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24° FCAAAL – Dal Cile MATAR A UN HOMBRE

Creato il 14 maggio 2014 da Masedomani @ma_se_domani

Jorge è una guardia forestale, un uomo mite che lavora tutto il giorno immerso nella natura per poi tornare a casa la sera, a guardare la televisione in famiglia. Vive a Tomé, una cittadina sul Pacifico a sud di Santiago, in un quartiere modesto e fino a poco tempo fa molto tranquillo; ora una banda di teppistelli al seguito di Kalule, un bestione quarantenne e pregiudicato, ha preso possesso dei giardinetti e la quiete è finita. Una sera Jorge viene aggredito e rapinato, insieme a pochi spiccioli Kalule e i suoi gli portano via il suo kit per diabetici: loro non capiscono nemmeno cosa sia, ma per lui è un oggetto indispensabile. Suo figlio Jorgito durante la notte esce di nascosto: 5.000 pesos dovrebbero bastare per riscattare il prezioso strumento. Ma qualcosa va storto e Kalule gli spara. Quando si rende conto di averla fatta grossa si spara a sua volta in un braccio, accusando il ragazzo, e a causa della falsa testimonianza dei suoi complici la Polizia non è in grado di dimostrare la verità. Kalule si accorda per una pena di 18 mesi per aggressione, ma promette di vendicarsi.

Photo: courtesy of 24° FCAAAL

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Due anni dopo Jorge e la moglie sono divorziati, Jorgito ha finito il liceo e guida un camion frigo, la figlia bambina è fiorita ad adolescente. E Kalule, scontata la sua pena, avvia la minacciata persecuzione. All’inizio lettere di insulti, piccoli danneggiamenti e sassate nei vetri, poi comincia a pedinare platealmente madre e figlia, infine chiude il ragazzo nel camion e lo malmena. La famiglia è terrorizzata, ma nonostante le ripetute denunce la Polizia non ritiene opportuno intervenire per fatti così modesti. Un venerdì Kalule e i suoi tentano di stuprare la figlia, che per fortuna riesce a fuggire. Ma il magistrato è via per il weekend, non si procederà fino a lunedì mattina: in fondo non è successo niente. E allora Jorge decide di agire in prima persona: più che un desiderio di vendetta saranno la paura e l’esasperazione a trasformare l’uomo tranquillo in un killer spietato.

Il regista Alejandro Fernandez Almendras - Photo: courtesy of 24° FCAAAL

Il regista Alejandro Fernandez Almendras
Photo: courtesy of 24° FCAAAL

Autore anche della sceneggiatura, il regista cileno Alejandro Fernandez Almendras ha lavorato su di un fatto di cronaca e ha avuto l’intelligenza di farcelo sapere solo con una scritta nei titoli di coda, permettendoci di seguire il crescendo del thriller senza quel demolitore di tensione che è di solito la scritta iniziale “tratto da una storia vera”. Da una storia vera, appunto, ha estratto un’opera morale in cui, come dal titolo, con grande semplicità analizza le difficoltà etiche di un archetipico uomo retto davanti alla necessità di difendere il suo bene più prezioso. Jorge vede una sola via d’uscita per “liberarsi dal male” e ripristinare l’armonia della famiglia, ma deve trovare in se stesso il coraggio e i mezzi per uccidere un uomo.
Poco importa che, pur avendo a disposizione molte dosi d’insulina – che come sanno tutti i fan di C.S.I. è irrintracciabile in autopsia – Jorge decida di eliminare Kalule e poi di liberarsi del suo cadavere in un modo complicato e macchinoso: probabilmente è andata proprio così. Scopo del regista non era mostrarci i fatti di sangue, che sono fin dall’inizio narrati o suggeriti, mai esibiti, quanto il cammino del protagonista nella sua riluttante discesa verso l’abisso. Un uomo solo, abbandonato dalle istituzioni, che sceglie di prendersi le sue responsabilità e non perde mai la sua dignità, esaltata nel riscatto finale. Apprezzabile anche l’idea di ambientare alcuni momenti di pausa nei boschi lungo il mare in cui Jorge lavora, con la bellezza della natura ad esaltare il contrasto con lo squallore e la tristezza del fatto di cronaca nera.

Oltre alla regia grande merito della riuscita del film va al protagonista Daniel Candia Caro, che presta al taciturno Jorge un corpo e un viso comuni, aumentando nello spettatore il disagio di una forte immedesimazione. E’ magnifico nella scena nodale, quando – armato ma terrorizzato – riesce finalmente a imprigionare il grosso e selvaggio Kalule, l’ottimo Daniel Antivilo, che per farsi liberare lo minaccia e insieme lo blandisce.

MATAR A UN HOMBRE ha alcune lungaggini e imperfezioni, non è un “grande film”: ma ha il merito di obbligare chi lo guarda a porsi delle domande fondamentali. E questo è stato apprezzato anche a livello internazionale, al punto che è stato premiato in alcuni fra i più importanti festival del 2014: Gran Premio al Sundance – presentato come TO KILL A MAN – e poi Miami, Cartagena, Rotterdam e in ultimo Lisbona.


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