21 MARZO: E' PRIMAVERA ed è LA GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA

Da Lalettricerampante
Oggi è venerdì. E già solo questo mi sembra un ottimo motivo per essere felici. Poi è anche il primo giorno di primavera (sebbene google con i suoi doodle abbia cercato di convincerci che fosse ieri). E, sebbene non abbia fatto chissà quale inverno rigido quest'anno, almeno non qui dalle mie parti, questo è un motivo ancor più ottimo per essere felici.E poi, ho scoperto anche che oggi è la Giornata Mondiale della Poesia:
Ogni anno si celebra la Giornata Mondiale della Poesia nel primo giorno di primavera.  Istituita dall'UNESCO in quanto si riconosce all'espressione poetica un ruolo privilegiato della promozione del dialogo interculturale, della comunicazione e della pace. (dal sito dell'Unesco)
Su questo blog nel corso degli anni di poesia non ho mai parlato. Perché di poesia contemporanea non ne leggo mai. Credo sia capitato solo una volta di recensire un libro di poesie, Orientarsi con le stelle di Carver, un piccolo capolavoro che vi consiglio e che mi è piaciuto perché in realtà in quelle poesie c'erano dei racconti. Ma a parte questo caso specifico, di poeti recenti praticamente non ne conosco nessuno. Mi fermo a Neruda, credo, con qualcosina anche di Prévert. Perché, forse sbagliando, quando penso alla poesia mi vengono in mente i grandi della letteratura italiana che ho studiato alle superiori. Foscolo, Leopardi, Montale, Quasimodo. Ci aggiungo anche qualche poeta della letteratura inglese, scoperto sempre al liceo o all'università. Insomma, per me, i veri poeti sono loro. Sono gli unici a cui riesco ad appassionarmi e di cui riesco a capire il vero significato delle poesie.E' un limite mio, e anche molto ampio, questo di non capire le poesie contemporanee. Un limite che però non riesco proprio a valicare. Non mi viene proprio voglia di leggere poesie contemporanee, di acquistare libri e raccolte o anche solo di provare a cercarle su internet. Amo i racconti, amo i romanzi, amo le parole chiare e nelle allusioni, nei versi, mi perdo. 
Ma non potevo, anche oggi, ignorare completamente la poesia qui sul blog. Quindi, per celebrare questa giornata, sono andata a prendere la mia vecchia antologia del liceo, l'ho sfogliata un po' e ho scelto da condividere con voi oggi una poesia di quello che rimane in assoluto il mio poeta preferito: Giacomo Leopardi. Mi è sempre piaciuto tantissimo e  la gita che i miei genitori, quando ero adolescente, mi hanno fatto fare a Recanati rimane una di quelle che ricordo con più entusiasmo.E quindi, miei cari, vi auguro un buon venerdì, un buon inizio di primavera e, soprattutto, una buona giornata mondiale della poesia, con il CANTO NOTTURNO Dl UN PASTORE ERRANTE DELL' ASIA:
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,Silenziosa luna?Sorgi la sera, e vai,Contemplando i deserti; indi ti posi.Ancor non sei tu pagaDi riandare i sempiterni calli?Ancor non prendi a schivo, ancor sei vagaDi mirar queste valli?Somiglia alla tua vitaLa vita del pastore.Sorge in sul primo alboreMove la greggia oltre pel campo, e vedeGreggi, fontane ed erbe;Poi stanco si riposa in su la sera:Altro mai non ispera.Dimmi, o luna: a che valeAl pastor la sua vita,La vostra vita a voi? dimmi: ove tendeQuesto vagar mio breve,Il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,Mezzo vestito e scalzo,Con gravissimo fascio in su le spalle,Per montagna e per valle,Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,Al vento, alla tempesta, e quando avvampaL'ora, e quando poi gela,Corre via, corre, anela,Varca torrenti e stagni,Cade, risorge, e più e più s'affretta,Senza posa o ristoro,Lacero, sanguinoso; infin ch'arrivaColà dove la viaE dove il tanto affaticar fu volto:Abisso orrido, immenso,Ov'ei precipitando, il tutto obblia.Vergine luna, taleE' la vita mortale.
Nasce l'uomo a fatica,Ed è rischio di morte il nascimento.Prova pena e tormentoPer prima cosa; e in sul principio stessoLa madre e il genitoreIl prende a consolar dell'esser nato.Poi che crescendo viene,L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempreCon atti e con paroleStudiasi fargli core,E consolarlo dell'umano stato:Altro ufficio più gratoNon si fa da parenti alla lor prole.Ma perchè dare al sole,Perchè reggere in vitaChi poi di quella consolar convenga?Se la vita è sventura,Perchè da noi si dura?Intatta luna, taleE' lo stato mortale.Ma tu mortal non sei,E forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,Che sì pensosa sei, tu forse intendi,Questo viver terreno,Il patir nostro, il sospirar, che sia;Che sia questo morir, questo supremoScolorar del sembiante,E perir dalla terra, e venir menoAd ogni usata, amante compagnia.E tu certo comprendiIl perchè delle cose, e vedi il fruttoDel mattin, della sera,Del tacito, infinito andar del tempo.Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amoreRida la primavera,A chi giovi l'ardore, e che procacciIl verno co' suoi ghiacci.Mille cose sai tu, mille discopri,Che son celate al semplice pastore.Spesso quand'io ti miroStar così muta in sul deserto piano,Che, in suo giro lontano, al ciel confina;Ovver con la mia greggiaSeguirmi viaggiando a mano a mano;E quando miro in cielo arder le stelle;Dico fra me pensando:A che tante facelle?Che fa l'aria infinita, e quel profondoInfinito Seren? che vuol dir questaSolitudine immensa? ed io che sono?Così meco ragiono: e della stanzaSmisurata e superba,E dell'innumerabile famiglia;Poi di tanto adoprar, di tanti motiD'ogni celeste, ogni terrena cosa,Girando senza posa,Per tornar sempre là donde son mosse;Uso alcuno, alcun fruttoIndovinar non so. Ma tu per certo,Giovinetta immortal, conosci il tutto.Questo io conosco e sento,Che degli eterni giri,Che dell'esser mio frale,Qualche bene o contentoAvrà fors'altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,Che la miseria tua, credo, non sai!Quanta invidia ti porto!Non sol perchè d'affannoQuasi libera vai;Ch'ogni stento, ogni danno,Ogni estremo timor subito scordi;Ma più perchè giammai tedio non provi.Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,Tu se' queta e contenta;E gran parte dell'annoSenza noia consumi in quello stato.Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,E un fastidio m'ingombraLa mente, ed uno spron quasi mi pungeSì che, sedendo, più che mai son lungeDa trovar pace o loco.E pur nulla non bramo,E non ho fino a qui cagion di pianto.Quel che tu goda o quanto,Non so già dir; ma fortunata sei.Ed io godo ancor poco,O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.Se tu parlar sapessi, io chiederei:Dimmi: perchè giacendoA bell'agio, ozioso,S'appaga ogni animale;Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s'avess'io l'aleDa volar su le nubi,E noverar le stelle ad una ad una,O come il tuono errar di giogo in giogo,Più felice sarei, dolce mia greggia,Più felice sarei, candida luna.O forse erra dal vero,Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:Forse in qual forma, in qualeStato che sia, dentro covile o cuna,E' funesto a chi nasce il dì natale. 

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