovativo di “Gomorra”,
che resta superiore solo dal punto di vista tecnico/visivo, e il cui successo
estero, sia critico che commerciale, conferma che in Italia una televisione
altra è possibile.
Mentre
Mamma Rai,
con la produzione dei vari “Don Matteo”, “Braccialetti rossi” etc.., si
preoccupa d’inasprire
l’odore delle case
dei vecchi, il personaggio di Stefano Accorsi, sulla chiusura dell’ultima
puntata, fa ben sperare in una seconda stagione asserendo: “Sarà un bellissimo
1993”; l’ultima parola ce l’ha la macchina da presa che chiude con l’oscuro,
incombente presagio nascosto nel cartellone pubblicitario raffigurante un
neonato che esclama: “Fozza Itaja!”.
Antonio Romagnoli