Magazine Diario personale

266° giorno – La scala

Da Ayertosco

Questo posto in realtà fa schifo…’La scala’…forse non ci ritorno da un anno, magari pure di più…ci rifugiamo tra questi muretti quando neve e freddo conquistano la piazza sbattendoci fuori in puro ‘Winter is coming’, torniamo quando la pioggia trasforma le strade in fiumi e le sbarre in trappole.

 L’ultima volta c’era più gente, adesso siamo in due e l’altro nemmeno lo conosco…avrà 15 anni, salta come un grillo, magro che pare un fuscello, si aggrappa e corre mentre io mi prendo cura delle mie cartilagini e i miei muscoli duri e sofferenti che sono novanta e più se si parla di chili e le braccia non stanno nella felpa. Poi si presenta…l’italiano manco lo parla, gesti e mugugni per dirmi che è ucraino e che non si sa esprimere un granché…meglio cosi, preferisco…vorrei stare da solo, non ho nemmeno la musica…il brutto episodio di quanto vai accendere il lettore e quello rimane con lo schermo nero e muto…tu eri sicuro che fosse carico. C’è una piazza dopo la scala a spirale che passa attraverso palazzi e banche e bar, circondata da mattoni rossi e vetri…è piena di muretti bassi e bagnati, aiuole triangolari e sbarre a tratti piegate e arrugginite. Attorno, porte di agenzie di viaggi e uffici tutti uguali, credo che molti siano chiusi e abbandonati…altri hanno piccole luci all’interno che illuminano ombre tagliuzzate di omini grigi…forse folletti che a volte scrutano oltre veneziane abbassate lunghe metri che coprono finestre fotocromatiche affacciate su stradine buie…nessun lampione, nessuna luce, nessuna forma di vita tranne qualche pianta che ancora resiste…roba con foglie pungenti…ma è l’unico tipo di essere vivente oltre a noi due.

 Io mi aggrappo a qualche muro, mi alleno con la corda…perlopiù cammino sotto la pioggia che non so perché quest’angolo di città senza gente mi da parecchia calma e quasi son contento di essere zuppo e senza musica…l’altro pare parecchio annoiato e fa evoluzioni strane mentre il cielo si arrabbia sempre di più. Ricordo il primo inverno di allenamento e le mani sanguinanti, le corse fra le scale, i primi percorsi, quei panettoni gialli spostati ogni volta in modo diverso da chissà chi e quel giorno tutto vestito bene…forse due anni fa…che passai a salutare gli altri prima di andare a corteggiare Sheraldine, l’argentina dalla parlata che ti entrava in testa e ti distruggeva la ragione e io, convinto, sentivo che avrebbe funzionato davvero…come faccio sempre, dentro di me…anche se sbaglio sempre poi, quando la vedo da fuori.

La scala e quei gradini inclinati e la caserma pericolanti e le grate che coprono il nulla, quei terrazzini pieni di terra e sigarette spente da gente senza casa, un posto ‘solo’…sporco e deprimente, grigio come il resto della città che gli sta attorno…scivoloso e pericoloso, ostile…patria di gentaglia negli angoli e graffiti…ma ci sono affezionato alla fine…come quando figo per il brutto, l’underdog, la gente con il potenziale e il bello nascosto…un po’ come me…che certe cose le guardi con il cuore e le capisci davvero.

Adesso, da in fondo alla scala sento arrivare anche gli altri ragazzi. Porteremo qualche voce allegra in più tra questo cemento dimenticato dagli uomini e da Dio.



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