3 - Ma l'amore no...

Da Dallenebbiemantovane

2 - There must be no love interest. The business in hand is to bring a criminal to the bar of justice, not to bring a lovelorn couple to the hymeneal altar.
(Non dev'essere posta eccessiva enfasi sull'elemento amoroso. Lo scopo è quello di assicurare un criminale alla giustizia, non quello di condurre una coppia innamorata all'altare.)

Comemipiace sviscerare questa regola!

Allora, diciamolo subito:
a. Molti gialli, soprattutto Usa, vivono del binomio sesso & violenza: il lettore li compra perché si aspetta una bella dose di botte, sangue e denti che saltano, così come si aspetta una bella dose di scopate selvagge e possibilmente more ferarum. Vogliamo fargliene una colpa? Ormai c'è tutto un genere consolidato, e vende perché mantiene la promessa.
b. Un altra usanza dei giallisti (e ancor più dei polizieschi televisivi, che copiano stancamente gli stessi format) è l'uso della sexual unresolved tension tra i due protagonisti, rigorosamente etero e rigorosamente single (o playboy / maliarda), che in apparenza provano antipatia o indifferenza reciproca, salvo, all'ultima puntata o all'ultimo capitolo della serie, capitolare l'uno fra le braccia dell'altra. È un'usanza che serve da un lato a creare appunto tensione, dall'altra a far vendere il prodotto alle persone più romantiche (quelle, suppongo, che non sceglierebbero mai il prodotto "a").

L
a Christie, Poe, Van Dine etc. non commettevano né l'uno né l'altro errore. Le storie d'amore, e i delitti passionali (Delitto sul Nilo è un esempio, e dei meglio riusciti) ce le mettevano anche loro, ma l'enfasi restava sull'indagine e la cattura del criminale.
Non per moralismo, ma perché si rendevano conto che esagerare sul versante sentimentale avrebbe distratto il lettore e trasformato il poliziesco in un'altra cosa, che gli anglosassoni, nella loro smania classificatoria, chiamano romance (recita Wikipedia, http://en.wikipedia.org/wiki/Romance_(genre), in later Romances, particularly those of French origin, there is a marked tendency to emphasize themes of courtly love, such as faithfulness in adversity).


Chandler e Hammet sono già un'altra cosa: con loro il giallo esce dalla camera chiusa e dall'ambientazione altoborghese per ficcare il naso nel mondo:
«Hammett ha restituito il delitto alla gente che lo commette per un motivo, e non semplicemente per fornire un cadavere ai lettori; e con mezzi accessibili, non con pistole da duello intarsiate, curaro e pesci tropicali. »
(Raymond Chandler, La semplice arte del delitto)
L'amore, quindi, come tutti gli accidenti del mondo, compare, sia come amore platonico (l'inconcludente cavaliere errante Philip Marlowe) sia come passione, gelosia, vendetta. Non c'è ancora il sesso, ma solo per ragioni di censura.


Né si pose mai il problema Georges Simenon: troviamo l'amour fou come costante motore della storia noir sia nei roman-roman (cito su tutti
La camera azzurra
e Lettera al mio giudice per la loro perfezione) sia nei Maigret (molto mi sono piaciuti Il cane giallo e All'insegna di Terranova, per l'ambientazione marinara, ma sono solo due esempi tra i gioielli della corona dello scrittore belga), dove ovviamente agli amori assurdi, proibiti, spezzati, delittuosi delle controparti, si oppone l'amore pacifico e sempiterno tra il commissario Maigret e la sua Louise.
Laddove forse, l'unica osservazione residuale è che l'assenza involontaria di figli fornisce a questo amore coniugale note di tenerezza, di rimpianto e di accudimento reciproco che la rendono indimenticabile.


Mi piace ricordare la trattazione dell'amore nella Vargas. Tenete presente che io amo questa donna. I suoi libri danno dipendenza.
Ebbene, la Vargas è sentimentale. Schifosamente sentimentale. Amore per gli animali, amore romantico, amore per i bambini...
Animali
. Si veda il toccante aneddoto del cagnone che Adamsberg narra a Danglard per fargli capire il concetto di malvagità (L'uomo dai cerchi azzurri) o il parto della gatta aiutata dal vecchio senza un braccio e dal riluttante Adamsberg all'inizio di Un luogo incerto.
Amore romantico. Ogni volta che compare (e poi scompare) il personaggio di Camille. La maggior parte degli scrittori scafati, come dicevo all'inizio, mette qualche cucchiaiata di sexual unresolved tension tra i suoi personaggi, ma qui abbiamo due persone irrimediabilmente innamorate e, per colpa dell'uomo, incapaci di trovare una soluzione pacifica alle loro incomprensioni. Addirittura, per sfuggire a Jean-Baptiste, Camille ha lasciato la Francia e si autopunisce viaggiando per il mondo. Il suo tarocco sarebbe quello dell'ebreo errante. Ogni tanto torna; in Sotto i venti di Nettuno  e Nei boschi eterni, scopriamo - casualmente - che da questo amore "impossibile" è nato un bambino e vediamo il commissario adattarsi alla novità.
Bambini. Adamsberg è molto impacciato come padre ma si capisce che se la caverà, come al solito, grazie alla sua immaginazione. Però si veda soprattutto il rapporto di Danglard con i cinque figli (uno è di sua moglie e dell'amante, ma l'hanno appioppato a lui prima di scappare). Per nostra fortuna, meno sdolcinata di Pennac, la Vargas pennella con brio e vivacità i dialoghi padre-figli, l'intransigenza, la spietatezza che i bambini possono avere. Sono molto buffi, molto simpatici, molto francesi.


