2010 Rewind: Klaxons, Futureheads, Grinderman, Charlatans, Spoon, Kashmir, Foals, Vaseline, Feeder.

Da Sonofmarketing @SonOfMarketing
Riprende il nostro "tour" per riscoprire il 2010. Un appuntamento che proporremo per tutti il periodo estivo (tutti i sabato) e se vi garba continueremo anche una volta finita la stagione. Andremo a ripercorrere il 2010 attarverso i dischi più significativi. Ogni volta presenteremo da 5 a 10 album (alcune volte anche di più) che sono legati da un sottile filo. Le altre volte come filo conduttore abbiamo scelto l'elettronica, la musica classica, il violino,  il post-punk, i songwriters stranieri, gli artisti italiani (a cui abbiamo dedicato tre articoli). Questa settimana siamo andati a pescare dalla scena rock, alternative rock e dintorni. Buona Lettura.

SURFING THE VOID – KLAXONSRitorno di una delle band più interessanti del decennio appena trascorso e lo fanno in grande stile, superando se stessa. Se dovessi descrivere con una parola questo disco, la prima cosa che mi viene in mente è pazzia. Un disco completamente folle sia dal punto di vista di sound e te sia dei esti che vanno di pari passo. Un misto di riff nervosi, synth e space-rock, con invasioni di psichedelica e new wave e non trascuriamo anche una forte base pop. Un insieme di suoni perfettamente riuscito, seguito da testi scriteriati, deliranti ma efficaci, interpretabili sia da un punto di visto personale che da un punto di vista sociale. Echoes, come molti hanno scritto, è forse l’unico punto di contatto con il precedente album per la sua somiglianza con Golden Skank. Subito dopo una delle canzoni più belle del disco, The Same Space, dal tono apocalittico e allucinato con accelerata seguita da Surfing the void, molto più nervosa, caotica e comunicativa (Unable to explain anything/I span the sights of the lost connections/I see the dream within the dream/I'm letting go of my part in the story/As the word is and ever will be Hear the void scream inside me). Valley of the Calm Trees ricorda molto i primi Bloc Party senza perdere il loro stili ed è cosa buona; Venusia ha un intro molto editors ma poi prende una direzione piu in stile classico del gruppo. Se Extra Astroconomical ci regala ancora momenti di intervalli musicali che virano sullo space-punk, Twin Flames ha una forte basa pop, a tratti spaziale. Danzereccia (ma non pensate alla dance) ma con riff che ricordano molto i kasabian. Poi c’è il capolavoro dell’album ovvero Flashover, la più struttirata e la più folle, dove la voce si fa più urticante e i cambi di ritmo incalzano. A spezzare il ritmo interviene la più “tranquilla” Future memories, per poi concludere con la bomba ad orologeria Cypherspeed. Un disco nella top 5 dell'anno scorso.

THE CHAOS – FUTUREHEADS Il ritorno dei Futureheads segna decisamente un miglioramento rispetto all’ultimo album che non mi era tanto paiciuto. Disco veloce figlio dell’indie degli anni 2000 (Heartbeat song, Dart at the Map, Struck Dumb) ma con una decisa virata verso il power-rock-punk. E questa impronta la si può notare già dalla title track The Chaos e in altre canzoni come I can do that,  This is the life, Stop the Noise  . Citazione particolare  per Sun Goes Down, The connector e  Jupiter, la canzone che chiude il disco e decisamente la mia preferita dell’album ( i cambi di ritmo, il cantato, bel pezzo divertente). Insomma The Chaos è un bel disco disimpegnato e che intrattiene piacevolmente. 

PÓLÝFÓNÍA – APPARAT ORGAN QUARTET.  Secondo album per i polyfonia a 8 anni di distanza dal debutto. Il gruppo del compositore Johansson (che a inizio 2010 è uscito con uno splendido album da solista) sforna un delizioso album di elettro-rock con contorni indie (123 forever) non poco ispirato ai Kraftwerk. La progressione di cargo Frakt e l’affascinante loop cosmisco di Söngur geimunglingsins i momenti preferiti del disco
 

GRINDERMAN 2 – GRINDERMAN.  Ritorno per Nick Cave con Grinderman che con questo Grinderman 2 arrivano a quota due. Il primo album non l’ho trovato eccezionale ma mi è piaciuto e devo dire che anche questo non mi dispiace affatto. Con la follia di Nick Cave alla voce ed un suono esplosivo, agressivo e  rock ‘n’roll e rockeggiante  (nel senso classico del termine) più che mai, i Grinderman ci offrono un sound che difficilmente si trova in altri dischi. Questo lo si può comprendere già dalla cattivissima Mickey Mouse and the Goodbye Man, dalle distorsioni continue di Worm Tamer e dalla potenza trascinante di Heathen Child (con la quale si intravede una certa modernità del suono). When my baby comes è il punto di forza questo disco che vede prima una lenta progressione distorta con incursioni blues per poi erompere in un suono più duro e psichedelico. What I know è più tetra e dark e fa da apripista all’altra perla Evil sempre oscura ma con un ritmo decisamente più calzante  e la voce di cave che torna ad “urlare”. Ritornano le contaminazione blues con Kitchenette e un po’ anche in palaces of Montezuma (cantata quasi in stile dylaniano). Bellringer 8che riasusme un po’ tutto le atmosfere del disco) è la degna e potente chiusura di questo buonissimo Grinderman 2.


