L'intervento del ministro in commissione alla Camera su disegno di legge.
Presidente Realacci, Onorevoli Deputati,
vi ringrazio per l’opportunità di essere presente e intervenire in Commissione Ambiente, che affronta un disegno di legge di importanza strategica per il nostro Paese, quale è quello sul Consumo del Suolo.
Uso il termine “strategico” perché ritengo che ogni programmazione, penso a quella che stiamo attuando nel contrasto al dissesto idrogeologico, ma più in generale ogni pianificazione che riguardi da vicino le città, le aree rurali, il territorio pianeggiante e montano, le coste, possa trovare in questo decreto un punto di snodo di molte evidenti criticità.
Il consumo del suolo rappresenta, come è noto, un problema reale per l’Italia, dalle dimensioni preoccupanti.
Ricordo a me stesso ed a voi i noti dati Ispra, che ci dicono come, pur segnando un rallentamento negli ultimi anni, il consumo del territorio continui a crescere in modo significativo. Ogni secondo questo Paese ha perso negli ultimi anni, e continua a farlo, tra i 6 e i 7 metri quadrati. Parliamo di una cifra enorme: il 7% circa del suolo nazionale. In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato irreversibilmente circa 21.000 chilometri quadrati e che il 50% del nostro Paese ne subisca indirettamente gli effetti.
In generale, sempre per rifarmi all’ultimo rapporto Ispra, i dati dei comuni principali presentano, in questa poco positiva graduatoria del consumo di suolo, percentuali decisamente più elevate rispetto al resto del territorio: una conferma della situazione complessa di alcune nostre città, dove lo spazio comunale consumato supera anche il 50% della superficie amministrata.
Il nuovo consumo di suolo ha inciso prevalentemente sulle aree agricole e, in particolare, quasi il 60%, tra il 2008 e il 2013 è avvenuto a discapito di aree coltivate. Il 22% ha riguardato aree aperte urbane e il 19% del consumo di suolo ha distrutto, per sempre, aree naturali, e deturpato una parte non irrilevante delle coste italiane.
Questo utilizzo sfrenato della risorsa suolo, che rende più fragile il nostro Paese e più insicura la vita dei cittadini, comporta un costo ambientale evidente e anche una conseguenza di cui non ci rendiamo subito conto, ma che è assolutamente cruciale per il nostro Paese: quella di incidere in modo significativo sulle emissioni inquinanti.
L’Italia e l’Europa saranno tra poche settimane a Parigi per la Conferenza delle Parti sul contrasto al surriscaldamentosurriscaldamento
Raggiungimento di temperature critiche. globale, la cosiddetta Cop21. Ci arrivano avendo fissato obiettivi molto elevati, che nel caso della riduzione delle emissioni fissano una riduzione del 40% entro il 2030.
Ebbene, il contrasto al consumo del suolo è anche un viatico prezioso per il rispetto di quegli elevati target che devono costituire la base dell’accordo di Parigi e dell’economia di domani, se è vero che 5 milioni di tonnellate di carboniocarbonio
Elemento chimico costituente fondamentale degli organismi vegetali e animali. È alla base della chimica organica, detta anche chimica del carbonio: sono noti più di un milione di composti del carbonio. È molto diffuso in natura, ma non è abbondante: è presente nella crosta terrestre nella percentuale dello 0,08% circa, e nell'atmosfera prevalentemente come monossido (CO) e biossido (CO2CO2
Gas inodore, incolore e non infiammabile, la cui molecola è formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno. È uno dei gas più abbondanti nell'atmosfera, fondamentale nei processi vitali delle piante e degli animali (fotosintesi e respirazione).
) di carbonio (anidride carbonica). Allo stato di elemento si presenta in due differenti forme cristalline: grafite e diamante. derivano proprio da un consumo del territorio fuori controllo.
Il disegno di legge che esaminiamo oggi è una risposta di sistema e innovativa a tutto questo.
Vengono infatti valorizzati i principi del riuso e della rigenerazione urbana, vincolando gli enti territoriali a queste due direttrici nella loro pianificazione territoriale. E’ questo il presupposto per città più moderne, vivibili e sostenibili, meno inquinate, più verdi e insieme in grado di essere efficienti dal punto di vista energetico.
Di costruito, di suolo occupato ce n’è già tanto, troppo, specie nelle grandi città. E’ giunto il momento di dire basta e recuperare, rigenerare aree e immobili che spesso sono deteriorati, abbandonati, diventati ricettacolo di rifiuti. Ci sono pezzi di città da ritrovare, laddove sta accadendo i risultati sono ottimi. Ci sono periferie, per usare un termine di Renzo Piano, da “rammendare”, da riportare a qualità estetica e sociale.
