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29/10/2015 - COP21, la fiamma dei cambiamenti climatici ha compiuto 3.000 anni!

Creato il 29 ottobre 2015 da Orizzontenergia

La mano dell'uomo sui cambiamenti climatici, una miccia che risalirebbe a oltre 3.000 anni fa. Il progetto Early Human Impact raccontato dal suo coordinatore, il Prof. Carlo Barbante.

Che l’uomo abbia iniziato a metter mano sul clima a partire dalla Rivoluzione Industriale è un fatto ben noto. Ma stando agli ultimi risultati emersi nell’ambito del progetto Early Human Impact si direbbe che la nostra influenza sul sistema climatico globale possa aver avuto inizio fin dagli albori della civiltà.

Per capirne di più, abbiamo intervistato il Prof. Carlo Barbante, coordinatore del team di scienziati che ha lavorato al progetto.

Professore, ci parli del progetto...

Il progetto Early Human Impact è un progetto finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma ERC, European Research Council, che prevede l’erogazione di sovvenzioni a sostegno dell’eccellenza in ricerca. Il programma ERC eroga dunque dei finanziamenti ad un ricercatore leader nel proprio settore per avviare progetti innovativi e pioneristici ad elevato rischio, la cui concezione di rischio sia giustificata dalla possibilità di aprire nuove ed importanti direzioni e conquiste.

www.earlyhumanimpact.eu

Carlo Barbante, direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del CNR e professore di Chimica analitica dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

Con questo progetto abbiamo fatto un salto indietro nel tempo di migliaia di anni per capire se l’uomo avesse cominciato ad alterare il clima e l’ambiente ben prima dell’epoca industriale.

Il progetto si è sviluppato attorno ad una teoria di un paleoclimatologo americano, da cui ne deriva il nome, la cosiddetta teoria di Ruddiman.

Tale teoria anticipa di migliaia di anni l’inizio dell’Antropocene, ovvero l’epoca geologica in cui l’uomo inizia ad impattare in maniera determinante su clima e ambiente, spostando la lancetta delle responsabilità dalla Rivoluzione Industriale a 5-6.000 anni fa in concomitanza con l’inizio delle pratiche agricole e di allevamento.

L’uomo, per crearsi lo spazio necessario per la coltivazionecoltivazione
Insieme delle attività che consentono l'estrazione di idrocarburi (petrolio o gas naturale) dai giacimenti.
e l’allevamento, avrebbe dunque messo a ferro e fuoco le foreste che bruciando, ed emettendo grosse quantità di anidride carbonica, si ipotizza possano aver provocato un primo impatto sull’ambiente e sul clima.

Ecco dunque, che per far fronte a questa ipotesi, molto dibattuta, il progetto Early Human Impact è andato alla ricerca delle prove di questi incendi.

Come?

Il nostro team di scienziati ha messo a punto dei particolari marcatori chimici, i cosiddetti marker molecolari specifici, che si formano esclusivamente quando c’è combustionecombustione
Processo chimico esotermico (ovvero che comporta sviluppo di calore) in cui il combustibile si combina con l'ossigeno presente nell'aria oppure appositamente separato (comburente). La reazione di combustione avviene previo innesco localizzato (accensione).
di biomassabiomassa
In generale si identifica con biomassa tutto ciò che ha matrice organica ad eccezione delle plastiche e dei materiali fossili. Come indicato nel decreto legislativo del 29 Dicembre 2003 n. 387, per biomassa si intende " la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonchè la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani ". Ciò che accomuna le diverse tipologie di biomassa è la presenza di carbonio che mette a disposizione un elevato potere calorifico eventualmente sfruttabile per fini energetici.
ovvero di legna
.

Siamo dunque andati a cercarli nelle aree dove l’uomo può aver avuto un impatto, pensiamo ad esempio alla mezzaluna fertile, dove è noto come l’uomo abbia iniziato la pastorizia e l’agricoltura 7-8.000 anni fa, ma anche alla Cina, al Centro America e all’Europa.

ERC Project

Naturalmente abbiamo avuto bisogno di archivi per la nostra ricerca. E gli archivi in questione sono stati per esempio i sedimenti dei laghi e le calotte glaciali come quelle dell’Antartide e della Groenlandia. www.earlyhumanimpact.eu/locations

In Groenlandia è stato possibile andare veramente molto indietro nel tempo (volendo fino a 128mila anni fa), ma ciò che interessava nell’ambito del progetto era circoscritto all’analisi dei campioni relativi agli ultimi 10mila anni.

Cosa è emerso?

