Copertina del libro “Eva e altri silenzi” di Barbara Giorgi – Copyright 2014
Il 25 novembre è la GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE. Questa data ricorda il terribile assassinio delle tre sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa) che si opposero alla dittatura di Trujillo nella Repubblica Dominicana, nel 1960. L’Assemblea Generale ONU ha stabilito così il 25 novembre come data ufficiale per sensibilizzare la società civile nei confronti del tema della VIOLENZA DI GENERE.
Da anni ormai vengono organizzati eventi in occasione del 25 novembre, in varie parti del mondo: si usa il colore rosso in ricordo del sangue versato nei femminicidi, si usano le scarpe rosse come simbolo-ricordo di tante donne che non ci sono più. Si parla, ci si confronta, si legge, ci si emoziona.
E tutto questo grazie all’IMPEGNO di TANTE DONNE (e UOMINI) che sentono questa battaglia contro la violenza di genere come un dovere sociale, civile, umano. Ma si tratta di persone che si impegnano ogni giorno dell’anno e non solo il 25 novembre.
Però io percepisco uno stridente contrasto.
Perché di fronte all’impegno di tante donne comuni, di operatrici antiviolenza professioniste, di giornaliste e blogger, di artiste ed artisti, di voci del sociale… io vedo una triste, tristissima assenza o pseudo-presenza dello Stato.
Quello Stato che tarda a produrre un LEGGE CONCRETA ED EFFICACE per il contrasto al femminicidio e alla violenza di genere.
Quello Stato che produce sentenze dove sul banco degli imputati vanno, prima di tutto, le vittime di violenza (ricordiamoci, per esempio, dello STUPRO ALLA FORTEZZA DA BASSO, di cui si è ampiamente parlato).
Sì. Percepisco uno stridente contrasto. C’è ancora tanto da fare.
Perché uno Stato che non rispetta le proprie CITTADINE, non è uno Stato civile. E sottopone le vittime ad una duplice violenza.
Il fatto stesso che non si riconosca la necessità della nomina di una MINISTRA per le PARI OPPORTUNITA’, fa capire quanta strada ci sia ancora da percorrere: per ora, c’è una Consigliera del Presidente del Consiglio per le Pari Opportunità, perché noi donne possiamo solo consigliare, non certo decidere sui fatti che ci RIGUARDANO IN PRIMA PERSONA.
In questo giorno, vorrei ricordare tanti nomi, tanti visi di vittime. Visi di donne morte ammazzate, ma anche visi di donne che oggi sopravvivono durante o dopo la violenza. Visi, esistenze, dolori. Quelle emozioni di cui racconto, tento di raccontare, nei miei scritti. Perché è l’unica arma che ho per combattere la battaglia contro la violenza di genere.
Concludo questa mia riflessione, riportando una parte del racconto “EVA“, tratto dal mio libro “EVA E ALTRI SILENZI”, 2014. E auguro… BUONA LOTTA A TUTTE!
“…Eva non osa alzare lo sguardo: sente un brivido lungo la schiena e un sudore freddo sulle tempie e intorno al collo.
Il suo respiro è breve e veloce, come dopo una lunga corsa: è come se le mancasse il fiato.
Improvvisamente, lui passa il suo braccio destro sul tavolo, aderente al piano, scaraventando sul pavimento ogni cosa.
Volano via i piatti, i bicchieri e le posate. La bottiglia del vino si frantuma rumorosamente contro la parete e quel liquido rosso schizza anche sulle tende. La bottiglia dell’acqua invece rotola lenta giù dal piano del tavolo.
Il cestino del pane finisce sulla credenza antica, intatto e leggero, mentre le briciole saltano via, volando giù come neve.
Il centrotavola, con le mele rosse e lucide, ruota su se stesso come una trottola. Poi cade chissà dove sul pavimento, perdendo parti di sé ovunque: le mele rotolano via veloci, come in cerca di un nascondiglio.
Lui adesso è in piedi, le va di fianco e la tira via dalla sedia: “tu fai ciò che dico io – le urla mentre le afferra entrambe le braccia, come in una morsa – tu fai ciò che dico io, senza fiatare!”
Ora il tono di voce è alto, molto alto.
I suoi occhi sono cupi e cattivi.
Lei ha il tempo di dire “ma io voglio…” e improvvisamente si ritrova stesa vicino a quelle vecchie macchie di sangue sul tappeto, quelle che aveva tentato di lavare con sapone di Marsiglia.
Forse ha battuto la testa.
Guarda il tappeto e sente uno strano dolore sul viso: lui le ha dato uno schiaffo o un pugno. Non lo sa. Non capisce. Sa che fa male.
E allora si ferma, immobile, tace, perché dopo un primo colpo potrebbe venirne un altro.
Si raggomitola tutta, si chiude come un riccio. Abbraccia strette entrambe le ginocchia e poi ci appoggia la testa, con la guancia sinistra dolorante.
“Se vengo a sapere che ti rimetti minigonne, se vengo a sapere che vai di nuovo al bar con quella, se vengo a sapere che ti comporti male, ti faccio a pezzi!” lui ora sta urlando a pieni polmoni.
Chissà se i vicini lo sentono.
Chissà cosa pensano.
Chissà se qualcuno sospetta che in quel bell’appartamento elegante, una donna viene presa spesso a schiaffi e pugni.
Chissà se a qualcuno gliene importa qualcosa.
Ma quella è la città dove tutti vivono felici…”
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IL MIO ULTIMO LIBRO, SU TEMI DI GENERE:
“EVA E ALTRI SILENZI” (2014): racconti e monologhi di donne su temi impegnati (violenza di genere, molestia sessuale, anoressia, pedofilia…). Il libro è dedicato alla grande e compianta Franca Rame, su autorizzazione della Compagnia teatrale Fo Rame.
Cartaceo:
http://www.mondadoristore.it/Eva-e-altri-silenzi-Barbara-Giorgi/eai978889114200/
Ebook:
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