Fissiamo un traguardo, ambizioso ma raggiungibile: consumo netto zero da raggiungere entro il 2050, secondo gli obiettivi cui l’Unione Europea aspira.
Un traguardo di medio-lungo termine, cui è necessario e allo stesso tempo davvero possibile giungere.
Proprio per garantire il conseguimento degli obiettivi del disegno di legge, l’articolo 10 prevede disposizioni transitorie in base alle quali, finché non verrà emanato il decreto previsto all’articolo 3 comma 8 e comunque entro il termine di 3 anni, è consentito il consumo del suolo solo in alcuni casi indicati. Perdurando l’assenza del decreto anche dopo i 3 anni, viene prevista una sorta di “clausola di salvaguardia” secondo la quale non è consentito il consumo di suolo in misura superiore al 50% della media del consumo di suolo dei cinque anni antecedenti alla data di entrata in vigore della legge.
Tra l’altro, l’effettivo perseguimento del “consumo zero” fa leva su una serie di meccanismi sostitutivi contenuti sia nella disciplina del limite al consumo di suolo (articolo 3), sia nelle disposizioni sulla priorità al riuso (articolo 4) che consentono allo Stato e alle Regioni, a seconda delle circostanze, di intervenire in caso di inadempimento del soggetto deputato a provvedervi (ente territoriale competente, Conferenza unificata).
Questa previsione trae origine non solo dalla volontà di garantire l’autonomia decisionale degli enti territoriali, ma soprattutto dall’esigenza di assicurare che la tutela dell’ambiente non venga perseguita a detrimento di altri interessi reali presenti nel Paese.
In particolare, si tiene conto delle esigenze a carattere economico-produttivo, che vengono ora soddisfatte mediante la promozione di interventi di riqualificazione del territorio nazionale già urbanizzato, anziché limitarsi ad un approccio “estensivo” come quello conseguente al perseguimento di una mera politica di cementificazione delle zone rurali.
Voglio poi sottolineare un altro elemento rilevante contenuto in questo intervento normativo: si procede tramite la fissazione di definizioni chiare e al contempo precise, volte a consentire sia la minimizzazione degli effetti di incertezza nella applicazione giudiziale della legge, sia a render chiaro ai cittadini quali saranno i comportamenti ammessi. Sappiamo che molti dei disastri urbanistici ed edilizi del nostro paese di fondano su leggi incerte e ambigue, su interpretazioni opinabili. Come diciamo “mai più condoni”, diciamo altresì “mai più incertezze e ambiguità” in questo campo. Deve essere chiaro ciò che si può fare e ciò che è impossibile fare.
In particolare, all’articolo 2 sono contenute le definizioni centrali nell'intero impianto del testo normativo. Sulla base dello schema proposto dai relatori, si pone al primo punto la definizione del "consumo del suolo", e specificando successivamente la nozione di "superficie agricola" e quella di "impermeabilizzazione".
La portata del consumo del suolo viene così indicata sia nel suo ambito di applicazione (la superficie agricola naturale e seminaturale) che nella modalità di calcolo (“saldo” tra superficie impermeabilizzate e aree ove l’impermeabilizzazione viene rimossa). Al tempo stesso, elementi di maggiore dettaglio si ritrovano poi nelle definizioni di superficie agricola e di impermeabilizzazione, proposti dagli emendamenti dei relatori e da alcuni subemendamenti.
Qualora fosse approvato il testo oggi in esame, la superficie agricola verrebbe intesa come la generalità delle aree non impermeabilizzate, salvo quelle espressamente escluse dall’articolo 2: si tratta delle superfici destinate a servizi di pubblica utilità di livello generale e locale previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, delle aree destinate a infrastrutture e insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, per i quali è comunque obbligatorio che i progetti prevedano interventi di compensazione ambientale di entità equivalente, nonché dei lotti e degli spazi inedificati interclusi già dotati di opere di urbanizzazione primaria e destinati prevalentemente a interventi di riuso e di rigenerazione.
L’esclusione delle aree destinate a infrastrutture e investimenti produttivi strategici si rende necessaria in quanto, essendo tali interventi decisi dal Governo, comporterebbero consumo di suolo “a valere” sugli obiettivi di riduzione delle regioni interessate; al tempo stesso, prevedendo l’obbligo di compensazione ambientale si richiede che vengano contestualmente adottate misure dirette a recuperare, ripristinare o migliorare le funzioni del suolo già impermeabilizzato.
