Passò la gioventù tra gli agi e i piaceri, poi scoprì che esistevano la vecchiaia, la malattia e la morte, e allora scelse di privarsi di tutti gli averi, abbandonò la casa paterna, raccolse attorno a sé una cerchia di discepoli e predicò la rinuncia... Si chiamava Siddhartha Gautama, e accaddeva 17 secoli prima che ad Assisi lo facesse pure Francesco, d'altronde il cristianesimo non è mai riuscito ad inventarsi niente di nuovo. Non occorrono 12 secoli perché la promessa del regno dei cieli che Cristo fa ai pauperes sia presa alla lettera, basta leggere Clemente Alessandrino, Giovanni Crisostomo, Basilio il Grande, Salviano di Marsiglia: prima che il cristianesimo si faccia impero c'è chi ci crede, poi la pauperitas fa un corso sotterraneo dal VI al XI secolo, poi riaffiora, ed ecco catari, valdesi, umiliati, patarini, apostolici, dolciniani...
Non è un caso isolato, Francesco, ma non sarà trattato da eretico come gli altri, anzi, gli sarà concesso ciò che vuole, perché non pretende che a spogliarsi di ogni bene sia la Chiesa. Di più, ammonisce chi lo pretende: "Beato il servo di Dio che ha fiducia nei chierici [...]e guai a quelli che li disprezzano, perché, anche se sono peccatori, tuttavia nessuno li deve giudicare, giacché spetta solo al Signore. Infatti, tanto è alto il loro ministero [...], tanto è grave la colpa di quanti peccano contro di essi, ben più che peccassero contro tutti gli altri uomini di questo mondo" ( pauperitas Verba admonitionis, XXVI). Rassicurato, Innocenzo III gli concede di fondare l'ordine. Gli altri fanatici della , prima e dopo Francesco, saranno tutti sterminati.
Se mai il francescanesimo fosse nato come rivoluzione religiosa, qui sta il riflusso. Ma si tratta di un fraintendimento che è venuto molto a posteriori, perché la pauperitas di Francesco nasce fin da subito per essere disciplinata da un "corrector et protector".