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25 aprile 2013: quale liberazione?

Creato il 25 aprile 2013 da Postpopuli @PostPopuli
 

di Luca Moreno

Foto 1

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È del 25 aprile 2013 che vorrei parlarvi: perché il servizio peggiore che si può fare a questa storica data è quello di trasformarla in un evento del passato, quando invece è grazie ad essa che godiamo, oggi, della possibilità di convivere in una società basata sul rifiuto della violenza, che nel ventennio fascista fu strumento di una gestione autoritaria del potere. Una condizione obiettivamente positiva, la nostra, anche se talvolta ci appare compromessa. Il 25 aprile esiste poi nei nostri cuori, nelle nostre azioni, nelle nostre scelte, perché le nostre azioni, le nostre parole, le nostre scelte e anche il nostro diritto di contestare duramente chi non ci piace è figliolanza geneticamente diretta del 25 aprile.

Ciò che intendo dire è che, se non ci concentriamo sul fatto che l’esercizio concreto delle nostre libertà attuali deriva da un evento vivo e dinamico, trasformiamo il 25 aprile in una ricorrenza per anziani, per quanto rispettabili, e del tutto incomprensibile alle giovani generazioni. Il 25 aprile è tuttavia – per usare un termine utilizzato fino alla nausea in questi giorni – una “data divisiva”, perché, come è noto, vi è almeno un quarto della popolazione italiana che quella data proprio non la sopporta; e sicuramente una parte – per fortuna minoritaria – che addirittura la odia.

Anche in questo il nostro Paese si distingue dagli altri. La Destra e la Sinistra francese si riconoscono nella simbologia del 14 luglio 1789; così come Repubblicani e Democratici nel 4 luglio 1776; gli stessi Tedeschi hanno come patrimonio comune il rifiuto del Nazionalsocialismo; e gli esempi potrebbero continuare. Da noi non è così. Ciò per diverse ragioni. Innanzitutto perché la Destra italiana dimentica troppo frettolosamente quanto – sotto l’aspetto ideologico e culturale – la Destra Storica sia antitetica ai principi sui cui si fondò il Fascismo; una confusione gemella di una seconda semplificazione, che porta a credere che la Resistenza si configuri come un fenomeno pancomunista; vero e proprio falso storico, perché la Resistenza fu invece il terreno fertile nel quale si sviluppò l’esperienza del Comitato di Liberazione Nazionale, in cui erano rappresentate tutte quelle culture e forze politiche che in epoca repubblicana chiameremo “arco costituzionale”.

Foto 2

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Tuttavia le responsabilità di una data ancora oggi contestata le ritroviamo anche in chi la Resistenza l’ha poi gestita durante gli anni della Prima Repubblica. È vero che la componente socialista e comunista fu prevalente nella lotta resistenziale, ma è anche vero che vi fu uno scippo da parte delle medesime componenti, che fin dall’indomani del 25 aprile s’impossessarono del “marchio di fabbrica”, intestandoselo e mettendo così in ombra i contributi culturali diversi a cui prima facevo riferimento. Un fenomeno analogo, ma rovesciato, si è verificato nei confronti della Bandiera, dell’Inno nazionale, del concetto di Patria di cui per lungo tempo la Destra si è appropriata, rendendoli valori impraticabili alla Sinistra.

Per essere chiari: la cultura politica postbellica acconsentì a una sorta di divisione dei compiti, sulla base della quale alle opposizioni venne riconosciuto il compito di gestire culturalmente la vigilanza antifascista e alla Democrazia Cristiana e comunque alle forze non di Sinistra (che comunque si riconoscevano nell’antifascismo) il compito di governare. Fu un grave errore, perché in questo modo la Liberazione non riuscì a diventare – nelle menti e nei cuori – evento di caratura istituzionale, come invece avrebbe meritato; e così, da valore di tutti, fu declassato a valore di una parte, per quanto maggioritaria.

Un secondo errore fu quello di temere la ricerca storica indipendente – di cui ormai è molto ricca la bibliografia – che ha messo in luce come sotto il nobile mantello della Lotta per la Liberazione si siano compiuti misfatti, vendette e torbidi episodi, la cui rivelazione è stata interpretata come tentativo eversivo per distruggere la memoria della Lotta Partigiana. Ma fu un atteggiamento anch’esso sbagliato, perché nessun misfatto, nessuna vendetta, nessun episodio storicamente accertato o accertabile, per quanto torbido e per quanto esecrabile, potrà mai intaccare il significato fondamentale della Resistenza, che trova piena giustificazione in se stessa, nel suo assunto fondamentale, nella ragione per cui è nata; ragioni infinitamente più forti di qualsiasi contraddizione, di qualsiasi misfatto, di qualsiasi vendetta compiuta da chi ha sfruttato la Resistenza per fini personali.

I danni di questi equivoci si sono purtroppo perpetuati e hanno investito le generazioni attuali, nei confronti delle quali facciamo tutti fatica a difendere il 25 aprile come fatto – e qui torniamo all’assunto iniziale – dell’oggi e non come fatto del passato; come fatto di tutti e non come fatto di alcuni. L’opera di testimonianza è ovviamente semplice, per non dire scontata, nei confronti dei giovani che, per opinione politica, militano in tutto ciò che non chiamiamo Destra; ma diventa difficile nei confronti dei giovani che di Sinistra non sono, poiché per molti di questi ultimi il 25 aprile è un evento politico risucchiato nell’alveo nel dibattito contingente di schieramento, quando invece la sua natura originaria è prepolitica, nel senso che viene prima delle distinzioni ideologiche di cui legittimamente si alimenta il dibattito tra i partiti.

Foto 3

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È plausibile pensare che questo fallimento nel realizzare una condivisione a trecentosessanta gradi di un evento così centrale qual è il 25 aprile si iscriva in una problematica più ampia e più complessa, che comprende le difficoltà di un popolo di riconoscersi, dopo 150 anni, in uno Stato unitario; questione che, per ovvi motivi, non possiamo qui approfondire, così come richiederebbe, in una trattazione specifica, l’analisi dei rapporti tra Guerra Partigiana e Forze Alleate rispetto all’evento “Liberazione”.

Nella mia Storia della Città di Firenze – gentilmente ospitata da Postpopuli – vi sarà una parte dedicata al ruolo svolto dalla nostra Città; ruolo che fu centralissimo e di grande dignità, così come si potrà evincere dai fatti che, a tempo debito, descriverò trattando il periodo della Lotta di Liberazione contro il Nazifascismo.

Le foto qui riportate, tratte dal sito www.normandy.it, raffigurano rispettivamente:

Foto n.1 - Firenze 1945, la zona del Ponte Vecchio. Foto del Gabinetto fotografico della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici
Foto n.2 - Firenze 1944. Un soldato Britannico a Firenze. Foto dell’Imperial War MuseumFirenze
Foto n.3 - 3 agosto 1944: Kesserling sul Ponte Vecchio. Foto del Budesarkiv Koblenz

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