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Bergo’, aspe’ ché ti sbobino un attimo le cazzate che hai detto in aereo al ritorno dalle Filippine, così chiariamo ’sta questione di tua madre, del cazzotto, eccetera, con stretto rigor di termini. Tu dici: «In teoria, possiamo dire che una reazione violenta davanti a una offesa o a una provocazione – in teoria, sì – non è una cosa buona, non si deve fare. In teoria, possiamo dire quello che il Vangelo dice: che bisogna dare l’altra guancia». Ora, non è per impiccarti alle parole, che pure, essendo papa, dovresti calibrare bene prima di lasciarle uscir di bocca, ma tu, nell’intervista concessa all’andata, hai detto testualmente che un cazzotto dato a chi ti offendesse mamma è «normale». Non so se a Buenos Aires il termine ha un significato diverso, ma in italiano significa «regolare», «esemplare», «conforme», «logico», ed estensivamente «umano», «naturale», «comune». Tutto ciò, oggi, lo poni in antitesi alla «teoria» del messaggio evangelico, e allora, scusa, fammi capire: starai mica a dire che, sul come si deve reagire ad un’offesa, il Vangelo ci dà un precetto illogico, innaturale e disumano? Sarai mica nietzchiano o anche stavolta ne hai sparate due così, tanto per dire, e ti son venute a carajo de perro? Ma procediamo. Tu aggiungi: «In teoria, possiamo dire che abbiamo la libertà di esprimerci. E questo è importante. Sulla teoria siamo tutti d’accordo, ma siamo umani e c’è la prudenza, che è una virtù della convivenza umana. Io non posso insultare, provocare, una persona continuamente perché rischio di farla arrabbiare, rischio di ricevere una reazione non giusta. Ma è umano, quello». Anche qui, consentimi, non ti seguo proprio. Tu dici che abbiamo libertà di esprimerci, e su questo non puoi immaginare quanto io ti stimi, pensando a quelle merde dei tuoi predecessori che sulla libertà di espressione avevano idee un pochino diverse. Non so se ad ammettere che gli uomini abbiano la libertà di esprimersi tu ci sia arrivato da solo o non abbia avuto bisogno di qualche aiutino da quei pensatori che fino allo scorso secolo finivano all’Indice, ma qui non è il caso di stare a sottilizzare: sappiamo che a suon di bastonate il mulo impara. La questione è un’altra: è che anche qui tu dici «in teoria», e solo per creare un’antitesi tra ciò che è giusto «in teoria» e ciò che «normalmente», «umanamente», smette d’esserlo. Fino a quando lo fai con il Vangelo, cazzi tuoi. Ma affermare che la libertà di espressione sia una cosa bella, buona e giusta, ma che debba fare i conti con chi non lo pensa, e che a conti fatti debba trovare il modo di reprimersi sennò è «normale» debba aspettarsi una reazione violenta, beh, non ci siamo proprio. Non corro il rischio di averti capito male, perché tu dici testualmente: «Per questo dico che la libertà di espressione deve tener conto della realtà umana e perciò dico che deve essere prudente». Sarà reticenza tutta ovattata, ma in sostanza tu dici che, se con la mia libertà di espressione io do fastidio ad uno che non la tollera, io devo rinunciarvi, sennò è «normale» ch’io mi pigli il cazzotto che chi è contrario alla mia libertà di esprimermi possa ritenere giusto, a suo parere, io mi pigli. Dico: per caso usi un aereo che ha problemi di pressurizzazione? Di là della questione posta in generale, tuttavia, resta un problema: che fine fa il cazzotto che qualche giorno fa tu minacciavi di dare a chiunque offenda tua madre? Voglio dire: tu sei per la «teoria» che insegna il Vangelo o per quella che a te pare «normalità» se riferita a ciò che definisci «umano»? In altri termini: quando parlavi di tua madre, il «tu» eri davvero tu o era un «tu» impersonale? Essendo papa, non è questione da poco. Perché mettiamo che domattina io mi svegli e decida di esprimere una libera opinione su tua madre o sulla tua fede, che a torto o a ragione tu possa recepire come offesa, mi pare sia fondamentale sapere se mi aspetta in risposta la «teoria» evangelica o la «normalità» dell’uomo che si lascia andare a una «risposta non giusta». Bada bene: la «risposta non giusta» potrebbe essere «normale» in risposta a qualcosa che risulti offesa a te, ma che in realtà lo sia solo a voler dare per scontato, contro ogni «teoria», che la mia libertà di espressione debba fermarsi dinanzi a ciò che tu ritieni intangibile al mio giudizio, se non positivo. Ti faccio un esempio, via. Metti caso che domani, a reti unificate, sento dirti le solite cose, quelle indimostrabili, che o ci credi o no: che Dio esiste, che si è incarnato in un uomo detto Gesù, il quale è nato da una vergine che è rimasta tale dopo il parto, la quale l’avrebbe concepito senza aver avuto rapporti sessuali, e che ’sto Gesù poi è morto, ma è risorto, insomma, Bergo’, le solite cose, che a te sembreranno cose serie, ma a me fanno un po’ ridere e un po’ girar le palle. Bene, ho libertà di esprimermi e dire che sono stronzate? Comprendo che tu possa sentirla come offesa, ma dove va a finire la mia libertà di espressione se non ho il diritto di dire ciò che penso riguardo a ciò che tu ti senti in dovere di dire? Che fai, mi sferri un pugno come farebbe un islamista che ha lasciato a casa il kalashnikov o abbozzi? Capisci bene che la differenza è grossa, e sta nel capire se giustifichi la «risposta non giusta» in nome di un’«umanità» che ti apparenta all’islamista. Ma tu dici: «La prudenza è una virtù umana che regola i nostri rapporti. Io posso fino a qui, di qua, di là. E questo volevo dire, che in teoria siamo tutti d’accordo, c’è la libertà di espressione, una reazione violenta non è buona, è cattiva sempre, tutti d’accordo, ma nella pratica fermiamoci un po’, perché siamo umani e rischiamo di provocare gli altri. Per questo la libertà deve essere accompagnata dalla prudenza. Quello volevo dire». Perfetto, però ti rendi conto che, con questo bizzarro modo di intendere la prudenza, il limite che separa il «di qua» dal «di là» può deciderlo solo chi eventualmente possa dare anche una «risposta non giusta»? Ce n’è di che ritenere offensiva la sola presenza di un cristiano in terra d’islam, e bruciarlo vivo sarebbe certamente una «risposta non giusta», «in teoria», mentre la prudenza necessaria consisterebbe, per il cristiano, nel fare bagagli e andare via: stride un po’ col dichiararlo martire, se resta e lo bruciano vivo, non ti pare? Che facciamo in questo caso: gli diamo dell’imprudente? A mio modesto avviso, Bergo’, hai le idee assai confuse, come d’altronde è inevitabile accada quando si pretende di trovare la quadra tra logica e senso comune, tra dottrina e vita, tra principi e cazzi propri. Così con la questione dei figli, che a farne troppi il cristiano smetterebbe d’essere pecora, come dovrebbe, e diverrebbe coniglio. A parte il fatto che un tizio con quattro, sei o dieci figli potrebbe a buon diritto ritenersi offeso, scordarsi per un attimino ogni «teoria» e, consentendosi una «risposta non giusta», però «umana», sferrarti un cazzotto in piena faccia: grondando sangue dal naso rotto, te la sentiresti di dire che tutto è dovuto ad una tua imprudenza? Bergo’, fattelo dire: sei una frana.
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