Oggi non doveva accadere nulla e non è accaduto. La maggioranza non c’è più ma Silvio non ha alcuna intenzione di andare da Napolitano a dirgli fantozzianamente: “Presidente, facci lei”. Il discorso è chiaro. 308 voti sono meno dei 310 (311) che la maggioranza si aspettava per far passare finalmente il rendiconto dello stato. Ma non servono a redimere un Berlusconi ormai vittima di se stesso. Qualche minuto fa PiergigiBersani si è appellato al senso di responsabilità del presidente del consiglio invitandolo, con parole molto chiare, a non lasciarsi “trasportare dai puntigli”. Ma se a Silvio non frega una mazza dei mercati, e della crisi di credibilità ormai conclamata che questo governo ha nel resto del mondo, figuriamoci se prova interesse per le dichiarazioni, e gli inviti, di uno dei tanti oppositori senza palle che oggi siedono in parlamento. Da parte sua Bersani ha minacciato “altre iniziative dell’opposizione”, ma dai banchi del Pdl e della Lega si sono alzati solo risolini. L’immagine ha la sua importanza, e probabilmente la scelta di sedersi fra Bossi e Maroni ha una strategia quasi fisiognomica, ma non sostanziale. Silvio ha ancora due settimane (se il padreterno o chi per lui non lo fulmina sulla strada verso il Quirinale) durante le quali le tenterà tutte pur di non mollare. D’altronde è stato chiaro: “Non mi dimetto e voglio guardare negli occhi i traditori che non voteranno la fiducia”. Corriamo rischi serissimi: il primo è quello di perdere ancora tempo di fronte a una Europa non più disposta ad aspettare atti concreti infischiandosene delle lettere d’intenti; il secondo è che prendere per stanchezza è una delle tattiche preferite della scuola democristiana dalla quale Silvio ha attinto a piene mani; il terzo è che l’Italia è sull’orlo dello sfinimento. Berlusconi, appreso l’esito della votazione, ha stretto la mascella, guardato gli appunti che teneva davanti a sé e preso atto che i conti sono saltati, in undici gli hanno voltato le spalle, fossero stati dodici ci sarebbe stato da ridere. In questo momento è in conclave forte di dato inequivocabile, il governo non è caduto, è ancora in piedi. Non sappiamo quello che dirà a Bossi, Maroni e Tremonti ma tutte le soluzioni sono possibili. È una tombola dai sottili risvolti psicologici anche se il terno al lotto vero, arrivati a questo punto, sarebbe per Berlusconi l’ingresso di Casini nella maggioranza. Quanti di voi sono pronti a scommettere che Pierfy non lo farà? Non vogliamo portare sfiga ma Silvio venderà carissimo la pelle e ce ne accorgeremo.
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308 voti. La maggioranza non c’è più ma Silvio non molla.
Creato il 08 novembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Oggi non doveva accadere nulla e non è accaduto. La maggioranza non c’è più ma Silvio non ha alcuna intenzione di andare da Napolitano a dirgli fantozzianamente: “Presidente, facci lei”. Il discorso è chiaro. 308 voti sono meno dei 310 (311) che la maggioranza si aspettava per far passare finalmente il rendiconto dello stato. Ma non servono a redimere un Berlusconi ormai vittima di se stesso. Qualche minuto fa PiergigiBersani si è appellato al senso di responsabilità del presidente del consiglio invitandolo, con parole molto chiare, a non lasciarsi “trasportare dai puntigli”. Ma se a Silvio non frega una mazza dei mercati, e della crisi di credibilità ormai conclamata che questo governo ha nel resto del mondo, figuriamoci se prova interesse per le dichiarazioni, e gli inviti, di uno dei tanti oppositori senza palle che oggi siedono in parlamento. Da parte sua Bersani ha minacciato “altre iniziative dell’opposizione”, ma dai banchi del Pdl e della Lega si sono alzati solo risolini. L’immagine ha la sua importanza, e probabilmente la scelta di sedersi fra Bossi e Maroni ha una strategia quasi fisiognomica, ma non sostanziale. Silvio ha ancora due settimane (se il padreterno o chi per lui non lo fulmina sulla strada verso il Quirinale) durante le quali le tenterà tutte pur di non mollare. D’altronde è stato chiaro: “Non mi dimetto e voglio guardare negli occhi i traditori che non voteranno la fiducia”. Corriamo rischi serissimi: il primo è quello di perdere ancora tempo di fronte a una Europa non più disposta ad aspettare atti concreti infischiandosene delle lettere d’intenti; il secondo è che prendere per stanchezza è una delle tattiche preferite della scuola democristiana dalla quale Silvio ha attinto a piene mani; il terzo è che l’Italia è sull’orlo dello sfinimento. Berlusconi, appreso l’esito della votazione, ha stretto la mascella, guardato gli appunti che teneva davanti a sé e preso atto che i conti sono saltati, in undici gli hanno voltato le spalle, fossero stati dodici ci sarebbe stato da ridere. In questo momento è in conclave forte di dato inequivocabile, il governo non è caduto, è ancora in piedi. Non sappiamo quello che dirà a Bossi, Maroni e Tremonti ma tutte le soluzioni sono possibili. È una tombola dai sottili risvolti psicologici anche se il terno al lotto vero, arrivati a questo punto, sarebbe per Berlusconi l’ingresso di Casini nella maggioranza. Quanti di voi sono pronti a scommettere che Pierfy non lo farà? Non vogliamo portare sfiga ma Silvio venderà carissimo la pelle e ce ne accorgeremo.
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