No, non è facile.
Non è affatto facile scrivere su un concerto che si aspetta da 9 anni.
Non è affatto facile scrivere del concerto di una delle proprie band preferite in assoluto.
Non è affatto scrivere riportando fedelmente le emozioni da me provate in quei magici momenti. Ma io ci provo lo stesso… e io sia dannato se questo post non lo porterò a termine.
Si narra che un bel giorno d’ottobre, dopo un’estenuante giornata passata in università, il vostro fido bardo E. si trovò a scorrere le news del sito Metalitalia.com e, come per incanto, lesse il seguente titolo: Rhapsody of Fire live in Italia.
Non sto a descrivervi nei minimi particolari lo stupore da lui provato nel leggere tale notizia, tanto è che pochi giorni dopo, e grazie a Ser Vlad (alias Mirko), aveva già in mano i biglietti per sé e la sua donna per il concerto della suddetta band che si sarebbe tenuto il 25 febbraio del 2011.
I giorni e le settimane passavano, e la gioia per avere finalmente i biglietti per quella che era una delle prime band che riuscì a toccarlo nel profondo del cuore si tramutò pian piano in silenziosa attesa mista ad indifferenza (dopo un po’ arrivò persino a dimenticarsi del concerto). Questo perché non voleva passare 4 mesi a consumarsi in un’attesa a dir poco logorante.
Ed ecco che, finalmente, arrivò il 25 febbraio…
Va ben dai, lasciamo perdere le narrazioni in puro stile medievale, ma quello che vi ho narrato fino ad ora è tutto vero. Forse è meglio che faccia una piccola premessa prima che cominci a raccontarvi di questo magico giorno.
I Rhapsody of Fire sono una band italiana che vede il suo esordio discografico nel 1997 con il magnifico album Legendary Tales. Fin dall’esordio possiamo cogliere, e non fare a meno di non ascoltare, la loro tendenza ad unire a sonorità legate al power metal molte parti orchestrali da tastiera e a creare, attraverso i propri testi, una vera e propria saga fantasy in pieno stile Signore degli Anelli. Le tastiere rimangono una loro costante nelle canzoni fino al 2004 quando, dopo aver raggiunto un buonissimo successo nazionale ed internazionale, danno alle stampe Symphony of Enchanted Lands pt. 2 – The Dark Secret, album in cui danno il via ad una nuova saga, legata comunque a quella conclusa con il precedente Power of the Dragonflame, e che denota una grande svolta nel loro sound. Infatti, per la gioia dei fan, le parti sinfoniche sono suonate da una vera e propria orchestra. Nel 2006 la band pubblicò Triumph or Agony, album in cui le sonorità del combo si ammorbidiscono ancora di più per lasciare maggiore spazio all’epicità scatenata dall’orchestra sinfonica impiegata nuovamente per dar vita a sinfonie sprigionanti una squisita magica nelle orecchie dell’ascoltatore. Da quel momento in poi un lungo silenzio accompagnò la band impegnata, a quanto sembra, con una causa legale in cui è coinvolta, oltre alla band, l’etichetta discografica Magic Circle di Joey De Maio (bassista della band Manowar). Finalmente, nel 2010, la band nostrana torna con lo stupendo album The Frozen Tears of Angels e l’ep The Cold Embrace of Fear, due ottimi lavori che costituiscono un grande ritorno nella scena mondiale grazie anche ad un tour mondiale per supportare questi due ultimi lavori.
Io cominciai ad ascoltare i Rhapsody of Fire nel 2002, grazie alla bellissima Emerald Sword (una delle canzoni che tutt’ora preferisco della band) e fu proprio allora che mi innamorai della loro musica.
E quindi eccoci qua, per parlare del loro ritorno sui palcoscenici italiani dopo una lunga assenza di 9 anni.
Sulla mia macchina eravamo io, Eleonora, Filippo e Margherita e ci seguivano a ruota Michele e Riccardo.
Il giorno tanto atteso è stato uno dei più belli in assoluto, anche dal punto di vista atmosferico; il cielo era terso come non mai e il sole scaldava le nostre iper-eccitate e per le quali scorreva un’adrenalina provata in poche altre occasioni (solo il giorno in cui conobbi quella che sarebbe diventata la mia fidanzata provavo una tale eccitazione). La strada fino a Bologna volò via che nemmeno me ne accorsi tanta era la voglia di vedere finalmente la band alla quale ero rimasto fedele per ben 9 anni.
Arrivati al parcheggio dell’Estragon rimasi letteralmente sconvolto dall’ampiezza del parcheggio, e io che mi preoccupavo per quell’aspetto. Notammo subito che i tour bus dei Rhapsody erano appena arrivati anch’essi e riuscimmo a vedere i membri della band mentre smontavano dal mezzo. Che emozione; provammo anche a chiamare verso di noi il cantante, ma ci parve che non ci avesse sentito. A quel punto ci ritirammo verso le macchine per mangiare un boccone da mandare giù con un sorso di buona birra.
Un’oretta dopo vedemmo che il bassista rhapsodiano, Patrice, era uscito dal locale per sollazzarsi un po’ sotto il sole che ci scaldava le membra facendo da contrasto al fresco e a tratti fastidioso vento che ci scompigliava i capelli.
Fatte le foto con Patrice, e soddisfatti di ciò, rimanemmo per un po’ ad aspettare che uscisse qualche altre componente della band. Dopo un’altra oretta fummo accontentati: ecco apparire Fabio Lione (voce) accanto al suo bassista. E anche con lui facemmo più di una foto e mi feci pure autografare la copia originale del loro ultimo album che mi ero portato appresso proprio per quello. Non vi dico l’incredibile contentezza che a quel punto pervadeva ogni millimetro quadrato del mio corpo; sarà banale da dire, ma ero proprio contento di essere riuscito a fare qualche foto con uno dei miei cantanti preferiti in assoluto. Non riuscimmo a beccare nessun’altro componente dei Rhapsody of Fire, ma andava bene così. Sentivo che l’essere arrivati alle 13 e 30 ne era valsa dannatamente la pena.
