Magazine Cultura
Ivan “Melon” Lewis, piano
Antonio Cuenca, bass
Carlos Sarduy, trumpet
Ramón Porrina, cajón flamenco
Horacio “el Negro” Hernandez, batteria
Roma, 2012 03 27
Auditorium Parco della Musica
Sala Sinopoli
Preparando questa recensione sono andato a rileggermi quanto scritto su Outune (1) riguardo al concerto dello scorso maggio 2009. Cos'è cambiato, rispetto al giudizio superlativo di allora? So di deludere i fan di questa donna eclettica, meravigliosa, passionale, spericolata (Palma de Mallorca, 1972). Eppure questa sera c'erano un po' troppi eccessi, nell'aria. E, da critico scrupoloso quale provo ad essere, mi permetto di riportarne qualcuno.
Troppa sezione ritmica, troppa percussione (oltre all'inestimabile Horacio Hernandez e al bravo Ramón Porrina ci si è messo anche il buon Carlos Sarduy, deposta la tromba, a suonare le congas). Troppo rumore.
Poco "coro" negli scambi tra Concha ed il gruppo. Se vogliamo far capire al pubblico che "todo en la vida se paga" (è il caso di "Jodida pero contenta") allora la band deve essere più convinta, altrimenti la voce debordante della leader rischia di sommergere ogni cosa.
Troppa personalizzazione dei pezzi ("Nostaglia" era quasi irriconoscibile,). Troppa esasperazione, troppa lunghezza dei brani, troppi eccessi flamenchi, troppe lacrime, troppo teatro.
Solo in certi momenti (i migliori) lo show rallentava un po' di ritmo, a tutto beneficio della fruibilità dei gesti, delle parole (il castigliano è meraviglioso nel suo unificare parole e contenuto, forma e sostanza, solennità e lirismo). Ma spesso la parola, volutamente ripetuta, sfiancata, centrifugata, finiva per snaturarsi e perdere di senso (e forse, non a caso... "Se me escapan las palabras").
Per il resto Lei è sempre Lei. Bravissima, personalità da vedere, simpatia, spontaneità, una tecnica musicale, una percussione corporea, una vocalità fuori dal comune. Così i vari "Misery", "I dont't want to be lonely tonight", "Mi niña Lola" scorrono via in quella che è, comunque, una bella serata.
E' che, alla fine, ad una donna così riesci a perdonare, se non tutto, molto. Io, comunque, cara Concha, taglierei, ridurrei, affinerei. Se posso permettermi un consiglio: cercati un amico (o un'amica) che ti aiuti a salvarti dall'eccesso di te.
Marco Lorenzo Fausitni, 2012
(1) http://www.outune.net/livetune/concerti/concha-buika-auditorium-parco-della-musica-roma-25-maggio-2009/456
Buika è una delle artiste spagnole più originali di oggi. Nata nell’isola di Maiorca da genitori immigrati dalla Guinea Equatoriale, è diventata una vera rivelazione di quella musica che contamina flamenco, soul, hip pop, jazz, musica africana. Il suo disco El Ultimo Trago è un omaggio alla leggenda della canzone messicana Chavela Vargas a novant’anni dalla sua nascita. Registrato con il pianista cubano Chucho Valdés l’album ha vinto nel 2010 un Latin Grammy Awards come Best Traditional Tropical Album. Buika reinventa nel disco il repertorio della Vargas: Las Ciudades, Las Simples Cosas, Sombras e Luz de Luna sono alcune delle canzoni che la cantante messicana ha cantato alla Carnegie Hall di New York, al Luna Park di Buenos Aires, all’Olympia di Parigi o che hanno fatto da colonna sonora ai film di Pedro Almodóvar e Alejandro Gonzalez Iñarritu. L’amicizia di Buika con Chavela Vargas è iniziata con un incidente diplomatico a Madrid quando Chavela non permise a Buika di cantare con lei in un concerto. Dopo questo strano inizio le cantanti sono diventate amiche, tanto da far dichiarare alla Vargas che “Buika è una delle voci più personali e stupefacenti mai ascoltate in tanti anni”. Buika ha collaborato di recente alla colonna sonora dell’ultimo film di Pedro Almodóvar La Piel Que Habito.
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