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25. Stream of “postusness”

Creato il 10 giugno 2013 da Winston Smith @diariodiwinston

Prima del prossimo Ri-post volevo scrivere due piccole note riguardanti la vignetta del post precedente e la categoria appena creata “piccole vigne”.

Della prima ho da dire che è stata una reazione spontanea all’ennesima pubblicità di dentifrici scoperti in laboratori ultra-tecnologici e della guerra fredda che c’è fra le varie case produttive che combattono a suon di alitate profumate e sbrillucichii di denti brillanti, e della mia nuova proposta per la mentadent di utilizzare i tubetti di tempera a olio bianca come ottimo sbiancante che agisce al primo lavaggio (forse spiegata così è più chiara!).

Della seconda ho ben poco da dire se non ciò che ho già detto in precedenza: non sono un disegnatore/vignettista e non credo che lo diventerò… semplicemente in un momento della mia vita avrei voluto fare fumetti, e adesso sfogo quella parte di me che non è del tutto defunta e condivido alcuni dei miei scarabocchi senza alcuna pretesa se non la possibilità di strappare qualche sorriso (difficilmente probabilmente ci riuscirò) o indurre alla riflessione (cosa ancora più difficile, decisamente!). In ogni caso ogni tanto comparirà qualche nuova vignetta che poi potrete riguardare (magari per ridere di me) nella sezione “categorie” sulla destra…

Per capire come funzionano queste categorie, questo blog e tutto il resto a presso, è in fase di scrittura una nuova pagina di orientamento che troverete tra “Home” e “Mikipedia” (se non sapete cos’è Mikipedia questa è l’ultima volta che chiuderò un occhio, dopodiché assaggerete la mia ira!).

Detto questo vi lascio questo Ri-post-Elenco scritto il dicembre scorso, in cui proposi letture, film e pensieri vari…

1 dicembre 2012

Inizio a scrivere un nuovo post, che bella idea: lo avevo quasi abbandonato questo blog! Questo accadeva qualche millennio fa, quando ripresomi dalla pausa del blogger ho scritto tre righi e poi… sono ricaduto nel giro. Poi riprendo a scrivere, cercando di continuare da quei quattro righi lasciati qualche settimana fa, e mi rendo conto che riprendere un discorso senza provare le stesse sensazioni che si provavano mentre lo si scriveva, non è una miscela che funziona, come quando in Alchemy provi a unire Pinocchio e Uomo aspettandoti mastro Geppetto. Insomma avrebbe il sapore di una delusione, e la vita ne è già piena, e questo blog iniziava già ad assumere l’aspetto di Silent Hill prima che dessi il tocco finale con un post-zombie.

Dunque questo sarà uno stream of “postusness”, o un qualcosa di simile, dove farò alcuni riferimenti a cose viste, lette o ascoltate così come la mente me le suggerisce.

25. Stream of “postusness”
Il mio primo pensiero va al pensatore scoperto in una libreria durante uno dei miei viaggi di lavoro fatti a ottobre; sarebbe difficile descrivere l’incontro tra me e il libro, è stata una vera e propria attrazione magnetica. “Camminare”, di Henry David Thoreau (direste mai che si tratta di un americano?) è un libro che passa tra le mani dai miei amici da un po’ e che a dire il vero avrei una voglia di rileggere immensa. Le sensazioni che mi ha dato, le riflessioni che mi ha aperto, e quel modo di scrivere schietto e diretto… come potrei fare a non rileggere quelle quaranta pagine? Sono parole di un uomo che cerca di fuggire dalla società camminando nei boschi ogni giorno, e a scrivere di queste cose è chi le ha compiute e non un personaggio della fantasia. Thoreau meriterebbe un post soltanto suo e credo che lo avrà dopo che avrò letto qualche altro suo libro e riletto “Camminare” che ormai sta finendo nella zona dei libri letti che nella mente appaiono offuscati e poche parole ritornano alla mente.

Non so se capita anche a voi di ricordare il titolo e l’aspetto di un libro che vi è piaciuto particolarmente, ma poiché ne sono stati letti tanti altri nel frattempo di quel libro rimane soltanto una sensazione… forse è semplicemente l’età che comincia a farsi sentire.

“Balla coi lupi” versione integrale. Non ho mai visto la versione ridotta, ma non riesco a immaginare come sia possibile tagliare qualcosa da questo capolavoro. E’ il film perfetto da vedere quando la giornata sembra voler assumere gli aspetti di un sacco di patate pieno di cannoli siciliani ripieni di maionese lasciato in mezzo al deserto del Sahara con un orso polare che lo guarda distratto fumando una pipa. Quelle giornate che non vogliono avere un senso insomma*.

Polahara

Ciò che mi ha emozionato particolarmente è stato il finale. Non il finale inteso come scena finale, ma proprio la scritta che compare prima dei titoli di coda: guardare un film del genere per tanto tempo dà l’impressione di assistere a un mondo fantastico. L’America dei pellerossa, la natura selvaggia e quella civiltà così vicina ad essa. Ricordare a fine film che quella civiltà è esistita e che è stata distrutta mi ha fatto cadere improvvisamente nella cruda realtà. Mi ha spinto alle lacrime dopo che per quattro ore ho controllato le emozioni.

“Cast Away” o “Cosa non farebbe Bear Grylls in un’isola deserta” è stato un altro di quei film che visti dopo un’illuminazione divina, mi hanno lasciato come un bambino che uscendo dal cinema vuole fare le stesse cose viste nel film… solo che se un bambino vorrebbe imitare spiderman, voler vivere lontano da tutto e tutti per cinque anni potrebbe diventare una patologia. La scena migliore del film è decisamente quella in cui Tom Hanks resta da solo a casa dopo la festa di bentornato e accende un accendigas.

“e Mosè discese dal monte Sinai con due tavole di pietra con su scritti i dieci comandamenti  e con un rotolo che la leggenda narra fosse lungo otto chilometri. Di quel rotolo si è persa ogni traccia, fino ad oggi. Esso è stato infatti ritrovato, e sopra vi era una lunghissima scritta in aramaico antico che percorreva tutti e otto i chilometri di carta. La traduzione è quella riportata in questo post” (o per dirlo in parole profane, chiedo scusa per la lunghezza eccessiva, cercherò di parlare di una cosa alla volta la prossima volta).

*qui dovete permettermi questa parentesi… ho conosciuto tante persone con problemi di comunicazione, forse lo siamo tutti alla fin fine, ma quelli che posso tollerare di meno sono quelle che per non dar l’idea di parlare a scatti scelgono dallo scatolone degli intercalari quello che preferiscono e te lo ripetono a raffica per centinaia di volte facendo somigliare il discorso a una discussione con il telegrafo, o con un walky talky. 

Avevo una professoressa che per colpa di questo intercalare trasformava le sue lezioni in un: “contiamo quanti “quindi” dirà questa volta”. Mai potevo immaginare però che nello scatolone degli intercalari potesse esserci “insomma”… non vi descriverò le circostanze perché non la finirei più, ma come spesso accade, le persone con gli intercalari sono quelle che andrebbero ascoltate con attenzione e rispetto. Visto che non posso urlarlo alle persone interessate fingerò nella mia mente di farlo: “FREQUENTA quindi UN dunque CORSO DI insomma DIZIONE!!”…Ops


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