Con riferimento alla “impermeabilizzazione”, nel corso dei lavori in Commissione è emersa la necessità di darne una accezione completa, non limitata al solo concetto di permeabilità proprio della normativa in materia idrogeologica ma estesa fino ricomprendere gli interventi di copertura artificiale del suolo anche a prescindere da un completo effetto di impermeabilizzazione, nonché di scavo e di rimozione del suolo stesso, salvo quelli non connessi all’attività agricola, riprendendo così parte dei contenuti inizialmente presenti nella definizione di consumo del suolo.
Con la modifica delle disposizioni sulla priorità del riuso contenute all’articolo 4, volte alla creazione di una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato disponibile per il recupero o il riuso, i comuni potranno verificare se le previsioni urbanistiche che comportano consumo del suolo in edificato possano essere soddisfatte con gli immobili individuati nel censimento stesso.
Si tratta di una scelta coerente con la ratio del provvedimento, volto non solamente a vincolare il consumo del suolo ma a migliorarne l’utilizzo e a valorizzare l’esistente.
Condivido inoltre l’opportunità di introdurre una specifica disciplina sugli interventi di rigenerazione delle aree urbane periferiche degradate, da attuare mediante espressa delega al Governo affinchè realizzi una procedura di intervento semplificata per la rigenerazione delle aree urbane degradate, privilegiando progetti organici su edifici e spazi pubblici e privati secondo elevati standard di qualità ambientale.
In tale quadro, con le modifiche proposte all’articolo 7, ai Comuni iscritti in un apposito registro che ne attesti la conformità ai parametri indicati nel disegno di legge in esame viene attribuita priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali, sia per gli interventi di rigenerazione urbana che per la bonifica di siti contaminati necessaria alla rigenerazione stessa, oltre che per interventi volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura urbana e il ripristino di colture abbandonate.
Tale priorità viene inoltre riconosciuta ai privati per gli interventi che favoriscono il recupero di edifici in area rurale e del suolo ad uso agricolo.
Inoltre, si conferisce alle regioni e province autonome la facoltà di adottare misure di semplificazione e di incentivazione, anche di natura fiscale, per il recupero del patrimonio edilizio esistente, al fine di prevenire il dissesto idrogeologico e il degrado dei paesaggi rurali.
Proprio alla luce di tutte queste peculiarità, si può dire che questo Disegno di Legge sia funzionale, per non dire parte integrante e imprescindibile, del grande Piano di contrasto al dissesto idrogeologico che abbiamo programmato e che vale 7 miliardi in 7 anni fino al 2020: non ci può essere un’efficace messa in sicurezza senza una “tregua” al nostro territorio, senza fermare l’occupazione di nuovo suolo.
E aggiungo che questo disegno di legge può costituire un autorevole passo in avanti nel rispetto degli obiettivi strategici di cui parleremo a Parigi, nell’ottica di un’economia tutta circolare, che ha nelle sue parole d’ordine proprio il ricicloriciclo
Operazione grazie alla quale è possibile recuperare un materiale avviandolo a trattamenti specifici per poterlo riutilizzare. e la rigenerazione della materia.
Mi soffermo però sul valore culturale di questa norma. Perché credo fermamente che mettere un freno al consumo del suolo significhi anche far prevalere il rispetto dell’ecosistemaecosistema
È l'insieme di tutti gli organismi viventi (animali e vegetali) presenti in un determinato ambiente e delle relazioni che intercorrono tra di loro e tra essi e il sistema fisico circostante. su quella cultura anti-ambientale, di profonda incuria e disinteresse nei confronti dell’ecosistema, che per anni ha consentito scempi e abusi edilizi, veri crimini nei confronti dell’ecosistema e dei cittadini, che vengono spesso alla luce e all’attenzione di tutti quando ormai è troppo tardi, cioè nel momento delle tragedie, quelle che sempre più si moltiplicano come effetti drammatici dei gravi fenomeni atmosferici che funestano con sempre maggiore violenza il nostro Paese. In un altro provvedimento, il Collegato Ambientale che è all’attenzione del Senato, si prevedono oltre 10 milioni di euro, ma sono pronto a raddoppiare quella cifra, per gli interventi di rimozione o di demolizione, da parte dei comuni, di opere e immobili realizzate in aree soggette a rischio idrogeologico elevato, o di opere esposte al rischio in assenza o totale difformità del permesso di costruire.