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#3: Sono stata scelta da un abito da sposa!

Creato il 08 ottobre 2013 da Taccodieci @Taccodieci
#3: Sono stata scelta da un abito da sposa!Quando le abbiamo annunciato che avevamo intenzione di sposarci mia madre era di un umore nero essendosi da poco fratturata una vertebra ed essendo costretta in un orribile busto.
Beh, successe un vero miracolo: non ho mai visto una vertebra rotta guarire tanto in fretta!
Nel giro di pochi giorni mia madre, da sempre casalinga per amore, si era trasformata in una manager incallita e aveva già organizzato tutto quanto... a modo suo! Nei primi tempi decisi di lasciar perdere, ma quando iniziarono a chiamarmi fotografi che io nemmeno sapevo esistessero per chiedermi se avessi deciso (cosa???) capii che era ora di fare qualcosa.
Per non mortificare il suo entusiasmo decisi di incanalare le energie di mia madre verso un obiettivo stabilito da me, così le dieci un compito, da portare a termine a qualsiasi costo: aiutarmi a trovare l'abito.
Dal momento che non avevo la più pallida idea di dove andare a provare abiti, le promisi che ogni sabato mattina sarei stata la sua bambola: sarei passata a prenderla assieme alla Princess (mai avrei scelto un abito senza la testimone) e saremmo andate ovunque lei avesse deciso di prenotare.
Il primo sabato di esperimento ci infilammo in uno dei più prestigiosi atelier di Paese Vicino.
Il sudore era a mille, soprattutto perchè, non so per quale assurdo motivo, non pensavo avrei provato proprio niente e avevo indossato un paio di mutande a righe gialle e nere (ma si può???) assieme ad un reggiseno viola (vomito allo stato puro).
Prima di provare qualcosa chiesi di andare in bagno: la tensione mi fa sempre scappare una pipì fotonica. La commessa reagì come se le avessi chiesto di ammazzarle il gatto, ma alla fine mi chiuse in un bugigattolo (Superman quando si cambiava nella cabina telefonica al confronto aveva a disposizione un appartamento) ammuffito. Mi sedetti sul water con la testa tra le mani, cercando il coraggio di mostrare le mie mutande a righe.
Iniziai a provare abiti su di una pedana. La commessa teatralmente chiudeva una tenda quando indossavo un abito per non farmi vedere da mia madre e dalla Princess e la apriva quando ero pronta creando un effetto che nella sua testa doveva essere un "effetto wow", ma riusciva solo a essere una cosa un po' scema perchè mia madre e la Princess mi hanno vista in mutande mille volte e in situazioni ben più imbarazzanti.
La cosa fastidiosa era che la commessa si sentiva una psicologa mancata e, solo guardandomi, credeva di avere capito tutto di me. Mi proponeva abiti classicissimi, qualcuno a metà strada tra una meringa e un aerostato sostenendo che si vedeva proprio che sono una tipa romantica. Ok, romantica mi poteva anche stare bene, ma da quello che mi proponeva più che della romantica ci facevo la figura della ritardata.
Quando la Princess si azzardò a dire che avrei potuto anche "osare" di più, la commessa a momenti la mangiò: ebbe una reazione del tutto esagerata, le uscì il fumo dalle orecchie e la zittì in malo modo dicendole che io non ero affatto la persona che avrebbe osato! Ci vuole il carattere giusto per osare!
In quel momento mi resi conto che la pedana e quell'assurda tenda mi avranno anche protetto dagli sguardi di mia madre e della mia migliore amica, ma il mio culo a righe gialle e nere era da tutta la mattina in vetrina, visibilissimo dalla statale.
A quel punto la commessa mi avrebbe potuto proporre anche il vestito di Belen che mi sarebbe andato in disgrazia comunque e cercai di tagliare più corto possibile per evitare altre umiliazioni.
Mia madre, quando ormai credevo di essere in salvo oltre la soglia dell'atelier a respirare aria fresca, chiese alla commessa scorbutica se nell'atelier avessero anche qualche proposta di abito per la madre della sposa. La commessa rispose che certo, avevano proprio quello che faceva per mia madre. E le propose una stola in nutria che sarebbe stata squallida anche per Morticia Adams.
Inutile dire che ero un po' delusa. Non per non aver trovato subito il vestito giusto, ma perchè immaginavo che scegliere l'unico abito da sposa della mia vita assieme a mia madre e alla mia migliore amica sarebbe stato di gran lunga meno imbarazzante e più divertente.
Mia madre cercò di tirarmi su il morale dicendo che avrei trovato l'abito giusto e, quando lo avessi visto, non avrei avuto alcun dubbio: sarebbe stato lui a scegliere me, non io a scegliere lui. 
Su due piedi pensai che questa cosa dell'abito da sposa che ti sceglie un po' come il cappello di Hogwarts ti assegna a Grifondoro o a Serpe Verde fosse una cretinata bella e buona. Come quando si dice che quando esci con l'uomo della tua vita per la prima volta devi avere le farfalle nello stomaco, garantito.
Il sabato successivo mi armai di pazienza e intimo (quasi) coordinato, passai a prendere la Princess e mia madre e ci avviammo verso il secondo esperimento.
L'atelier era decisamente lontano, ma ne valeva la pena. Quando arrivammo non ci assillarono con domande a mitraglia, ci offrirono un caffè e ci lasciarono tra amiche a sfogliare cataloghi, tanti, tantissimi cataloghi. Io mettevo segnalini sulle pagine con vestiti che mi piacevano ed eravamo libere di criticare e di ridere di quelli a aerostato che sarebbero tanto piaciuti alla commessa del sabato precedente.
Finita la cernita ci fecero accomodare in un camerino grande quanto casa mia nel seminterrato, in modo che il mio culo non desse spettacolo sulla statale, e mi chiesero da quale dei quindici (quindici!!!) abiti che mi erano piaciuti sui cataloghi volessi iniziare la prova. Tutti gli abiti erano lì, qualche folletto li aveva già prelevati e messi nel camerino.
Li guardai rapidamente e ne indicai senza esitazione uno, bello letteralmente da togliere il fiato: "voglio iniziare da quello perchè è il più bello".
Appena lo indossai e mi guardai allo specchio mi vennero le lacrime. La Princess annuiva dal divanetto come se avesse dovuto slogarsi le cervicali sorridendo a cinquantacinque denti e mia madre cercò per qualche secondo di trattenere le lacrime, fallendo però miseramente nell'intento.
Non ci fu bisogno di dire niente. La commessa spalancò la porta del camerino e gridò "STEFANIAAAA! LA MACCHINA FOTOGRAFICAAA!". Una ragazzetta che rispondeva al nome di Stefania si precipitò giù dalle scale armata di reflex e il resto è storia: mia madre, la Princess ed io col mio vestito da sposa che ridiamo come tre ebeti felici davanti a un obiettivo.
Sono stata scelta. Era vero.
La Redazione

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