Ritengo insussistente la polemica della quale sono stati fatto oggetto i sei deputati radicali in relazione al loro sì all'arresto di Alfonso Papa: non c'è alcuna contraddizione tra l'essere contrari alla carcerazione in attesa di giudizio, considerandola ingiusta, e ritenere che all'ingiustizia non ci si possa sottrarre in forza di un privilegio. Per chi, come i radicali, è convinto che la legge ingiusta debba essere rispettata fino a quando non sia abrogata (sennò violata, quando materialmente possibile, ma autodenunciandosi, per sollecitarne la messa in discussione), non c'è affatto incoerenza tra la lotta per fare uscire dalle carceri italiane 15.000 individui che ancora non hanno subito una condanna e il voto in favore di un eguale trattamento per un deputato, loro pari, che, a parità di condizioni con chi è in carcere in attesa di giudizio, cerca di evitare di subire uguale trattamento. Non è solo in ossequio ad una mera questione di uguaglianza di tutti gli individui davanti alla legge, che pure non è da ritenere irrilevante, ma è soprattutto - almeno per i radicali - nel rispetto della coincidenza di forma e sostanza del diritto. Ogni rilievo critico rivolto in questi giorni ai sei, dunque, muove nella migliore delle ipotesi da un deficit di cultura del diritto.
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