Verso le 17 ci appostammo davanti all’ingresso del locale per assicurarci un post tra le prime file. I cancelli aprirono solo verso le 20.20/20.30, e fino a quell’ora l’attesa era stata accompagnata da qualche birra e sigarette a volontà.
Entrato nel locale riuscii a prendermi un posto in seconda fila, davanti al palco, e pochi minuti dopo mi raggiunsero anche Eleonora, Filippo e Margherita. A quel punto l’eccitazione era a mille, ma riuscii a seguire con piacere, e a supportare pur risparmiando energie per l’entrata in scena della mia band favorita, anche i due gruppi di supporto (Vexillum e Visions of Atlantis).
Alle 22.30 i Visions of Atlantis salutarono il pubblico e la folla cominciò a chiamare sul palco la band italiana che tanto anno aspettato in questi 9 anni. Dopo venti minuti cominciò a risuonare dalle casse dell’Estragon l’intro strumentale Dar-Kunor (intro dell’album Triumph or Agony). L’adrenalina cominciò a scatenarsi tanto da farmi urlare all’impazzata quando l’intro finì e la band salì sul palco accompagnata dagli applausi e dalle urla del pubblico che riempiva il locale, che sembrava essere un’unica e palpitante massa di corpi umani stretti e sudati. Dopo pochi secondi cominciò il concerto vero e proprio con Triumph or Agony (traccia d’apertura dell’omonimo album).
Cantavo così a squarciagola che già a metà concerto mi trovai senza un filo di voce, e lì decisi di adottare qualche tecnica di respirazione per continuare a supportare a dovere il gruppo. Cominciai a respirare solo di pancia e a cantare di diaframma; non sono un professionista, ma la differenza l’ho sentita eccome: cominciò a uscirmi fuori un vocione che non mi aspettavo di avere e mi accorsi che riuscivo a usare l’aria che mi entrava nei polmoni nel modo corretto (o almeno ci provai).
Uno a d’uno i maggiori successi della band italiana continuarono a susseguirsi, Dawn of Victory, Holy Thunderforce, Unholy Warcry, Sea of Fate, Land of Immortals (solo per citarne qualcuno)ma il momento di pura estasi fu l’esecuzione di Lamento Eroico, traccia interamente in italiano che prese così tanto il pubblico che il nostro cantare era talmente forte che copriva in molti punti il cantato di Fabio. Non dico poi degli assoli di batteria e basso, dannatamente spettacolari.
Dopo la famosa March of the Swordmaster Fabio salutò il pubblico scendendo dal palco insieme al resto della band. Sapevamo tutti che non poteva finire così e, dopo qualche minuti di ininterrotto “Fuori! Fuori!”, ecco partire l’intro orchestrale della canzone Reign of Terror, masterpiece dell’ultimo album The Frozen Tears of Angels. Canzone eseguita alla perfezione, incredibile vedere come Fabio passasse tranquillamente dalle scream vocals al suo cantato pulito come se niente fosse. Pura e dannata estasi musicale.
Finita Reign of Terror il pubblico esplose in ovazioni, tanto da far sorridere di gioia e piacere tutti i membri della band. A quel punto Fabio si sporse dal palco e pronunciò le fatidiche parole «Ne volete ancora una?» e il pubblico in coro «Sì!»; soddisfatto di quella risposta pronunciò la domanda ancora una volta e la risposta del pubblico fu ancora più forte. Un sorriso di soddisfazione abbastanza sadico si dipinse sulla faccia di Fabio e fu proprio in quel momento che il cantante pronunciò la seguente domanda: «È per caso una canzone che si chiama Emerald Swooooooooooord?!».
Estasi delle estasi. La canzone che tutti aspettavamo con ansia.
Ero senza voce, ma chi se ne frega, mi lanciai in un canto assurdo e disperato. Non riuscivo a crederci, la mia canzone preferita ed io ero lì a vederli suonarla. 9 anni, 9 anni di fedeltà… e ne era valsa fottutamente la pena.
Finita la canzone dalle casse cominciò a farsi sentire The Angels Dark Revelation, outro di The Cold Embrace of Fear, la conclusione perfetta per coronare un concerto pieno di emozioni ed estasiante come pochi. Quando le casse smisero di emettere musica il pubblico cominciò ad inneggiare alla propria band preferita, e finalmente eccoli lì per salutarci sulla note di Sea of Fate in versione orchestrale. Applausi e urla a non finire, tutti concordi che quello al quale avevamo appena assistito era stato un concerto coi fiocchi e al quale avremmo voluto assistere ancora e ancora.
Finisce qui il mio racconto di quella incredibile giornata e devo ammettere che non è stato per niente facile riuscire a riassumere in un post tutte le emozioni provate da me. Posso solo dire che finito il concerto avevo dipinta in viso un’espressione che esprimeva un’assoluta pace ed estasi dei sensi. Non so se riuscirò mai a provare le stesse cose ad altri concerti perché, fino ad ora, è stato il migliore in assoluti al quale abbia mai assistito.
Posso dire solo questo, sperando che questa mia specie di report possa invogliarvi all’ascolto. Per quanto riguarda altri post a riguardo vi segnalo quello scritto da Filippo, mio compagno di concerto e cantante della band in cui suono (ringrazio Filippo ed Eleonora per le foto).
Per ora è tutto!
Ci sentiamo al prossimo post ;-)
E.