Lungi da me avanzare critiche alla prestigiosa équipe medica che ha assistito Pannella nella sua recente performance di body art: solo perplessità, ma tante.
Cominciamo col primo bollettino medico, che è delle 14,30 di sabato 15 dicembre, e nel quale si annuncia il ricovero di un tizio che afferma di essere "in completo digiuno per cibi solidi e liquidi" dalla mezzanotte di lunedì 10 dicembre. L'affermazione del tizio è più che implicitamente avallata, ma già il fatto che sia ancora vivo indurrebbe a qualche sospetto anche uno studente al terzo anno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Perché, passi per il cibo, dal quale un soggetto corpulento può astenersi anche per mesi, ma nessuno può sopravvivere alla totale astensione dai liquidi per cinque giorni e mezzo, tanto meno se si tratta di un ottantaduenne iperteso, per giunta portatore di cinque by-pass coronarici. Un evento prodigioso o il tizio mente spudoratamente? Con un'azotemia a 119 mg/dl e una creatininemia a 1,3 mg/dl, quale delle due ipotesi è più verosimile? Si tratta di valori senza dubbio al di sopra nella normalità, anche se non di molto, ma non dovrebbero essere drammaticamente più alti dopo cinque giorni e mezzo di astensione da cibi solidi e da liquidi?
Il bollettino medico non rileva alcunché di eccezionale, solo "un quadro di insufficienza renale acuta". Secondo il criterio comunemente impiegato in semeiotica clinica (Rifle) non siamo neppure al livello più basso di rischio, che si ha con un valore di cretininemia di una volta e mezza la norma (0,7-1,4 mg/dl), ma si sa che esagerare un pochetto la gravità del quadro clinico può tornare utile a distogliere un soggetto dall'azzardo di un comportamento dissennato, e qui siamo in presenza di chi accetta il ricovero, però rifiuta ogni consiglio ed ogni cura: non varrà la pena di star troppo a sindacare, anzi, diciamo che, se si è calcata un po' la mano, è stato per lodevole intento.
Resta il fatto che il tizio "afferma di non poter riprendere l'assunzione anche solo di liquidi poiché non ritiene che esistano le condizioni minime necessarie per poterlo fare" e che "le attuali condizioni sono destinate ad aggravarsi rapidamente in mancanza di una immediata ripresa dell'idratazione e comportano rischi elevati di complicanze ulteriori, anche irrimediabili". Anche qui non poche perplessità, perché, "qualora abbia avuto prova di sfiducia da parte della persona assistita, il medico può rinunciare all'ulteriore trattamento" ( Codice di Deontologia Medica, art. 28): rifiutare l'assunzione di liquidi, che qui il medico ritiene indispensabile ed urgente, non dà prova di sfiducia da parte dell'assistito? Nessuna critica, ripeto, tanto più che in questo caso la rinuncia all'assistenza è facoltativa. Non solo, perché, "quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi, il medico ha il dovere di informarla sulle gravi conseguenze che un digiuno protratto può comportare sulle sue condizioni di salute", ma "non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale nei confronti della medesima, pur continuando ad assisterla" ( ibidem, art. 53). E tuttavia le perplessità restano, perché in questo caso il rifiuto di nutrirsi ed idratarsi non si ha lungo il decorso di una patologia alla quale il medico è stato chiamato a porre rimedio, ma è la causa stessa della patologia. Fuor dal monitoraggio delle condizioni dell'assistito, insomma, non è affatto chiaro il ruolo che il medico è chiamato a svolgere in un caso come questo: sta dinanzi a un quadro clinico drammatico che è lo stesso assistito ad aver realizzato, e volontariamente aggrava, contro ogni qualificato parere contrario. Il paragone più benevolo è quello del medico che assista un praticante di uno sport estremo e nel corso di una prova particolarmente rischiosa debba constatare il rifiuto opposto alle sue prescrizioni miranti ad evitare il peggio, e tuttavia lascia perplessi il fatto che per una qualsiasi attività sportiva sia necessario un certificato medico di idoneità: quale medico si prenderebbe la responsabilità di assistere un soggetto in una prova atletica particolarmente rischiosa dopo averlo giudicato non idoneo a espletarla?
