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Più legge i dialoghi fra Teodora e Cavedagna, più Cesare è convinto che ci siano modifiche essenziali da inserire. I personaggi, pensa, sono troppo legati a stereotipi banali, a tratti esterni che suggeriscono un’identificazione semplicistica. Possibile che Cloe viva solo di corse in bicicletta, Alberto non abbia in testa che il sogno di lasciare l’accademia e Marco passi la vita a rimpiangere Venezia? Non è strano che al trentesimo capitolo non si sappia se Amerigo sia rimasto secco nell’investimento in cui è stato coinvolto nei pressi dell’edicola? Cesare ha voluto che Simone Vangelis colpisse alle spalle Brice Cento per dare una scossa a una struttura prevedibile, sicuro di infliggere al lettore una sferzata che lo incollasse alle svolte dell’intreccio e lo tenesse col fiato sospeso al pensiero del cadavere di Brice, occultato all’ombra degli arbusti, sulla soglia del bosco. Ora, tuttavia, comprende di avere esagerato: se il personaggio che dà il titolo al romanzo morisse alla ventisettesima puntata, sarebbe difficile procedere senza dare l’impressione che non possa capitare nient’altro d’importante. Per questo decide che il proiettile attraversi lo spazio fra i bronchi e la trachea, provocando una ferita larga e sanguinante, eppure non mortale. Non solo, ma dispone che Cloe si accorga, correndo con la bici, della mano allungata dal cespuglio a chiedere un aiuto disperato, che scenda angosciata e provi a rianimare l’uomo con la respirazione bocca a bocca, sortendo un effetto inaspettato: gli occhi di lui si aprono a fatica e accennano a un’espressione rinfrancata incrociando quelli della donna, che ora, all’improvviso, si fa rossa in viso per il frangente imbarazzante. Brice, invece, non è per nulla intimidito, anzi, solleva il braccio e lo depone sulla spalla di Cloe implorandola di non allontanarsi, di continuare a dargli vita all’ombra degli arbusti, sulla soglia del bosco che pare quello dei principi e delle belle addormentate, dove sbiadisce perfino la memoria del proiettile affondato nella schiena, passando fra i bronchi e la trachea. Cosa importa che ancora perda sangue se, forse, ha trovato l’amore che sfuggiva da sempre nel guazzabuglio della vita?