Una giallista molto simpatica, ma secondo me sbaglia tutto nella trattazione dell'elemento amoroso – ah, quanti sassolini nelle scarpe - è
Alicia Giménez-Bartlett: sì, vabbe', si salva per i dialoghi brillanti e spudorati tra Petra, la dura, la razionale, la donna con le palle, e Fermín, il suo vice, amante della vita, amabile e disincantato.
E anche (nel Silenzio dei chiostri, ad esempio) taluni gustosi siparietti tra la dubbiosa neo-matrigna e i neo-figliastri del suo terzo marito divertono, pur senza coinvolgere più di tanto (ho finito persino per sperare in un episodio incestuoso col più grande e fascinoso, che torna da Londra verso fine romanzo!), così come non convincono tutti questi matrimoni di Petra, che con quel carattere di merda, in teoria, gli uomini dovrebbe terrorizzarli e basta.


Tra i tanti italiani, analizzerei qui due giallisti che apprezzo, Camilleri e Gianni Biondillo.

Camilleri, devo dire, più lo leggo e più lo trovo ripetitivo. Non è che scriva male – scrive da dio – ma il suo universo femminile si riduce alla dicotomia tra femmine vogliose e disposte a tutto, generalmente con gli occhi viola, ne ho contate tre con gli occhi viola (fino alla dark lady, un cliché vivente, de Il tailleur grigio) e vittime, giovani, innocenti e indifese prese direttamente da Richardson e dal marchese de Sade (ne trovate una in ogni Montalbano).
Ecco, io lo trovo pigro, Camilleri. Visto che ci sa fare nella costruzione dei personaggi, potrebbe sforzarsi un po', altrimenti le situazioni poi ricadono sempre nello stereotipo, e non parlo per amor di carità di Livia, la morosa di Montalbano, con lui che nei primi faceva il fidanzato fedele, nonostante l'eterna tentazione della svidisa Ingrid, mentre negli ultimi, complice l'andropausa, s'è immandrillato e scopa più adesso che da giovane.


Invece Biondillo, nella trilogia dell'ispettore Michele Ferraro, mette una scena di sesso spassosa e convincente (in
Per cosa si uccide
) e una vicenda amorosa agrodolce con una moglie dalle aspettative forse troppo alte (nel romanzo citato, nel suo prequel Il giovane sbirro e, in calando, visto che ormai si sono separati e sono costretti a vedersi solo per la figlia, nel sequel Con la morte nel cuore). Biondillo è la dimostrazione che si può scrivere di sesso in un giallo senza apparire pretestuosi e che anche i detective possono avere vicende d'amore senza che la cosa comprometta il climax narrativo.

Tanto per fare un confronto, se la cava in modo meno brillante Valerio Varesi, di cui sono apprezzabilissime le atmosfere padane e i mood simenoniani, ma l'eterna storia irrisolta tra il commissario Soneri e l'algida fidanzata Angela è una delle cose più soporifere e deprimenti della storia della letteratura gialla.

Un doveroso cenno alla valanga di gialli nordici che Marsilio e altri editori hanno rovesciato su di noi negli ultimi anni. Lasciamo perdere il grande outsider Stieg Larsson, che nella trilogia Millennium è originale anche nel mettere in scena come protagonisti un giornalista tombeur de femmes appaiato a una sociopatica bruttina e vendicativa, i quali non potranno non sentire attrazione l'uno per l'altro e declinarla ciascuno secondo il suo carattere (e non si può non rimpiangere gli sviluppi futuri che, a meno che la vedova dello scrittore non trovi il coraggio di mettere mano al manoscritto incompleto in giacenza nel p.c., non conosceremo mai).


Vorrei però segnalare che ultimamente ho letto due splendidi gialli nordici (
Amatissima Poona
della norvegese Karin Fossum, e Il giardino di pietra dello svedese Kjell Eriksson) in cui tormentate storie d'amore hanno un ruolo essenziale nei rispettivi intrecci, senza predominare e senza apparire eccessive.

Cito anche, ma solo come esempio negativo, la svedese Liza Marklund che, ne Il lupo rosso mi ha fracassato le palle con le angosce esistenziali-matrimoniali-mediche-etc-etc della sua giornalista e superdonna Annika. Praticamente è chik-lit sotto forma di giallo, e senza nemmeno la scusante dell'umorismo che legittima e rende godibile quel nobilissimo genere.


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