RENEGADES – FEEDER. Il ritorno dei Feeder che con la partenza di Mark Richardson hanno dovuto trovare un nuovo batterista. Questo disco che conferma quanto di buono sa fare questo gruppo, è caratterizzato soprattutto dalla predominanza delle chitarre elettriche ed un suono più incattivito e meno elaborato, nel senso che sembra esser stato composto d’impatto. E questo si può già intravedere dal primo pezzo White Lines che ha nel suono una carica hard-rock, anche se tutto sommato non è un gran pezzo. Ancor più potente la seguente Call Out che sembra una rincorsa continua fra gli strumenti. La title-track, che fa molto Green Day, delude un po’ , al contrario di Sentimental che sempre con una sferzata di energia e in maniera più elaborata riesce a risollevare le sorti del disco sinora abbastanza low - profile. E si prosegue alla grande con This Town che soprattutto all’inizio sembra riprendere i Queens of stone age. Anche Down to the river è un gran bel pezzo, la prima ballata del disco, in classico stile feeder. Sorprendente la successive e superveloce Home, incredibilmente intensa e dai riff duri.Un esplosione quasi punk è Barking Dogs. City in a rut affievolisce (per modo dire) il ritmo e per l’andamento cadenzato mi ricorda alla lontana alcuen canzoni dei rolling stones: una delle mie preferite del disco. Left foot right è un’altra esplosione punk, mentre Godehead dalle tinte oscure prende in prestito qualcosa dei primi oasis. Chiude il disco la scoppiettante The end. Insomma un bell’album, ma secondo me hanno fatto di meglio.

TRESPASSERS – KASHMIR. Traspessers sinora è per me uno dei migliori dischi del 2010. Questo gruppo alternative-rock ricorda tutto quando c’è stato di buono in giro negli ultimi anni, senza perderne di originalità (Radiohead, Elbow, Primi Coldplay, anche un po’ i Muse e quello stato di inquietudine dei Joy Division e i primi Editors) sia musicalmente parlando che per quanto riguarda la scrittura. Si parte con Mouthful of Whispers che mantiene quasi lo stesso ritmo per tutta la canzone ma che non toglie quel senso di angoscia e disagio con ritmo incalzante; poi c’è Intruder (sulla stessa linea d’onda della precedente) e poi si incontra una delle canzoni più belle del disco “Mantaray”, struggente e intensa; con Pallas Athena veniamo all’inizio quasi rassicurati, ma la fine del pezzo torna quello stato di inquietudine che pervade il disco. Si continua con la stupefacente (ma forse poco originale) Still boy per proseguire su toni drammatici e più dolci con “Bewildered in the city” e poi con Pursuit of misery, un altro pezzo doc che si caratterizza per i cambi di ritmo; “Tim has deserted us” risulta essere la meno interessante del disco (ma è pur sempre un bel pezzo). “Danger Bear” invece scombussola l’anima per i suoni inquietanti e drammatici (anche grazie alla presenza degli archi); siamo quasi alla fine con “The Indian” da annoverare fra i pezzi migliori del disco. Per me il disco finisce qui, ma sul web non è disponibile la Hidden track (e purtoppo nei negozi di dischi è introvabile, ma me lo procurerò). Un disco, una sorpresa, lo ascolterò molte volte.


TRANSFERENCE – SPOON. Gruppo della scena alternative che come I Kashmir (stranamente) non hanno mai sfondato ma continuano a sfornare ottimi dischi e questo Transference ne è la conferma. Who makes your money e Troubles come running fra le migliori dell'album.

WHO WE TOUCH – THE CHARLATANS. . L'anno scorso sono tornati anche i Charlatans con un nuovo disco in studio esattamente a vent’anni dalla pubblicazione del loro primo album Some Friendly. Lo stile è sempre quel brit-pop che non tramonta mai, ma rinvigorito da un suono più attuale e dei testi più che sufficienti. La prima traccia Love is ending rimanda ai suoni dei Dandy Warhols, mentre la seconda My foolish Pride ha il sapore un po’ più indie e più telefonato, in quanto manca di progressione. Bel pezzo acustico invece Your pure soul, una delle più belle del disco. Smash The system si mantiene su questo registro ma vira più verso un blur-style. Se Intimacy risulta l’episodio più sfortunato dell’album, la successiva Sincerity ridà vigore all’album con ritmo incalzante ed una ricarica di energia. Il miglior pezzo dell’album. Il disco torna ad atmosfere più intimiste con l’ottima e in crescendo Trust in desire. When I wonder riprende il filone blur. Un tocco di magia e atmosfera per le ultime due tracce Oh e You Can Swim che concludono degnamente un bel disco.

