Relazione di Giovanna Ferraiuolo Psicologa – Direttore scientifico Centro Studi Anziani di Basilicata
“Perché un Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni?”
Matera, 20 dicembre 2012
“Perché un Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni?”
Come riportato dall’U.E., “Perché troppo spesso l’invecchiamento viene percepito come una
minaccia invece che come una conquista, sia dai singoli individui che dalla società. Il numero
crescente di persone anziane viene visto come un onere a carico dei più giovani e dei
lavoratori. Eppure al giorno d’oggi si invecchia restando molto più in salute rispetto al passato.
E le persone più in là con gli anni hanno accumulato competenze ed esperienze preziose che
possono trasmettere ai giovani.”
L’Anno europeo mira a sensibilizzare l’opinione pubblica al contributo che le persone anziane
possono dare alla società attraverso la stipula di un vero e proprio “patto di solidarietà tra
generazioni”. Quindi invecchiamento attivo significa avere di più – e non certo di meno – dalla
vita quando si va su con gli anni, sia sul lavoro, che a casa, che all’interno della propria
comunità locale, senza riproporre queste tappe di vita come una fotografia sfocata di ciò che si
è stati prima. L’obiettivo è quello di trarre il massimo vantaggio dalle enormi potenzialità di cui
continuiamo a disporre anche se siamo avanti con gli anni. Per questo, l’Anno europeo 2012
promuove l’invecchiamento attivo in tre settori: Occupazione, Partecipazione alla vita sociale,
Autonomia.
I vantaggi non sono soltanto individuali, ma riguardano la società nel suo complesso.
In un contesto di crisi diffusa dell’economia di profonde trasformazioni demografiche di
quest’area (denatalità, allungamento della speranza di vita), basti ricordare l’ultimo censimento
ISTAT diffuso pochi giorni fa, l’invecchiamento attivo assume quindi un rilievo decisivo.
Pertanto gli esperti sono concordi nel definire prioritari tre ambiti di discussione:
Nel contesto della famiglia: è importante che i bambini e i giovani abbiano una visione più
positiva dell’invecchiamento, che abbiamo una diversa considerazione delle persone anziane
e che siano più coscienti del proprio invecchiamento. Inoltre, si sottolinea l’importanza di dare
supporto alle famiglie, mediante misure e risorse nella solidarietà intergenerazionale,
valorizzando il lavoro e le donne in questo ambito.
Gli spazi educativi: sembrano ideali per il passaggio di consegne da una generazione all’altra.
L’educazione intergenerazionale costituisce anche un complemento dell’attività educativa e
soprattutto un arricchimento per le persone anziane in termini di educazione ricorrente.
I servizi sociali: devono consentire una maggiore integrazione tra generazioni e sinergie che
permettano un miglioramento delle risorse, specialmente nell’ambito di quelle umane, a livello
di professionisti del settore, alle quali si richiede una preparazione specifica in questo ambito.
L’obiettivo è raggiungere una coesione maggiore a livello di comunità.
Nello specifico, analizzando la realtà odierna, si sono modificati la composizione della famiglia
e l’assetto sociale. Questo ha generato un maggior isolamento delle diverse generazioni per la
mancanza di occasioni di dialogo e una conseguente ghettizzazione: i giovani con i giovani, gli
anziani con gli anziani, i disagiati con i disagiati della stessa tipologia.
Alle persone “fuori” dai circuiti lavorativi non viene riconosciuto un ruolo definito, per cui la
situazione di “morte sociale” genera condizioni personali di solitudine e di mancanza di
identità. Per gli anziani il patrimonio di esperienze viene perduto e non rivalutato come risorsa;
i giovani, invece, hanno difficoltà a volersi mettere in gioco e quindi non conoscono le loro
potenzialità.
A tal fine occorre facilitare per i giovani le occasioni per costruire relazioni di fiducia fra le
generazioni e aiutarli a sviluppare il senso di appartenenza positiva all’ambiente in cui vivono,
valorizzando le loro motivazioni e capacità.
Per gli anziani, invece, occorre recuperare il ruolo attivo e partecipativo all’interno della stessa
società valorizzandone la “memoria storica”, le competenze e abilità maturate durante la loro
carriera lavorativa,la capacità di ridefinire le priorità dei valori, secondo principi di solidarietà
inter ed intragenerazionali.
La condizione ed i bisogni delle giovani generazioni e dei nuovi cittadini sono in rapido
cambiamento: stanno anche emergendo nuove fragilità e disagi evolutivi che, molte volte, a
causa del progressivo aumento delle condizioni di povertà e di disagio, sfociano in difficoltà
conclamate. L’attuale modo di considerare le persone in “categorie” (bambini, giovani, anziani)
e programmare interventi settoriali per ciascuna fascia di età ha portato alla mancanza di
comunicazione tra generazioni e a creare sovrastrutture relazionali.
Può essere incisivo soltanto un lavoro di prevenzione basato sull’incontro intergenerazionale
che possa favorire la “scoperta” delle rispettive esperienze e valori creando una società
inclusiva per tutti. L’intento consiste nel superamento del concetto della vita ripartita in “fasi”
per arrivare alla nuova concezione dell’esistenza come “Arco di vita”, intendendo il
superamento dello stereotipo delle classi d’età, una visione globale e fluida della vita umana,
l’accettazione positiva della parabola esistenziale e l’attivazione di strategie di educazione e di
accrescimento culturale permanente.
L’intergenerazionalità va intesa come cultura della comprensione, del rispetto e della
cooperazione fra generazioni e come valorizzazione dei patrimoni umani e storici delle diverse
culture, adeguandosi alle dinamiche di cambiamento della società.
Non dobbiamo però mai dimenticare che protagonista di ogni relazione è la persona umana, la
quale non desidera solo vivere, ma desidera vivere bene, vivere una buona vita: e come
singolo e come società, secondo la definizione di salute dell’OMS (benessere fisico, psichico e
sociale). Quando una nuova persona umana entra nella vita, trova già costituito un universo di
senso. Chi lo ha preceduto, l’anziano, il nato prima, ritiene necessario trasmetterlo,
solitamenente. Questa trasmissione, simile quasi ad un passaggio di consegne è ciò che
chiamiamo educazione. All’educazione è strettamente collegata la tradizione intesa come
l’universo di senso che viene trasmesso di generazione in generazione. È questa trasmissione
che costituisce il legame fra le generazioni, che lega una generazione all’altra.
Dott.ssa Giovanna Ferraiuolo*
* Psicologa – Direttore Scientifico Centro Studi Anziani di Basilicata
Il Centro Studi Anziani di Basilicata è associazione no profit finalizzata all’attività di ricerca
applicata in gerontologia sociale, ispirata da natura e metodo interdisciplinare. Tra gli scopi,
persegue la progettazione, l’avviamento e la gestione di attività culturali e di studio finalizzate
alla promozione del benessere fisico, psichico e sociale della persona adulta/anziana. Inoltre
promuove conoscenza relativa alle esperienze di gestione di servizi alla persona con
l’indicazione degli elementi di innovazione, sperimentazione, integrazione e valorizzazione
delle realtà territoriali di riferimento e adozione di buone prassi. Particolare attenzione è rivolta
ai cicli di vita con riferimento ai rapporti intergenerazionali.
Centro Studi Anziani di Basilicata – Istituto di Gerontologia Sociale
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