Magazine Cultura

Fare scherzi al lettore, senza che il lettore se ne accorga

Da Marcofre

priamar savona area archeologica

Ricapitoliamo: questa è la seconda parte di un post che ho pubblicato un paio di giorni fa dal titolo “La chiave del successo? Capire il lettore, non scrivere quello che vuole”.
Una certa consapevolezza mi guida, e mi permette (almeno credo e spero) di avvicinarmi a quella sagomaccia di creatura chiamata “lettore” (o “lettrice”), per conquistare la sua fiducia. Io so bene che quella persona non è un marziano, e nemmeno una tabula rasa sulla quale riversare qualunque cosa. Lo stesso vale per me, quando ridivento lettore (parecchie volte durante la settimana).

Come ti intercetto l’UFO-Lettore?

Ma di sicuro chi prova a raccontare storie in un certo modo ignora cosa abbia in testa il lettore. Probabilmente, è abbonato a Netflix, Sky, e segue certe serie televisive (io no. Per chi scrive, la televisione è Satana in persona, e bisogna metterla ai margini di tutto). Legge un certo tipo di saggistica e narrativa e determinate riviste e giornali. Probabilmente ha un lavoro, è inserito in un preciso contesto, di cui è un perfetto olio lubrificante (anche se lui o lei inorridisce a questa idea, perché sogna di essere l’araldo di chissà quale futuro pieno di progresso. Ma è così. Sei parte dell’ingranaggio, bellezza).
A questo punto come intercetto l’UFO-Lettore?
Per il momento, metto in scena uomini e donne che se la passano male. Lo so che se mettessi in scena dei ricconi e delle riccone che si sollazzano, avrei la strada in discesa, ma io preferisco la salita.
L’idea di persone che perdono lavoro o che sono in difficoltà, permette di mostrare la realtà per quello che è: imprevedibile. Per anni qualcuno negli Stati Uniti ha giocato con i mutui, e a pagarne le conseguenze è un Sempronio di Garbagnate Milanese. Questo non piace a certa gente, perché vuole svagarsi, eccetera eccetera: ottimo. Vuol dire che sono sulla strada giusta!
E non piace anche ad altra gente, che vorrebbe la denuncia vibrante, potente. Il punto è che non mi interessa.
Ma andiamo con ordine.

Lo scherzetto di chi scrive

In seguito, racconto la storia: si capisce. E che dovrei fare? Sputare fuoco e mangiare spade? È ovvio che racconto la storia. Ma se finisce in un certo modo (qualcuno potrebbe dire: male), non è per il desiderio di spingere il protagonista verso la disfatta. Può darsi che arrivi la rovina definitiva, oppure no.
Quello che tento di fare è mostrare che qualcosa di importante, di significativo, si verifica. Non è detto che il protagonista lo colga. Non è nemmeno detto che io riesca nell’impresa.
So che questa specie di rivelazione, questa scoperta che c’è dell’altro, tocca soprattutto quegli esseri, le erbacce, sui quali nessuno investirebbe un euro.
Io mi immagino questo lettore o lettrice che sa, che conosce, che ha le sue idee e che sono, ovviamente, idee buone e giuste, eccetera eccetera. E che si trova alle prese con degli zoticoni, sì insomma, gente del tutto priva di letture e cultura “come si deve”. E che magari (cielo!), questa gente ha pure qualcosa da insegnare. Non perché ha letto qualcosa.
Ma perché ha intuito. Per colpa della rovina (o grazie a essa?) si ritrova nella condizione ideale di comprendere. Non è detto che sia particolarmente intelligente. Né ha viaggiato (ah! Quanto spalancano la testa i viaggi! Ecco, i miei personaggi credo che non abbiano mai viaggiato).
Non è la mente istruita quella che sa, o che capisce, che mi interessa (anche se la incrocio, e per la quale adotto certi stratagemmi); bensì quella che ha intenzione, partendo dalla realtà, di capire il mistero che c’è qui, ora.
Se e quando riesco a conseguire un simile risultato, ne sono contento. In fondo il messaggio che invio è:

Un’erbaccia qualunque può capire più di tutti i tuoi titoli di studio e di tutti i tuoi libri.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog