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2046, poetica ad immagini

Creato il 25 luglio 2014 da Nicola933
di Cinzia Carotti 2046, poetica ad immagini - 25 luglio 2014

2046-1Di Cinzia Carotti. Ricorre l’anniversario del capolavoro del maestro Wong Kar-wai, 2046, considerato una delle voci estetiche più alte del cinema contemporaneo. Rispetto al film precedente (e gemello di 2046), In the Mood for Love, assistiamo a una dissoluzione della struttura narrativa a scapito di una poesia ad immagini con un linguaggio sotterraneo per sua stessa natura muto (i dialoghi sono risicati, la voce narrativa fuori campo si presta a virtuosismi poetici e citazioni, talvolta forzate).

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Il successivo My blueberry nights (qui la nostra recensione) invece si inserisce in una trama ibrida fatta di prepotenti focus sulle avventure della giovane in una linearità filmica, tuttavia, gli episodi sono totalmente autosufficienti dal punto di vista narrativo. 2046, più di ogni altro film  di Wong Kar-wai, e’ un elogio al senso della memoria e del perché sia fondamentale raccontarla. Nella realtà la nostra memoria è frammentaria, priva di una forzata logica ed emotivamente segue un percorso individuale totalmente imprevedibile.

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Si può tranquillamente dire che la nostra memoria sia la parte che più ci lega alle nostre sensazioni, ai moti del nostro inconscio, e come tale l’unica in grado di svelare la nostra vera identità proprio perché non possiamo dominarla. Ricercare i ricordi perduti nel 2046 e’ rischiare tutto per rivivere i luoghi in cui la memoria ha radice.
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Siamo nel 1966. Hong Kong è sull’orlo della guerra civile. Il signor Chow (Tony Leung Chiu Wai), un giornalista e autore di romanzi, torna in città dopo essere stato a Singapore. E’ alla ricerca di Su Li-Zhen (Gong Li), un antico amore, e decide di alloggiare in un albergo periferico per isolarsi dai disordini. Risiede nella stanza con un il numero immediatamente successivo a quello che condivideva con Su Li-Zhen, la 2047. Il numero 2046 e anche quello della stanza dei due giovani innamorati di In the Mood for Love. Chow sta scrivendo un romanzo di fantascienza in cui un gruppo di uomini fa di tutto per raggiungere il 2046, luogo mitico in cui ritrovare i ricordi perduti e da cui nessuno e più tornato.Mentre alloggia in albergo ha una relazione con due donne in successione: la figlia del proprietario innamorata di un giapponese (Connie Bismuto) e Bai Ling (Monica Ward), una prostituta che si innamora di lui. Chow prova a sovrapporre i loro affetti rispetto al ricordo dell’amore perduto rifiutando di staccarsene e restando aggrappato a un costante, quanto quieto, dolore.
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Abbiamo uno stile virtuoso, solido, un contrappunto di musiche, colori, suoni che anticipano e raccontano i personaggi senza alcun tipo di narrazione verbale. E’ un dialogo ad immagini: inquadrature di sbieco, immagini riflesse nello specchio, quelle deformate sulle smerigliature dei vetri, carrelli morbidi  che permettono di assaporare e conoscere la peculiarità di ogni personaggio insistendo sui dettagli e i particolari. Le parole e i dialoghi che i personaggi si scambiano sono essenziali, smarriti  mai narrativi. Sono voci che nelle articolazioni basilari dimostrano l’assoluta incapacità di comunicazione degli stati d’animo più complessi.
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Gli amanti non hanno mai la stessa inquadratura, sono presi di spalle, di lato, non coincidono mai con lo spettatore che riesce a cogliere solo parziale movimento di tutta la scena. L’amore incomunicabile è l’essenza stessa dell’amore, una forza che spinge costantemente la speranza in grado di cogliere la complessità dei rapporti umani. Il 2046 è una destinazione – chiave in cui i segreti taciuti raggiungono le vene più segrete del mondo e entrano a farne parte. Se la sceneggiatura appare in maniera superficiale e debole rispetto ai film precedenti (e successivi!), a livello visivo e stilistico rasenta la perfezione.

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