I falsi miti del cambiamento climatico. Intervista a Guido Guidi, Meteorologo e autore del blog climatemonitor.it
Quando si parla di cambiamenti climatici il catastrofismo non è mai abbastanza, quali sono a suo parere i principali falsi miti da sfatare?
Antropogenic Global Warming o semplicemente dinamiche del clima?
Uno solo, giusto per mettere ordine.
Considerato che il clima è sempre cambiato, a volte lentamente, a volte in modo decisamente rapido, l’unico mito da sfatare è quello che un clima che cambi, a prescindere da quali siano le origini del cambiamento, non può essere causa di tutto e il contrario di tutto.
Non può fare allo stesso tempo più freddo e più caldo, non può far piovere sia di più che di meno; questo solo per restare su temi ancora afferenti al sistema climatico. Se invece vogliamo andare oltre, cosa che succede ogni giorno, non può far cadere i capelli e farli crescere, non può far restringere i pesci o le pecore e far diventare più grandi le lucertole etc etc. Insomma, l’unica cosa di cui dobbiamo liberarci è il mantra del cambiamento climatico, che entra ormai in ogni ricerca, ogni discorso, ogni valutazione. Così forse sarà possibile separare – cosa che ad oggi non è ancora stata fatta – un eventuale segnale antropico da quello naturale, posto che il primo è accertato a livello locale ma è ben lungi dall’essere dimostrato a scala globale, mentre il secondo è lì da sempre, anche se non ne conosciamo affatto bene i confini.
Se dovesse dare un voto da 1 a 10, dove 1 ha il valore di ipotesi e 10 di certezza scientifica, che voto darebbe agli scenari dell’IPCC sui cambiamenti climatici di origine umana?
Una ipotesi ha valore scientifico se la si può sottoporre a verifica e diviene certa quando la verifica va a buon fine.
Gli scenari IPCC, nel medio e lungo periodo non sono verificabili, se non attendendo che passino decenni. Nel breve periodo, ove per breve si intendono gli ultimi 15 anni, la verifica non sta dando buoni frutti. Anzi, per dirla con Freeman Dyson, fisico di fama mondiale che si è recentemente espresso sull’argomento, dieci anni fa si pensava che i modelli fossero sbagliati, oggi, con l’aumento della capacità di osservazione, siamo sempre più sicuri che lo siano. Questo perché la distanza tra il dato osservato e quello previsto aumenta, mentre la natura della forzante antropica è immutata. E’ evidente – su questo si sta interrogando la comunità scientifica ultimamente – che ci sono aspetti importanti delle dinamiche del sistema di cui nelle simulazioni non si tiene conto nel dovuto modo o di cui non si tiene conto affatto.
Non penso sia utile dar voti, ma diciamo che ad oggi ciò di cui disponiamo non appare ‘sufficiente’ a definire i contorni del problema e tanto meno a supportare adeguatamente il processo decisionale.
A circa un mese dall’inizio della COP21 i Paesi ad aver trasmesso i propri impegni di riduzione delle emissioni di CO2CO2
Gas inodore, incolore e non infiammabile, la cui molecola è formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno. È uno dei gas più abbondanti nell'atmosfera, fondamentale nei processi vitali delle piante e degli animali (fotosintesi e respirazione).
sono 149, che complessivamente producono quasi il 90% delle emissioni globali.
Sulle pagine di molti media è riportato che tali impegni non siano sufficienti per contenere l’aumento delle temperature entro il limite dei 2°C e che dunque dovremo fronteggiare gli impatti più estremi dei cambiamenti climatici. Cosa ne pensa?
Che siamo all’ennesima ultima spiaggia e il fatto di aver passato indenni le precedenti dovrebbe tranquillizzare. Penso anche che il limite dei 2°C è politico, non scientifico, perché nessuno possiede il termostatotermostato
Apparecchiatura, di tipo meccanico o elettronico, che permette di regolare e mantenere la temperatura in base alle impostazioni date. È uno strumento impiegato in diversi ambienti, sia industriali che domestici, che consente di evitare inutili sprechi energetici. del clima.
L’aumento della temperatura media superficiale del pianeta, se innescato anche da cause antropiche, è definito dalla reazione del sistema alla forzante. Questa reazione si chiama sensibilità climatica, ovvero stima dell’aumento della temperatura al raddoppio della concentrazione di CO2 rispetto al periodo preindustriale. Stima che, oltre ad avere una forchetta molto ampia a seconda degli scenari, con il limite inferiore che non costituirebbe un problema e quello superiore che sarebbe un gran problema, ha anche subito in tempi recenti molte revisioni. Sono sempre più numerose infatti le pubblicazioni scientifiche orientate verso il margine inferiore (Fig. 1). E questo, in qualche modo, va molto più d’accordo con l’attuale assenza di riscaldamento che con le proiezioni di continua tendenza all’aumento delle temperature.
Figura 1 - Collezione delle stime più recenti della sensibilità climatica (quadro inferiore) in relazione alle stime del 5° Report IPCC (quadro superiore); si noti come siano concentrate tutte verso il valore inferiore della stima IPCC.
Tornando al tema della mitigazione, è notizia di questi giorni che le dichiarazioni di intenti di USA, Europa e Cina messe insieme implicano dei livelli di emissioni che non lasciano spazio a nessun altro nell’equazione dei 2°C. Non mi pare ci siano molti margini di manovra. Circa l’estremismo degli impatti rimanderei alla prima domanda.
Quanto, perché e da chi il cambiamento climatico viene strumentalizzato per fare disinformazione?
I temi del cambiamento climatico sono strumentali a chi fa ricerca per ottenere finanziamenti, a chi fa informazione per attirare l’attenzione, a chi fa affari per avere accesso alle abbondanti risorse messe a disposizione. Ma, non amo fare dietrologie, tutti questi fanno il loro mestiere. Diciamo che, come accaduto già molte volte in passato per altri argomenti, oggi è conveniente salire sul carro dei cambiamenti climatici, dovunque esso sia diretto.
Guido Guidi
Meteorologo e autore del blog climatemonitor.it