Ormai sono passati più di venti mesi da quando Bergoglio è stato fatto papa e qualche resoconto, anche solo alla buona, penso sia lecito farlo. Non già sul suo pontificato, però, perché è presto ancora, ma sulle reazioni che ha prodotto nel popolo dei tiepidi o degli indifferenti o addirittura dei sedicenti anticlericali, sì, ci è lecito. E allora occorre segnalare che, a fronte delle tante autorevoli teste di cazzo che al povero Ratzinger rinfacciavano un giorno sì e l'altro pure di grattarci quattro miliardi all'anno tra ottopermille, finanziamenti alle scuole gestite dai preti, riparazioni al campanile, sconti fiscali, eccetera, non c'è neppure una vocina, fioca quanto si voglia, che a Bergoglio chieda conto di come si concili tutta la sua retorica da poverello che si batte a mani nude contro Mammona e il continuare a intascare la sfaccimma della sfaccimma della sfaccimma di milioni e milioni di euro attraverso i canali di sempre. Vanno a intervistarlo, gli chiedono di tutto, ma a nessuno salta l'uzzolo di dirgli: "Santità, che fa, molla la presa sul pacco di soldi che continua a scorrere dalle tasche degli italiani verso la Cei e il Vaticano? E quando?". Né glielo chiede uno dei tanti che chiama al telefono, sarà che sono troppo coglioni per affrontare una questione tanto sgradevole o forse già sanno che di botto mancherebbe campo e la linea cadrebbe, e poi di che cazzo potrebbero vantarsi il giorno dopo? Ve lo immaginate Benigni? "Oh, Santità, la ringrazio, quanto onore ricevere i suoi complimenti per la mia catechesi laica. Già che ci troviamo, però, mi toglie una curiosità? Cosa le costa un motu proprio di due righe nel quale si legga: "dal giorno tot accettiamo soldi solo dal singolo fedele"?". Macché.
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