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Creato il 24 novembre 2014 da Malvino
In premessa alla sua deliziosa Antologia apocrifa (Bompiani, 1978) Paolo Vita-Finzi afferma che per una efficace parodia letteraria è necessario innanzitutto individuare il «codice d’uso» dell’autore che si intende scimmiottare. Questa raccomandazione mi è tornata in mente nell’apprestarmi a scrivere un editoriale à la Ferrara, ispirato dal suo Quando la libertà è una procedura schifosa e comoda di annientamento (Il Foglio, 24.11.2014), pezzullo in cui il suo «codice d’uso» è più scoperto del solito, come capita a chi si segga dinanzi alla pagina bianca senza sapere di che cazzo scrivere e, per chiudere il pezzo in tempo utile, ricorra ai suoi più collaudati automatismi, meglio se su un tema già affrontato mille volte: ça va sans dire, qui, l’aborto, e usando i consueti frattali di perifrasi che per modulo hanno la geremiade dell’anziana signora sull’autobus («non c’è più religione», «chissà di questo passo dove andremo a finire», «questa non è libertà, è libertinaggio», ecc.). Tutto così scontato, in questo suo editoriale, che mi è sembrato si parodiasse da solo, sicché m’è passata la voglia di farlo io, tanto più che, sul mugugno che chiude il pezzo, l’anziana signora m’ha dato un brivido: «Ogni tanto mi sorprendo a sognare che questa libertà venga sommersa dal sacro islam, in mancanza di argomenti migliori. E non escludo, io che non ho una fede confessionale, che finisca proprio così, in uno scontro di assoluti in cui l’assoluto dell’io soccomba di fronte all’assoluto di Dio». Passi dar del debosciato al giovanotto che non le cede il posto a sedere, ma qui siamo al «le auguro di perdere le gambe sotto un treno» e al «ciu-ciuf, ciu-ciuf, ciu-ciuf» che dovrebbe farlo cagare addosso. Non è bello, ecco.   

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