Tutte queste perplessità si ripropongono - più pressanti, se possibile - col secondo bollettino medico, che è delle 12,00 di domenica 16 dicembre: "Gli esami ematochimici sono sostanzialmente invariati rispetto a quelli di ieri sera", "si conferma ovviamente l'elevato grado di rischio di compromissione della funzionalità renale", "si ribadisce il pressante consiglio quantomeno a consentire l'inizio di una terapia reidratante per via endovenosa", che l'assistito continua a rifiutare. Continua a farlo anche il giorno successivo - a voler credere a quanto egli afferma, sarebbe il settimo di totale astinenza da cibi solidi e liquidi - ma gli esami rimangono pressoché immodificati. Siamo dinanzi al miracolo, direi.
Unica novità: la presenza di cilindri, proteine e corpi chetonici nelle urine. Nel bollettino medico non è specificato in quali quantità sono presenti, ma vengono descritti come "elementi di sofferenza renale grave". È evidente, dunque, che debbano essere presenti in elevata quantità, perché in misura minore sono presenti nelle urine di quasi tutti i soggetti anziani, soprattutto se ipertesi. Nulla consente di dubitare che cilindri, proteine e corpi chetonici siano abbondantissimi e che dunque indichino una sofferenza renale grave, ma allora come interpretare i valori relativamente buoni di azotemia e creatininemia? Sì, siamo davvero al miracolo o per lo meno al caso clinico straordinario, di quelli che ci si affretta a comunicare alla comunità scientifica internazionale. Sarà fatto? Me lo auguro, per amore della scienza.
Qui, però, assistiamo ad una svolta, perché, anche se "i sanitari hanno illustrato nuovamente al paziente i rischi elevatissimi ed imminenti di complicanze gravi", "l'onorevole Pannella non ha accettato di sottoporsi alle terapie proposte" e, "nonostante il parere tassativamente contrario dei medici curanti", alle 17,00 decide di lasciare la clinica. Si sarà reso conto solo al terzo giorno di ricovero che la degenza costa 520 euro + Iva a notte? Non sappiamo. Sappiamo solo che finalmente il collegio medico si sente esposto "a problematiche giuridiche e deontologiche assolutamente rilevanti". Non prima, solo adesso.
Si fa largo un'altra perplessità: non potendo idratare l'assistito contro la sua volontà, che differenza fa che sia ricoverato o meno? Ancora: a quali problematiche giuridiche e deontologiche viene a esporsi il collegio medico cui prima non era esposto? Domande che rimangono senza risposta. Scervellarsi? Lasciamo perdere.
Passano poche ore e c'è un'altra svolta: Pannella fa ritorno in clinica. Dice di aver mangiato alcune caramelle, non sappiamo quante, ma afferma di non aver ingerito liquidi. Siamo al settimo giorno di astensione totale da liquidi e da cibi solidi, se si fa eccezione per le caramelle, ma azotemia e creatininemia rimangono sostanzialmente immodificate. E qui onestamente il miracolo si fa buffo, e buffissimo il giorno dopo: al persistere dell'astensione dal mangiare e dal bere, l'azotemia ha un lieve decremento e la creatininemia solo un lievissimo incremento. Prodigioso, invece, è l'ematocrito, che è al 50%, praticamente nei limiti della norma, che nel maschio è tra il 40,7% e il 50,3%, dopo otto giorni senza toccare acqua.
