Il candidato che non c’è
E’ davvero bizzarro, ma in questo paese le bizzarrie sono la normalità, che alle prossime elezioni ci sia un candidato premier con nome e cognome ma senza uno schieramento chiaro che lo nomina come tale. Un candidato pronto a salvare disinteressatamente la Patria, già da lui nobilmente salvata una volta.
Un candidato che vuole rinnovare la politica salvo farsi nominare a elezioni fatte da un’accozzaglia indefinita di sostenitori. Ma tant’è, va bene ai moderati, va bene all’Europa e ha pure avuto la benedizione vaticana… Ci si potrebbe chiedere a cosa servono le elezioni se già lo scenario che si prefigura è quello della nomina del candidato che non c’è ma ci sarà. Il candidato in pectore, tanto per usare una terminologia consona al personaggio. Il candidato che non c’è e che non si sottopone al vaglio degli elettori, non ha un programma, ha un’agenda. Nella sua agenda si parla persino di patrimoniale naturalmente equa. Ma equa per chi? Per i ricchi lavoratori dipendenti possessori di una prima casa suppongo, gli unici a cui si possono chiedere soldi, gli unici che hanno un patrimonio certo e quindi tassabile. Si parla di lavoro flessibile, ovvero basta con queste assurde distinzioni tra lavoro a tempo determinato e indeterminato, basta con le contrattazioni nazionali, via un lavoro se ne trova un altro entro un anno al massimo! (Questo candidato non solo non c’è ma proviene evidentemente anche da un altro pianeta…) Nella sua agenda si parla di riforme elettorali, di controllo dei rimborsi e dei finanziamenti pubblici, di diminuzione dei parlamentari (ma la nuova politica avrà ancora bisogno di queste arcaiche Istituzioni?). Il candidato che non c’è si presenta come la grande novità della politica, e in effetti lo è. In nessun paese civile il candidato premier resta tra le quinte e appare solo a elezioni concluse. Sicuramente è un modo originale per sottrarsi al confronto democratico, per sfuggire i contendenti. Non ci sono, quindi non posso confrontarmi con l’avversario. Saranno i partiti che dopo le elezioni decideranno se e in che misura allearsi per creare una maggioranza che mi sostenga. Non sono il candidato di nessuno, nessuno mi elegge è il futuro Parlamento che mi vorrà. Se questo è l’avvio della Terza Repubblica ed è il nuovo che avanza stiamo freschi! Rinnovare la politica non significa saltare a piè pari le istituzioni democratiche, rendere inutili le elezioni e il parere del popolo. Questo è solo l’inizio di una dittatura dei poteri forti che si maschera con un sorriso e con parole nobili a cui però non seguono azioni altrettanto nobili. E quando un ministro si tura le orecchie ed esce dall’aula per non ascoltare le critiche a lui rivolte da un parlamentare forse qualcosa non va… Piuttosto che Berlusconi chiaro che qualsiasi cosa va meglio, ma sarei stufa di seguire il vecchio motto di Montanelli: turiamoci il naso e votiamo per il meno peggio… Decisamente tra l’Italia chiacchierona e una democrazia matura e laica come la Francia la differenza c’è e si vede.