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31. Fantafestival: “Custodes Bestiae” di Lorenzo Bianchini

Creato il 16 giugno 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

locandina

Custodes Bestiae (2004) conferma quanto Radice quadrata di tre (2001) aveva ampiamente iniziato a far sospettare. Lorenzo Bianchini è qualcosa di più di un amatore della settima che di tanto in tanto si diletta con la macchina da presa: il suo è un cinema sicuramente settoriale e con i piedi ben piantati in terra, magari non sostenuto da un’egocentrica ambizione, ma sorretto da un talento ben difficile da bypassare a rigor di critica filmica.

Polanski resta il punto di riferimento più aulico per il regista friulano, ma nonostante ciò Custodes Bestiae rivela spassionata l’ammirazione per La casa dalle finestre che ridono (1974), imprescindibile fonte d’ispirazione per una pellicola che fa della paura ancestrale, del mito e dell’archetipo i suoi punti di forza. Vuoi per una scelta stilistica, vuoi soprattutto e ancora una volta a causa di un budget ai limiti dell’irrisorio, Bianchini gioca nuovamente la carta del terrore indotto ma quasi mai mostrato, opzione, quest’ultima, che fece buona parte delle fortune di Radice quadrata di tre. Identica chiave di lettura deve essere applicata riguardo la scelta tematica che, dopo il satanismo dell’esordio, torna a misurarsi intorno alla stregoneria, questa volta inquadrata nella sua accezione più arcaica, medioevale e leggendaria; aprendo così un vaso di Pandora deontologicamente vintage, che porta Bianchini su sentieri battuti in passato da veri e propri maestri del genere, vedi Margheriti, Bava e Freda: percezioni più che riferimenti cinefili veri e propri, i quali, almeno in superficie, non si discostano quasi mai dal già citato Pupi Avati, al cui nome non può non essere aggiunto quello di Lovecraft, uno degli indiscussi maestri del genere letterario, omaggiato a piene mani attraverso passaggi chiave che ricordano da vicino il racconto La maschera di Innsmouth.

Custodes Bestiae è un film piacevolmente tradizionale, purtroppo fiaccato da un taglio digitale ancora acerbo, lo stesso che lo conduce ad un passo dalla sensazione televisiva non appena la mano del regista si assesta su parametri e movimenti di macchina comprensibilmente usuali. La conferma di come Bianchini ci sappia fare, ma al tempo stesso di quanto i miracoli (Radice quadrata di tre) riescano una volta sola. Difficile bissarli quando in sede di pre-produzione si ha a disposizione sempre e comunque il minimo sindacale di possibilità economiche.

Luca Lombardini


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