PERSONAL LIFE  - THERMALS. Mi ricordano un po’ i blur, un po’i dandy warhols e anche un po’ i feeder. Insomma una bella boccata di alternative. Niente si sconvolgente o di originalissimo però ci sono i testi, c’è la bravura e c’è un bel suono graffiante. Le mie preferite sono alone, a fool e power lies.

MEET ME AT THE MUSTER STATION  - PS I LOVE YOU.  Un altro debutto che non andrà nel dimenticatoio. I Ps I love you sono un duo canadese che dopo alcuni ep arrivano al loro primo album Meet me at the muster station con un suono alternativo frizzante, energico che è lo specchio degli ultimi 10 anni di musica ma che strizza anche agli anni 70, con una voce del frontaman capaci di salire e scendere senza mai infastidire. Non a caso dico questo perché il primo pezzo nonché title-track son 2:12 minuti che sembrano usciti da un disco dei rolling stones e rielaborati. Batteria prorompente nella successiva prorompente Breadends e anche nella successiva quasi epica 2012 dove però il suono si fa un po’ più indie e la voce sembra scemare fra gli struementi. E poi arriviamo ad uno dei miei preferiti dell’album: Cbez, un pezzo martellante dove Paul Saulnier ancora una volta (questa volta gridando con voce soffocata) si unisce in modo perfetto con gli strumenti, quasi ad aggiungersi ad essi. In Little Spoon si risentono le influenze seventies e fa ad apripista al pezzo più bello e particolare dell’album Butterflies and Boners con dei riff difficilmente dimenticabili. Così come è indimenticabile la succesiva scattered, una cavalcata di suoni con distorsioni finali lunga 3 minuti (che ricorda l’energia dei primi franz Ferdinand e i suoni e  dei Futureheads). Facelove, forse la meno interessante del disco, è un pezzo alla Feeder con ritmi più blandi rispetto alle precedenti canzoni. Get over (che riprende le sonorità di 2012 ma forse con un piglio più shoegaze nelle parti non cantate) e Me at the muster station (2) ( un pezzo totalmente shoegaze e in cui si risentono le influenze seventies soprattutto per il modo di cantare Jaggeriano) sigillano questo piccolo gioiello.

GONE FOR GOOD – MY JERUSALEM. Provengono da New Orleans e esordiscono in maniera ineccepibile. Album ben curato, cantato, suonato; un alt-rock-folk che insieme alla soave e suggestiva voce del cantante, e in alcuni pezzi l’uso di violini e di fiati, rendono quest’album, nonostante l’effettiva mancanza di originalità, uno dei miglior debutti dell'anno scorso . Sleepwalking e Proposition un tocco sopra le altre.

SEX WITH A X – VASELINES. Una band rock vecchio stile che torna dopo quasi 20 anni e che ha avuto i suoi momenti di gloria a cavallo fra glia nni 80 e 90. Questo disco è frizzante, pieno di energia e soprattutto cantato in maniera impeccabile garzie anche alla sintonia fra le due voci (maschile e femminile). Mischiano un suono tipico dei primi anni 90 con un indie-rock più leggero ed attuale. Ottime the sex with a x, the devils inside me e poison pen.

TOTAL LIFE FOREVER – FOALS. Il loro disco precedente non mi aveva molto entusiasmato. Anche se non era male. Invece questo total life forever mi ha preso sin dal primo ascolto. Anche loro (anche avendo una vena rock) son difficili da inquadrare  ma li potremmo collocare nella categoria rock d’avanguardia, con meno riferimenti al punk alternative e più strizzate d’occhio a una musica più sognante passando per il funk-rock. Quindi un album differentierispetto al precedente il cui unico anello di congiunzione è rappresentato dalla Title-track e da black gold. Molto suggestivo e particolare anche il singolo di lancio This Orient che mi ha ricordato avagamente un po’ i bloc party e un po’ una canzone dei Clor love+pain, non sapendo che uno dei componenti di quel gruppo fa parte del progetto Foals. Concludono il disco le mie due canzoni preferite dell’album ovvero Two trees capace di creare un’atmosfera unica  e what remains delicata all’inizio e un po’ piu tetra e urlata nel finale.

 

Nicola Orlandino



Miniplaylist (1 pezzo per ogni artista):


The Same Space  - Klaxons
Jupiter  - Futureheads
Cargo Frakt - Apparat Organ Quartet
Your Pure Soul - The Charlatans
Mickey Mouse and The Goodbye Man - Grinderman
Renegades - Feeder
Mouthful of Wasps - Kashmir
Who makes your money - Spoon
I don't believe you - Thermals
2012 - Ps I Love You
Sleepwalking - My Jerusalem
Sex with an X - Vaselines
This Orient - Foals



 


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