28 giorni

Creato il 22 ottobre 2010 da Buenagirl

Un sms a cui avrei dovuto rispondere ma, non so perchè, non ho risposto, è stato l’inizio di 28 lunghissimi giorni di stranezze.

- I tg, Mattino Cinque, Matrix, Vespa col Plastico, parlano solo di Sarah Scazzi, molto probabilmente è un format della Endemol.
- Con le Elettre la sottoscritta si è recata a Spoleto, dove parlano tutti un po’ accuscì, , a Palazzo Collicola. Il viaggio, tre lunghe ore, è stato deliziato dal racconto psico-porno di un’Elettra con un Marziano un po’ così… particolare. Sono sopravvissuta, ma ho capito che c’è gente più incasinata di me.
- Si è inaugurato il Brodino Party Time, evento dove graziose donzelle si riuniscono intorno ad un tavolo (il mio, nello specifico) mangiando brodo con grattini all’uovo della Barilla. Nel mentre si parla di cazzi, non di fisiognomica. Cazzi. Forme, lunghezze, stortitudini, parti più sviluppate. Si insinua che tizio ha la faccia da porco, ma è un complimento, qualcuno accusa il colpo e insinua che invece il Marziano è un porco: la conclusione è semplice “ah ragà e io che credevo de esse strana a lavorà co’ i’ missili ma voi state bene eh!”
- Il mio capo latita, i soldi latitano, latitano tutti.
- Sono ufficialmente una commare di una bambina con un nome impronunciabile: il povero fraticello che l’ha battezzata per tutta la cerimonia l’ha chiamata Saila ed effettivamente bastava vedere come era abbigliata e povera figlia era tutta incartata. Il commento più gentile è stato chiedermi se per caso le mie peep toe fossero state acquistate al sexy shop sulla Mediana. Ho pronunciato timidamente “no, da Zara” ma pare che non fosse importante. Per loro, sempre oscene erano.
- La mamma di suddetta bambina mi chiama e di solito esordisce con “Commà è vero che mi vuoi bene?” e la sottoscritta risponde “no, dimmi, che ti serve?” mi chiama fra le lacrime dicendomi che ha bisogno di 340 euro per il deposito giudiziario, perchè, non sia mai, succederanno cose che manco nei campi di sterminio e a me resterà il piccolo sparacacca di 5 mesi con la testa piatta. Così ‘sti 340 euro escono con la promessa che, al massimo, lunedì scorso sarebbero stati restituiti. Lunedì niente, martedì mattina, mentre la sottoscritta era ancora rincoglionita di sonno, la Commare telefona e inizia con “Commà lo so che mi odi, ma i soldi te li posso dare solo a fine mese”. E io, sempre rincoglionita, le dico “ok” e penso a scenari paradisiaci dove, per fortuna, non dovrò più vederli causa credito insoluto.
- Quando devo andare a una conferenza stampa, mi prendono le palpitazioni e non vado.
- In compenso, il resto del lavoro va bene.
- Sono un’egoista. Non amo me stessa, io Con-Cedo, ma non do davvero; io aspetto un tornaconto. Forse, il mio “amo” è svuotato, riempito di dove-come-perché di apparire, di lecito, di giusto, di moralmente giusto. Poi arriva uno scossone, Largo Ricci viene chiuso per lavori di riqualificazione urbana e quando lo vedi così chiuso ti si chiude di più ancora il cuore. Dopo la rabbia arriva la consapevolezza. Quella che ti fa capire e star male per le assenze, per quello che dovevi chiedere, ti fa guardare oltre e canticchiare una vecchia canzone, quella che hai consumato e che hai messo su una chiavetta usb 2 anni fa, più o meno, per far capire cosa si provava. Per chiedere di non far cadere le foglie, di non restare sola. Ti fa chiedere perchè. E ti fa vomitare in un’aiuola mentre vedi qualcosa che stavi cercando da tutto il giorno, in circolo, piano. Allora stai lì, pensi cosa fare. Pensi di aspettare fino a notte fonda. Stai lì, pensi. L’unica cosa è prendere carta e penna e provare a scrivere. Le parole stanno lì, mentre chiudi pensi che sia sbagliato tutto, tono, parole, sensazioni, ma vorresti avere un foglio grande o tutto il mondo. Ti viene da scrivere solo della mancanza, così profonda, che rende tutto immobile e fermo, che non fa dormire, fa cadere i piatti, fa svuotare la dispensa fino allo stomachevole. E in quella parola “mancanza” c’è tutto: quello che vorresti dire, quello che non scrivi, visto le mani che tremano. Quello che senti. I messaggi stupidi. Le lettere mai mandate. Le assenze.
28.
28 vene, pulsanti. E poi, ancora, questo vuoto.
Cercando.
Sperando che non piova, non avendo le palle per dire solo “ciao”. Remando contro chi dice che c’è solo indifferenza, stronzaggine. Quel filo rosso c’è.
Rosso.
28 vene.



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