Arriviamo al nono giorno e finalmente Pannella accetta due o tre flebo di soluzione fisiologica per un totale di 1.750 cc. Il bollettino medico è ancora più avaro di risultati laboratoristici, sappiamo solo che la diuresi è ancora assai contratta e questo fa mettere in conto l'eventualità di praticare un'emodialisi, che solitamente è praticata quando la funzionalità renale è ridotta al 10-15% della normalità. Siamo vicino a questo limite? In tal caso dovrebbe esservi stato un drammatico innalzamento della creatininemia in meno di 24 ore, ma non se ne fa cenno, dunque è probabile non ci sia stato. E infatti con altre due o tre flebo - siamo a 2.750 cc - Pannella riprende a far pipì per la gioia di chi lo ha a cuore. Continua il suo sciopero Deo gratias, il giorno dopo - giovedì 20 dicembre - beve anche qualche bicchiere d'acqua, mentre il giorno prima ha mangiato un numero imprecisato di mandarini. E tuttavia tiene a precisare in un comunicato che "totale" della fame e della sete, però di tanto in tanto mangiucchia e bevicchia: con questo criterio potrebbe anche affermare che tra un sigaro e l'altro ha smesso - "per sempre" - di fumare. "l'azione di sciopero totale di fame e sete resta in corso": impossibile capire cosa debba intendersi per "totale" dopo che ha mangiato caramelle e mandarini, assumendo una mezza damigiana di acqua, in parte per via endovenosa e in parte per via orale.
La perplessità, qui, non sta nelle dichiarazioni di Pannella, che ormai ci ha abituato a questi stupri della logica, ma nell'avallo che ancora una volta è dato dall'équipe medica che continua ad assisterlo. Infatti, nel bollettino medico delle 16,30 di venerdì 21 dicembre 2012 si legge: "prosegue il completo digiuno per cibi solidi e liquidi". Per impedire alle perplessità di farsi sconcerto, lasciamo perdere e passiamo ad altro. Per esempio, all'aspetto teorico-pratico di quella che è stata presentata come azione nonviolenta, in linea con l'insegnamento gandhiano fatto proprio dai radicali e in primo luogo da Pannella.
Si è detto - l'ha detto Pannella e in tanti gli hanno fatto il piacere di ripeterlo come fosse vero - che questo sciopero della fame e della sete avesse come fine un'amnistia. Niente di più falso: fin da subito Pannella ha dichiarato che la sua performance era sulla falsariga di quella che condusse nel 1976 e che riuscì a reclutare un centinaio di vip in favore di una esposizione mediatica che riuscì a fruttare al Partito Radicale l'entrata in Parlamento. Ed è qui che c'è una prima significativa differenza con la pratica gandhiana della nonviolenza: l'azione non aveva come fine la dissuasione dell'avversario, ma l'impegno dei simpatizzanti d'un certo prestigio a prestare il proprio nome per le liste radicali.
Pannella mirava a nomi importanti, in primo luogo a Roberto Saviano e a Vasco Rossi. Il primo ha garbatamente declinato l'invito e il secondo ha fatto finta di non sentire. I pochi che hanno aderito - giusto per citare i più noti, Edoardo Bennato, Paola Turci e Luigi Amicone - rispondono allo scopo? Se "prosegue il completo digiuno per cibi solidi e liquidi", evidentemente no. Fino alla chiusura dei termini per la presentazione delle liste elettorali, insomma, dobbiamo aspettarci un supplemento di agonia, ma intanto, mercoledì 26 dicembre, annuncia che per due o tre giorni interromperà il suo satyagraha, mangerà e berrà, e tuttavia insiste: l ' azione nonviolenta prosegue.
