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La differenza tra scrivere e raccontare storie

Da Marcofre

la differenza tra scrivere e raccontare

In tanti affermano che scrivere sia la faccenda più semplice del mondo. Basta sedersi davanti allo schermo di un computer, pestare i tasti e seguire il flusso delle parole, alimentato dalla fantasia. Poi aggiustare un po’ qui e là, ed è fatta.
Mi sono fatto un’idea, a furia di pensarci: hanno ragione. Scrivere è la cosa più semplice del mondo e non ci vuole niente.
Io però racconto storie, o almeno ci provo.

Forze oscure sono in azione…

Certo, l’atto fisico è sempre lo stesso: tastiera del computer o carta e penna che sia.
Ma scrivere, e raccontare storie sono due faccende ben diverse. Credo che davvero tutti siano in grado di fare bene la prima (o abbastanza bene), mentre quando si cimentano con la seconda iniziano i problemi. Però di solito non se ne è consapevoli.
È vero: si tratta in pratica di sinonimi (anche se in realtà non esistono due parole uguali. Però non è il momento di affrontare l’argomento).
Ma è importante ricordare che in una storia come “Cattedrale” di Raymond Carver, o “Greenleaf” di Flannery O’Connor, ci sono in azione potenze sotterranee.
Direi oscure.
Certi autori (non tutti, si capisce), scelgono un percorso anziché un altro perché… Saperlo! Ma per semplificare il discorso, potrei spiegare che sono consci che c’è un mistero da qualche parte che si muove. E il guaio di chi racconta un certo tipo di storie è che occorre in qualche modo renderlo tangibile.

A caccia di fantasmi?

Quindi? Chiamiamo i ghostbusters? Fosse così semplice.
Per qualcuno potrebbe suonare allarmante, quasi un discorso paranoico:

Ci sono potenze oscure che agiscono dietro le quinte”.


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