Con tecniche molto sofisticate abbiamo rilevato la presenza nella carotacarota
Campione di roccia prelevato quando si intende analizzare e studiare la conformazione litologica delle rocce sedimentarie al fine di rilevare l'eventuale presenza di idrocarburi.
di ghiaccio estratta nel Nord Ovest della Groenlandia (NEEM) di un andamento anomalo dei marker molecolari specifici che segnalano la presenza di incendi con un picco tra 3.500 e 2.500 anni fa e solo un forte contributo umano sembra poter spiegare l’aumento nella concentrazione di queste sostanze.

Ma non potrebbe trattarsi di “incendi naturali”?

COP21, la fiamma del cambiamento climatico ha compiuto 3.000 anni!

Va chiarito che ad oggi non è ancora possibile stabilire l’innesco, si possono però studiare altri parametri, altre forzanti climatiche, che potrebbero eventualmente aver avuto influenza sull’aumento o la diminuzione degli incendi, ad esempio aumenti di temperatura, variazioni dei parametri orbitali, piuttosto che variazioni di aridità e così via.

Dai segnali a nostra disposizione, così come dalla letteratura, nulla fa affermare che, in Groenlandia e più in generale nell’emisfero settentrionale, le condizioni climatiche possano aver influito in maniera significativa sulla combustione di biomassa. Dunque se non è stato un effetto naturale, si presuppone sia stato l’uomo.

Questi risultati possono dare adito a nuovi scenari, differenti o più gravosi, rispetto alle proiezioni dell’IPCC?

Direi di no, stiamo parlando di livelli di variazioni veramente molto esigui. Si è trattato più di un effetto sull’ambiente, che non sul clima. E’ chiaro però che un segnale c’è, ed è un’evidenza abbastanza importante, tant’è che gli studi legati al paleoclima sono essenziali per comprendere il clima attuale.

E’ chiaro infatti che se volgiamo mettere in una prospettiva corretta quelle che sono le variazioni attuali, dobbiamo conoscere il funzionamento naturale del sistema e per sapere questo dobbiamo andare indietro nel tempo.

There is no a planet B
A poco più di un mese dall’inizio della COP21 ben 149 Paesi (che rappresentano quasi il 90% delle emissioni globali) hanno trasmesso i propri impegni di riduzione delle emissioni di CO2CO2
Gas inodore, incolore e non infiammabile, la cui molecola è formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno. È uno dei gas più abbondanti nell'atmosfera, fondamentale nei processi vitali delle piante e degli animali (fotosintesi e respirazione).
.

Crede siano sufficienti per contenere l’aumento delle temperature entro il limite dei 2°?

Naturalmente vi è chi si è dato dei target più restrittivi e chi meno, o addirittura chi non si è posto target specifici (qui gli ultimi INDCs).

La cosa parzialmente positiva, a mio parere, è l’adesione della Cina e degli Stati Uniti, che assieme producono il 45% delle emissioni globali e rappresentano dunque i due maggiori emettitori al mondo.

Si tratta infatti di una notizia buona più dal punto di vista politico che non pratico perché le riduzioni che questi stati hanno intenzione di intraprendere dal qui al 2030 sono sì importanti, ma riferite al 2005, mentre l’Europa, per esempio, ha come target di riferimento il 1990.

E dal 1990 al 2005 complessivamente le emissioni di anidride carbonica anidride carbonica
(CO2)
Gas inodore, incolore e non infiammabile, la cui molecola è formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno. È uno dei gas più abbondanti nell'atmosferaatmosfera
Involucro di gas e vapori che circonda la Terra, costituito prevalentemente da ossigeno e da azoto, che svolge un ruolo fondamentale per la vita delle specie, perché fa da schermo alle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole. Essa si estende per oltre 1000 km al di sopra della superficie terrestre ed è suddivisa in diversi strati: troposfera (fino a 15-20 chilometri), stratosfera (fino a 50-60 chilometri), ionosfera (fino a 800 chilometri) ed esosfera.
, fondamentale nei processi vitali delle piante e degli animali (fotosintesi e respirazione).
sono aumentate di circa il 60% a livello globale.

Quali sono dunque le prospettive?

Ci si è imposto di non superare i 2° entro il 2100, ma se continuiamo con questo trend li supereremo molto prima.

Stiamo infatti andando ad una velocità di circa 9,9/10 miliardi di tonnellate di CO2 emessa all’anno e se continueremo di questo passo la soglia dei 2° verrà sforata già nel 2037-2040.

Certamente c’è tempo per agire, però bisogna cominciare adesso, e per adesso si intende oggi e non fra 10 anni!

Carlo Barbante
Direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del CNR
Professore di Chimica analitica dell’Università Ca’ Foscari Venezia


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