Con l'unica ironia in mezzo a tanti sarcasmi, Guido Tricarico ha evidenziato un dato di coerenza con la pratica gandhiana: "Gandhi è stato chiaro: "Giacché il satyagraha è uno dei più potenti metodi di azione diretta, un satyagrahi deve esaurire tutti gli altri mezzi prima di ricorrervi" (Young India, 20.10.1927), e negli ultimi due anni Pannella li ha esauriti tutti: due pellegrinaggi a Palazzo Grazioli, una serie infinita di dispettucci parlamentari ed extraparlamentari al Pd, una strizzatina d'occhio a Monti, uno stalking serrato a Napolitano, disperate serenate a Saviano, braccia tese a Cl e alla Cei, poi ha finito persino per offrirsi a Grillo, pardon, lo ha visto impreparato nella gestione di quella proprietà privata che qui da noi si è soliti chiamare partito-non-partito e gli ha offerto la sua ultracinquantenaria esperienza. Niente, sempre più isolato. Sempre più incazzato, dunque. E coi suoi che cominciavano a mugugnare in modo sempre più imbarazzante. Non rimaneva che il solito sciopero della fame, anzi, visto che a quello nessuno fa più caso, sciopero della fame e della sete. Serve soprattutto a sedare i malcontenti interni" ( Giornalettismo.com).
Tutto giusto, ma nella pagina gandhiana citata c'è scritto pure che, "quando si fa ricorso al satyagraha, non si ha più possibilità di tornare indietro": "la ritirata non è concepibile e il solo movimento possibile è quello in avanti", altro che caramelle e mandarini, altro che brindisi in onore a uno Schifani che ti viene a far visita. Gandhi, infatti, scrive: "In altre lotte, anche giuste, all'inizio ci si pone un obiettivo un poco più alto di quello desiderato in previsione di un futuro ripiegamento, e quindi la legge della progressione non può essere applicata a tutte le lotte giuste senza eccezione. Ma il satyagrahi non teme nulla e affronta la lotta con la fiducia che il satyagraha lo aiuterà a resistere contro tutte le avversità".
Forse è questo che costringe Pannella a negare l'evidenza e ad affermare contro di essa che lo sciopero della fame e della sete è "totale" fin dall'inizio: dovrebbe ammettere che la sua lotta non ha alcuna parentela con la nonviolenza, ma ha stretta analogia al ricatto che fa leva su un senso di colpa.
I toni sono duri, ma Tricarico ha il pregio della sintesi e dunque riporto un altro brano del suo articolo, perché mi pare faccia luce sul senso di colpa sul quale Pannella fida di poter contare: "Questo suo darsi per moribondo ha sempre funzionato, d'altronde la messinscena ha meccanismo perfettamente collaudato, comprimari e comparse si muovono a dovere, e poi - la cosa più importante - il pubblico adora il lieto fine in replica. Si tratta di un ricatto, ovviamente, ma evidentemente i ricattati hanno il loro tornaconto nel cedere, e non va avanti così da decenni? Tra Pannella e il Regime c'è un rapporto di odio-amore, sono necessari l'uno all'altro, si schifano e si coccolano a vicenda, d'altra parte siamo il paese in cui ci si sgozza a colazione e si va a cena insieme. Così, quando Pannella si leva quelle cravatte da magnaccione anni '60 e si mette in quel tuttonero che lo sfina tanto, non sono proprio i suoi più acerrimi nemici a muoversi a pietà? Perciò il ricatto funziona sempre: sanno bene che non fa sul serio, ma anche loro, come lui, conoscono bene il paese, sanno che ad accontentarlo lo terranno buono per un po', così smette di scassare la minchia e per qualche tempo si dà al transnazionale, scialacquando quello che ha scroccato in biglietti d'aereo e camere d'albergo, eventualmente di cliniche private dove le suore ti trattano meglio dell'Eluana. Poi, quando la grana comincia a scarseggiare, rieccolo... Va avanti così da decenni, senza dubbio Pannella è il più creativo dei parassiti che vivono grazie al denaro pubblico. Già sappiamo come andrà a finire, dunque, è una fiction che abbia già visto mille volte. Noiosa, ma rassicurante, la conferma che il tempo si è fermato a quando Pannella minacciava di ammazzarsi e noi avevano ancora i pantaloncini corti" . Irriverente, senza dubbio, ma poi così lontano dal vero?