Nel primo punto di questo viaggio verso il benessere abbiamo parlato di curiosità. Avere un’attenzione curiosa significa imparare ad osservarci e conoscerci meglio. Prescindendo da etichette, categorie e giudizi possiamo acquisire una visione più chiara di noi: cosa ci spinge ad agire, verso cosa ci stiamo muovendo, cosa ci blocca e cosa ci provoca sofferenza.
E una volta che abbiamo osservato tutto questo?
Ad esempio, se mi accorgo che le mie relazioni sono tutte caratterizzate da una buona dose di dipendenza? Se ho visto che pur di non vivere il dolore della separazione rimango incastrato in relazioni dolorose? Se sono riuscito a vedere che ho talmente paura che questa relazione finisca da non riuscire a godere del tempo che passo con l’altra persona? Allora ho due possibilità: lottare per migliorare o accettare quello che non posso cambiare.
Mi piace considerarmi professionalmente laica, ma le religioni e le tradizioni mi piacciono perché sono la risposta alle paure dell’essere umano, alla sofferenza. C’è una preghiera in particolare, di matrice cristiana ma che rappresenta anche uno dei punti fondamentali della psicologia buddhista che dice:
“O Dio,
dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare;
il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare;
la saggezza per distinguer le une dalle altre.
Concedimi di vivere un giorno alla volta,
assaporare un momento per volta,
accettare le prove come un sentiero verso la pace;
prendere, come Egli ha fatto,
questo mondo di peccato così come è, e non come io lo vorrei;
credere che Egli opererà tutto bene
se io mi arrenderò alla Sua volontà.
Fa’ che io possa essere abbastanza felice in questa vita
e sommamente felice in quella eterna, con Lui per sempre. Amen.”