2033: referendum nello spazio

Da Fishcanfly @marcodecave

N.B.: Questo discorso è stato tratto dalle Filippiche di Giunone. A parlare è Ennio Flavio. Correva l’anno 2033. Dieci anni prima dell’ultima guerra mondiale.

Amici.

Non sono venuto qui, oggi, in questa assemblea, a dirvi di votare SI o di votare NO. Si, perché non ho la presunzione di potervi imporre il mio punto di vista, e, in secondo luogo, rispetto la vostra libertà di scelta, anzi la formazione di quella libertà di scelta. Si, perché in merito al voto ho le idee ben chiare sul mio futuro di cittadino, ho il diritto, come voi, di informarmi, e ho il dovere di proteggere e tutelare l’interesse della collettività, perché nessuno di noi è solo o può essere lasciato solo quando parliamo di politica, quando parliamo del futuro dei più, quando parliamo di decisioni che ci riguardano per il presente e probabilmente per i giorni avvenire.
Noi dobbiamo essere in grado di capire che una decisione, la decisione del singolo, può influenzare una catena di eventi, determinare la realtà, modificare la Storia. Siamo forse dei morti che camminano? Ci limitiamo a respirare, ad essere pacchetti preconfezionati, dati di analisi di mercato, campioni per olimpiadi di consumatori. Noi ci illudiamo di consumare: in verità siamo consumati. E uno dei pochi strumenti a nostra disposizione per evitare di morire del tutto, è partecipare attivamente alla vita pubblica, sentirci parte attiva della società, dove tutti contano allo stesso modo, inter pares.
E se tutti contiamo, allora siamo responsabili, di quel tipo di responsabilità tale da determinare tutto. La responsabilità è passione, è essere padroni della vita quotidiana. La responsabilità non è qualcosa di astratto, non è un discorso vago, filosofico. Essere responsabili significa: prendere delle decisioni, accettare le conseguenze. Quello che facciamo fa la differenza, crea un precedente, modifica. Non dobbiamo mai chiamarci fuori: siamo sempre noi a decidere chi siamo (cit. waking life)

Ma in questo decidere chi siamo, quello che probabilmente abbiamo dimenticato, o rischiamo di dimenticare, non è il “senso della democrazia”, non è il senso della “partecipazione civica”. Questi sono effetti collaterali, secondari. Quel che veramente abbiamo dimenticato, perché i nostri cuori si sono induriti, e i nostri occhi si sono offuscati, è il senso della bellezza.

Privata della bellezza questa vita non può dirsi nemmeno vita.

E la bellezza è una concomitanza di fattori. Bellezza significa: poter vivere in un mondo giusto, in un paese pulito, fatto di onestà, fatto di valori che restano, significa poter vivere in un paese sicuro dal punto di vista ambientale e dal punto di vista istituzionale, poter vivere sapendo che i nostri diritti sono garantiti.

Ralph Waldo Emerson sosteneva che “per quanto viaggiamo in tutto il mondo per trovare ciò che è bello, dobbiamo portarlo con noi oppure non lo troveremo”. Perché in fondo la bellezza è in ciascuno di noi. La bellezza è democratica, è universale, è esercitabile, proprio come il voto.
E da quel voto può dipendere molto. Non astenetevi, non addormentatevi, non morite qui, adesso. Abbiamo bisogno di voi, di noi.

Perché come disse un tale “dire si a un unico singolo istante equivale a dire si all’intera esistenza”.

Votate, sciocchi



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