Avete presente l’esperimento sul condizionamento del fisiologo russo Ivan Pavlov col cane? Vi rinfresco la memoria. Il cane comincia a salivare non appena riconosce colui che gli porta il cibo, ricollegando la persona stessa al cibo: il condizionamento è infatti un processo attraverso il quale ad uno stimolo corrisponde una risposta. È successa la stessa cosa a me, ho cominciato a salivare non appena ho avuto tra le mani l’ultima (? – non ne sarei così sicura visto il finale) parte di 1Q84. Libro 3 di Murakami Haruki (edito da Einaudi e tradotto dal giapponese da Giorgio Amitrano). Lo ammetto sono una fanatica, una fanatica insoddisfatta però, il che è peggio di fan delusa. Se fossi una semplice fan delusa, mi sarei lamentata della pessima copertina che è identica al primo volume (che conteneva i Libri 1 e 2) e avrei consigliato alla Einaudi di metterci un po’ più di fantasia, visto che hanno avuto un anno di tempo per pensarci. Perché, per chi non lo sapesse, un anno fa circa sono uscite in un tomo di ben 720 pagine le prime due parti di 1Q84, ed esattamente un anno dopo – in Italia ovviamente – è uscita questa terza parte. Avere aspettato un anno per leggerla, mi aveva fatto riporre in questo volume grandi speranze aumentando contemporaneamente il terrore di non ricordare i dettagli della trama (labile memoria, la mia). Fortunatamente mi sbagliavo, la trama è sempre fittissima ma “fortunatamente” Murakami per ben 100 pagine spalma per testa e bocca (che tradotto vuol dire: pensieri e parole) dei tre personaggi principali, i punti chiave della storia. Riassunto, quindi, assicurato. È chiaro che il fortunatamente è ironico, perché si tratta di 100 pagine di una noia quasi soporifera (che hanno ridotto le mie fauci al limite della secchezza). Soltanto a pagina 102, per essere precisi, succede qualcosa che fa scuotere il lettore dal torpore (e personalmente mi permette finalmente di tornare a salivare copiosamente) facendo inevitabilmente pensare: grazie, Murakami, per essere tornato! Non che fosse sparito, era evidente che le pagine le avesse scritte lui, autore maniacalmente descrittivo, ma si era lasciato troppo andare a riempire di dettagli un momento morto della storia fino a diventare quasi fastidioso. La trama stessa si basa sull’unica domanda possibile «riusciranno i nostri eroi ad incontrarsi e tornare nel 1984?» perché Tengo e Aomame, sotto un cielo illuminato da due lune, continueranno in tutti i modi a cercarsi in una realtà che non è la loro ma è la sua copia esatta. Unica novità è un terzo antagonista che aggiunge la sua voce narrante al testo: lo sgorbio agente segreto Ushikawa, ingaggiato per trovare Aomame.
Procedendo nella lettura ho deciso che dovevo assolutamente smettere i panni del cane dell’esperimento e indossare il camice di Pavlov. E così sono giunta analiticamente ad una serie di riflessioni. La prima è che in questa parte i soliti riferimenti letterari e musicali (che tanto piacciono a Murakami, quanto a me) sono quasi assenti, non si va oltre alla Sinfonietta di Janáček che fa da colonna sonora ai tre libri e Alla ricerca del tempo perduto di Proust. La seconda, forse frutto di una lettura quasi totale delle opere di questo autore, è che credo sia quasi impossibile una trasposizione cinematografica dei libri di Murakami. Prendiamo questo, è sì a metà tra un thriller, un romanzo di fantascienza e una storia d’amore ma la trama è talmente contorta che perderebbe di efficacia. Mille pagine (718+395) per descrivere gli avvenimenti accaduti in meno di un anno – da aprile a dicembre – credo che siano un po’ eccessive, è evidente che contengano un quantitativo di dettagli e descrizioni difficili da riportare sulla pellicola (l’unico romanzo che è stato trasposto per il cinema è Norwegian Wood, lungometraggio impossibile da reperire in Italia). Arrivo a pagina 395, resto perplessa dal finale, chiudo il libro, tolgo il camice, penso a Murakami e non riesco ad immaginarmelo come un sessantenne dei nostri tempi. Lo vedo impregnato di una patina di polvere, come se si fosse bloccato negli anni ’80, e non abbia voluto continuare a vivere al passo con i tempi. Tutti i suoi libri mi danno questa sensazione, quella di essersi bloccati in una dimensione a metà tra ieri e oggi, tra realtà e non-realtà, tra logica e illogica. In effetti, il mondo delle supposizioni, degli enigmi, dei legami quasi telepatici è sicuramente molto più affascinante del mondo iper-tecnologico e iper-sociale a cui siamo abituati. Ci sto pensando, è evidente, ma non ho ancora deciso se mi è piaciuto questo 1Q84…